Cari amici,
E' da tempo che rifletto sull'osservazione che mi fu rivolta da una Trappista che mi aveva seguito in una serie di lezioni: «quando parla sembra che vada contro qualcuno e non si vede contro chi».
Abbinai questa constatazione al pensiero di Peguy secondo cui, chi cerca davvero non é mai contro gli altri, ma accanto agli altri e di fronte alla verità. E pensandoci su mi sono accorto che, per parecchio tempo, ho pensato «contro» un nemico indeterminato, l'ho fatto soprattutto quando non ero sicuro, avevo bisogno di difendere un possesso faticosamente conquistato, avevo la paura di vedermi privato di un bene che temevo mi sfuggisse, che non «dominavo» a sufficienza. Tutto ciò alimentava in me il desiderio di mettere fuori campo, di rendere inoffensivo l'avversario. In fondo andare contro era una posizione di comodo, una copertura che distraeva dal fatto di non essere sufficientemente con e sinceramente di fronte alla verità. Ho preferito più aggredire che compromettermi, lottare un avversario, tentare di eliminarlo, trascurarlo, che amarlo, camminare con lui, cercare di andare insieme nella via della verità.
Quando è maturato il desiderio di cambiare, ho cominciato a notare che il tentativo di cercare un accordo richiedeva un notevole investimento di energie, sottraeva tempo prezioso, e dava pochi risultati. E così mi sono orientato verso una posizione che successivamente si é rivelata non definitiva, anche se qualitativamente diversa dalla prima. Pensavo che la cosa più importante fosse porsi di fronte alla verità, in atteggiamento non di dominio ma di disponibilità, di ascolto, di accoglienza, di condivisione. Ed ho visto che ciò é fondamentale, imprescindibile, ma che questo nuovo orientamento man mano che cresce, rende più intenso il bisogno di essere con, di mettersi alla ricerca, non di un avversario da sconfiggere, ma di persone che cercano anch'esse, e cioè che sono povere, non posseggono e aspirano a percorrere insieme la strada che porta alla giustizia, alla pace. E così, poco alla volta, sono stato condotto ad una nuova svolta, diversa della prima ma non meno esigente. La verità suscita rapporti personali non esclusivi; si manifesta per essere condivisa, comunicata, non per essere posseduta; vuole amici liberati non dipendenti succubi; cresce nella partecipazione non nell'appropriazione. Il rapporto con la verità ha la fecondità inequivocabile del rischio, della sorpresa, della ricerca. Induce a lasciare la gioia, la serenità, la sicurezza che scaturisce dall'essere con persone che condividono aspirazioni ed ideali per vivere alla ricerca di chi non ha verità, per incontrarsi con chi é senza luce, speranza, orientamento, non per solidarizzare in una situazione di negatività ma per coltivare insieme la nostalgia di alimentare la sorgente della vita. A differenza della prima svolta, queste altre sono aggiuntive non sostitutive: non si tratta di lasciare ma di dilatare l'essere con, fino ad accogliere la realtà e l'umanità tutt'intera. Condividere la verità con amici é bello, aiutare altri a diventar amici nella verità è amore. Qualche volta questa aspirazione prende così tanto che si può essere tentati di trascurare la stessa verità per non sottrarre tempo ed energie a coloro che soffrono, cercano. Penso si tratti di un desiderio che nell'apparente nobiltà, nasconde una insidia profonda, mostra che non è vinta del tutto la tendenza ad essere contro. Vasti orientamenti inducono a ritenere che, per essere con, occorre essere contro. Non è vero. Chi è con non è contro nessuno, e chi è contro è con nessuno. E per essere con altri che sono come me, é necessario essere con chi è il tutto di me, l'origine e il fine del mio esistere. Ma su questo debbo riflettere meglio. Forse l'equivoco deriva dal fatto che non tutti quelli che dicono di essere con, lo sono di fatto e lo sono in totalità. E' rara l'esperienza di qualcuno che sia interamente con. In più, non sempre le persone con le quali ci incontriamo sono disponibili all'accoglimento, spesso hanno tante difese, paure, e con questi aspetti necrofili non si può fare pace. Si comincia ad essere con, quando ci si incammina verso una meta comune dalla quale ci si lascia attrarre e verso la quale ci si muove in tensione di desiderio e di speranza. E' nel centro che ì raggi comunicano ed è il centro che fa che i segmenti che partono dallo stesso centro e sono iscritti nella medesima circonferenza diventino raggi.
Una volta, quando soffrivo la resistenza di molti a solidarizzare in un cammino comune mi rassicuravo pensando che sarebbe stato triste se il rifiuto all'incontro fosse dipeso da me; ora quel rifiuto mi fa soffrire, perché evidenzia le situazioni di arroccamento nelle quali molti di noi sono imprigionati e dalle quali é necessario si venga fuori perché la gioia di vivere cresca in tutti. Non basta non disinteressarsi degli altri, é necessario che anch'essi si interessino della vita, della giustizia, della comunione. La casa non é completa finché uno solo dei suoi abitanti é fuori allo sbaraglio. E questa consapevolezza deve stimolarci a liberare inventiva e fantasia perché cresca il numero di coloro che trovano la gioia nel vedere che altri cominciano ad amare la vita. In questo cammino vi sento amici.
Dalmazio
in Lotta come Amore: LcA ottobre 1978, Ottobre 1978
Luigi Sonnenfeld
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