Fede Non-violenza e Pace

Cerchiamo di capire con il Vangelo come occorre sempre fare di fronte ad un problema, il problema che oggi più che mai ci sta a cuore: che cosa è la pace, come la si fa, qual'è la vera pace?
La prima frase che ci viene in mente è «Vi lascio la pace, vi do la mia pace: non come la da il mondo, io ve la do». E' una rassicurazione totale, che non dovrebbe lasciare preoccupazioni, e infatti essa prosegue con «Non si turbi il vostro cuore, né si spaventi» Gv. 14,24. E' tutto. Chi ha fede può fermarsi a questo e può ritenere così come hanno fatto per secoli milioni di cristiani, che con Gesù tutto è compiuto, che la pace è assicurata.
Però che cosa significa avere fede? Non si rischia di cadere in un semplice sentimento di fiducia?
E si può far durare a lungo un sentimento oppure la vita con il suo variare ci porta a vivere tante situazioni diverse che con questo sentimento non hanno nessuna relazione? E che pensare quando poi, riflettendo alla nostra vita cristiana effettiva ci ricordiamo che nonostante tutte le nostre buone intenzioni ci siamo resi colpevoli di durezze e di conflitti che certamente potevano essere risolti purché si sapesse prenderli nella maniera migliore.
L'altro grande insegnamento che Gesù dà a proposito di pace è nelle beatitudini; ce n'è una e-spressamente per quelli che fanno la pace ed è conclusiva, o quasi. Dice «Beati quelli che procurano la pace, perché saranno figli di Dio». E che sia una beatitudine importante lo indica la promessa: "l'essere chiamati figli di Dio, che è quasi come il diventare figli di Dio", il massimo che Gesù può fare con noi, come dice Giovanni 1,12: "A quanti però lo ricevettero, diede potere di diventare figli di Dio", cioè creature che giungono alla loro perfezione, quella di essere state create da Dio e di sapersi elevare a veri e propri figli di Dio.
Ma se le beatitudini non sono state realizzate nel corso dei secoli, e anzi il mondo cristiano occidentale le ha travisate totalmente, è perché a un certo punto della nostra riflessione, esse ci sfuggono, il nostro pensiero gira a vuoto e non sa più come proseguire un filo di ragionamento.
In questo caso è la parola stessa "Dio" che non ci fa capire la beatitudine; o meglio, è per come noi intendiamo Dio: come i bambini noi pensiamo a quello che ci è superiore in qualcuna o in tutte le nostre qualità. E' chiaro che se Dio ci è superiore in maniera illimitata, allora noi non riusciamo ad avvicinarci a lui se non per virtù sua, cioè per un miracolo; la mia vita si restringe ad attendere fiduciosa, il mio corpo e la mia attività si riducono poco più che all'inerzia.
Questo nostro atteggiamento non terrebbe conto però del fatto stesso su cui stiamo riflettendo: che stiamo parlando delle parole di Gesù che è il Dio incarnato. Gesù è il Dio che rovescia la concezione infantile della divinità: è il Bambinello, è il Figlio dell'Uomo, è il Povero Cristo in croce, ed eppure è Figlio di Dio o meglio Dio-Figlio. E il Vangelo ci chiarisce che, qualsiasi sia la nostra condizione umana, noi abbiamo potenzialità di diventare figli di Dio, come Lui stesso ci ha detto e ci ha fatto dire da Giovanni. Allora quando si dice figli di Dio si dice qualcosa che deve essere chiarito, che non deve rifarsi alla antica concezione infantile (sempre presente anche nei cristiani) e che deve includere anche Gesù.
A mio parere tutte le difficoltà discendono dal fatto che noi ci siamo dimenticati per secoli che il nostro Dio è tanto incarnato da essere addirittura tre Persone, che il nostro Dio è una Trinità: quando si voglia fare un discorso concreto su di Lui, come adesso per capire che cosa sono i figli di Dio, allora diventa indispensabile vederLo nella Sua concretezza, nelle Sue caratteristiche e nelle Sue differenziazioni. Qui dobbiamo ricordarci l'insegnamento di una grande figura spirituale, di un figlio di Dio: Gioacchino da Fiore. Egli ha sviluppato ampiamente la riflessione sulla Trinità, facendone la base della vita spirituale cristiana e della vita religiosa. Vediamo allora chi è la Trinità.
Chi è il Padre? E' la Verità, la Legge , la Giustizia.
Chi è il Figlio? La Giustizia incarnata, il Sacrificio, la Conversione.
Chi è lo Spirito Santo? La Grazia, l'Ispirazione, la Comunicativa.
Queste cose le sappiamo bene e non ci sono dubbi. Forse se ne possono aggiungere altre, solo per caratterizzare meglio, non certo in alternativa a queste.
Adesso proseguiamo. Che cosa vuol dire essere Figli di Dio? O anche essere chiamati Figli di Dio, cioè apparire agli occhi della gente come le migliore realizzazione di Dio in Terra; cioè essere degli dei (come dice la Bibbia - salmo 81, 6 - e come ricorda Gesù in maniera impressionante agli ebrei - Gv. 1, 35 - "lo ho detto: voi siete dei".)?
Chiaramente significa realizzare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; naturalmente, essendo noi uomini e solo uomini, per quel che possiamo, occasionalmente , ma si badi bene unitariamente, perché questo è l'importante (e Gesù ce lo dice nella preghiera sacerdotale «affinché siano perfetti nell'unità» Gv. 17,23).
Allora che cosa significa realizzare il Padre? Realizzare la Verità, la Legge, la Giustizia. Ebbene, Gandhi ha definito la nonviolenza: Forza della Verità. Shantidas (Lanza del Vasto) discepolo di Gandhi ha definito la non violenza: la Forza della Giustizia e forza della Convinzione, della Coerenza.
Essere chiamati figli di Dio significa realizzare agli occhi degli uomini la Ispirazione, la Grazia,la Comunicativa. E qui ricordiamoci non ciò che dicono gli uomini, anche se figli di Dio, sulla nonviolenza e la pace ; ricordiamo quello che ci ha detto il Figlio di Dio.
Che cosa è la nonviolenza secondo il Vangelo? Tutti lo sanno e per millenni il mondo ne ha riso confondendo cristiano per cretino. Gesù dice che il nonviolento è quello che presenta l'altra guancia a colui che lo schiaffeggia, che lascia la tunica a chi gli pretende il mantello ecc. Che cosa ci suggerisce Gesù. con queste parole. Ma è chiaro! Una maniera di interrompere la catena delle violenze scatenate dall'avversario e colpirlo nella sua coscienza. Il porgere l'altra guancia è una maniera di riprendere la comunicativa con il suo animo, rinchiuso e isterilito dagli atti di violenza che sta compiendo; è una maniera di ispirargli una realtà superiore a quella alla quale egli si è condannato agendo da animale brutale. E' una maniera per dargli una grazia che gli può far comprendere la vita soprannaturale che lo può riagganciare alla vita eterna. E' tanto concreta spiritualmente questa maniera di agire che noi stessi che compiamo questo gesto assurdo (secondo la logica di questo mondo) noi stessi facendo così ci riagganciamo alla vita soprannaturale e facciamo da ponte e da sgabello anche a lui.
Sorpresa! Gesù, quando ci parla di nonviolenza, ci parla della nonviolenza come realizzazione dello Spirito Santo. Ma a pensarci bene doveva essere cosi: la nonviolenza del Padre, tutto l'Antico Testamento ce la testimonia e ce la illustra. La non violenza del Figlio, è lo stesso Vangelo che ce la dichiara, soprattutto con l'atto supremo di Gesù, donare la propria vita per la redenzione del mondo dal male, fatto addirittura spirito cioè sacrificio d'amore. Al cristiano, quello che mancava per essere veramente non violento, quello che lo avrebbe reso veramente figlio di Dio perché rendeva unitario, in definitiva perfetto, era la nonviolenza che completa, ce la annuncia, anche se Lui stesso non la potrà esemplificare molto perché è quella di un'altra Persona, e anche se sa che tutto il mondo gli riderà dietro per millenni.
Ma dopo di Lui la strada è tracciata e il Vangelo dà la Buona Novella a chiunque si accosti con animo umile: potete diventare figli di Dio completamente!
Gesù in quel passo voleva comunicarci questa completezza della Trinità tanto è vero che lì egli ricorda anche la nonviolenza del Padre: infatti suggella le famose frasi dello schiaffo sulla guancia con qualche altro versetto dove insiste sempre sul tema, parlando proprio dell'amore, del massimo comandamento; dice "amate i vostri nemici, pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre Vostro che è nei cieli, che fa sorgere il suo sole sui maligni e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" cioè figli di Colui che è costante, è coerente, è vero, è uguale per tutti. Con questo discorso sulla nonviolenza Gesù ha parlato di tutta la Trinità, non manca che Lui, Gesù. Ma quel che ha da dire di se stesso, Gesù lo fa.
Adesso tutto il Vangelo si illumina meglio: tutte le parole «pace» acquistano un preciso significato.
Alla nascita del Figlio di Dio gli angeli cantano «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà» (Lc 2, 14). E' con Gesù che tutti gli uomini possono diventare figli di Dio, realizzano la pace. Lo stesso dice Zaccaria: «Tu, piccino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo, perché andrai avanti al Signore per guidare i nostri passi in una via di pace» (Lc. 1,79).
E gli Apostoli vengono inviati "come agnelli tra i lupi", facendo affidamento solo sulla comunicazione umana. "E in qualunque casa entriate, prima dite Pace a questa casa". E se lì c'è un figlio di pace, la vostra pace riposerà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi". (Lc. 10, 5-6).
E lui stesso, Gesù, saluta con il saluto di pace, solo dopo aver compiuto la sua missione di Figlio di Dio dopo il Sacrificio, la sua maniera di fare nonviolenza. Solo dopo la Croce egli dice "Pace a voi". (Lc. 24,36; Gv. 20,26) e anzi "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Gv. 20,21). Potremmo tradurre, come il Padre mi ha fatto crescere a Figlio di Dio, così io faccio crescere voi a figli di Dio.
La pace di Gesù è la realizzazione del sacrificio, della disciplina. E lui lo dice: «Venite a me tutti voi che siete stanchi ed oppressi ed io vi conforterò. Prendete su di voi il mio giogo ed imparate da me, che sono mite ed umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime: perché il mio giogo è soave e il mio peso è leggero» (Mt. 11, 28-30).
Perché soave e leggero? Perché il Sacrificio secondo Gesù non ha nulla di artificioso, è quello giusto, è quello necessario, quello che fa il massimo risparmio di vittime, quello che dà gioia perché dà la resurrezione.
Però bisogna sapere la strada del giusto sacrificio. «Ora credete? Ecco viene l'ora, anzi è venuta, che vi disperdete ciascuno per conto suo, e mi lascerete solo; ma non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me; nel mondo avete tribolazioni; ma coraggio: io ho vinto il mondo»! (Gv, 16,31-33).
E chi non conosce questa strada ben difficilmente si salva dalla perdizione. A Gerusalemme che non ha voluto convertirsi e sacrificarsi Gesù dice: «Se avessi conosciuto anche tu in questo giorno quello che porta alla pace!». Era la domenica delle Palme, per Gesù l'inizio della Croce.
E' chiaro che allora Gesù può dire della sua pace: «Non come la dà il mondo, io ve la do» (e aggiunge subito: «Non si turbi il vostro cuore, né si spaventi» perché non c'è reale motivo di spaventarsi, e Gesù ce lo dimostrerà con la Resurrezione).
Ma come può dare il mondo la pace? Cerchiamo di capirlo per misurare tutta la distanza tra la pace di Gesù e di Dio da una parte e la pace del mondo dall'altra.
Lo dice Giovanni «venne in casa sua ed i suoi non l'accolsero»; perché? Perché Lui era Sacrificio, e il mondo tutto può arrivare a volere trasfigurandolo, meno che il Sacrificio, meno che la Croce, meno che la Morte.
Che comporta ciò? E' semplice. Che il mondo annulla o mutila la Persona di Gesù e pertanto non conosce più la vera Trinità, cioè non conosce il vero Dio, conosce solo degli dei imperfetti; degli dei pagani.
E tutti questi diversi dei risultano però tutti uguali: perché sono tutti dati da una contrapposizione di due, della caricatura a basso livello delle due Persone rimanenti della Trinità del vero Dio; caricature del Padre e dello Spirito. O si esalta la Legge, la Regola, la Giustizia e si vede il pericolo nell'opposto, il Disordine, l'Ingiustizia, la Disperazione; oppure si esalta la Creatività, la Libertà la Spontaneità e si vede il pericolo nella Rigidità, nella Tirannia, nell'Organizzazione. Di fatto si contrappongono sempre due cose. Si riduce tutto a lotta tra Bene e Male, che per poter recuperare tutta la realtà (che comprenderebbe anche il Figlio e quindi, di fatto diventata irraggiungibile) si sono tanto dilatati da espandersi fino là dove incomincia l'altro; e quindi si contrappongono e si contrastano come due realtà mutualmente incompatibili. Da qui la incomunicabilità , la chiusura, la guerra, la soppressione dell'altro, la giustificazione della mostruosità in nome della Giustizia e della Libertà della violenza.
Come può allora il mondo, lo stesso mondo che ha mutilato la realtà abolendo il Figlio e ren-dendo caricatura le altre persone, come può questo mondo dare la pace? Di quale pace si tratta? Si tratta di una pace che è un'altra caricatura: l'unità.
Nel mondo si fa pace quando si annullano le differenze, non perché positivamente le si superano, ma perché le si dimenticano, le si fanno dimenticare con la forza e con il terrore; si fa la pace quando si domina o con la forza del potere o con la persuasione occulta, o con il distruggere degli oppositori o con lo snaturarli, l'assorbirli, l'evitarli. La pace del mondo è essenzialmente una falsità un allontanamento dalla realtà, un allontanamento dalla storia effettiva, quella che partecipa del Dio effettivo, è un camminare in bilico che alla fine porterà al crollo o allo scoppio: la guerra, la rivoluzione violenta.
Per questo Gesù porta la spada: " Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra, non sono venuto a mettere pace, ma spada.
Infatti sono venuto a separare l'uomo dal padre suo, la figlia da sua madre, la nuora dalla suocera; e nemici dell'uomo saranno i suoi di casa. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me.. Chi ha trovato la sua vita la perderà; e chi ha perduto la sua vita per me la troverà" (Mt.l0, 34-39).
La frattura che crea la spada di Gesù rompe ogni falsa pace, in qualsiasi aggregazione umana sia, anche in quella (al suo tempo ancestrale) della unità familiare; e si estende fino in fondo, fino nell'intimo di ogni uomo, fino alla sua vita tutta.
Ma è efficace la pace di Gesù? E' efficace la nonviolenza? Come fare a crederci quando vediamo il mondo sempre in guerra e noi stessi colpevoli e turbati in continuazione, senza la possibilità di assicurarsi una vita affettiva esente da tempeste, una vita familiare esente da conflitti, una vita sociale esente da tradimenti e da sconvolgimenti? Ricordiamocelo, Gesù non è venuto per toglierci dal mondo ma per farci fare da sale; per essere nel mondo ma tuttavia non essere del mondo; per realizzare, per quel che possiamo, la realtà divina. Non siamo molto efficaci, perché Lui ci mette in bocca le parole "Dite: siamo servi inutili e infedeli". (Lc 17,10). Ma sappiamo di essere efficaci così tanto quanto lo è Dio in terra, E questo è certamente il massimo che ci possiamo ripromettere di fare, al di fuori di ogni imbelle fantasticheria di magnipotenza o di grandiosità. E 'se la storia non ci dà la ragione, e la nostra nonviolenza non riesce a smuovere i macigni di pietra dei cuori degli uomini (e del nostro cuore?) riconosciamolo francamente che forse non si poteva fare di più: Dio stesso ha redento l'umanità ma non ha eliminato il mondo che continua ad esistere con tutta la potenza del suo male.
Allora usciamo dalla pace del mondo e ricerchiamo la pace di Gesù. Ma per cercare la pace di Gesù dobbiamo seguire il suo esempio; lo sappiamo bene. E allora seguiamo il suo esempio, dettoci nel Vangelo. Che cosa ci dice Gesù di come si fa la pace? L'abbiamo visto, non ci dice come Lui fa la pace, perché Lui la pace non la dice ma la fa. Chiariamoci questo, che la pace, per essere cristiana, non la si dice ma la si fa. La vita di Gesù ci insegna come fare: prepararsi e poi agire per la redenzione degli uomini, mediante il nostro sacrificio d'amore.
Prima del passo sullo schiaffo c'erano le beatitudini: con esse Gesù dice in qual modo noi possiamo fare la pace in mezzo agli uomini, come si fa la politica, la politica cristiana; quella espressa per la prima volta a livello di massa dagli indiani di Gandhi. Per un cristiano non c'è altra maniera di fare pace che quella di sacrificarsi per farla. Questo è il segno che non siamo nella pace del mondo ma facciamo la pace di Gesù. La pace è la certezza gioiosa di aver compiuto il giusto sacrificio. E saremo chiamati «figli di Dio».


A. Drago


in Lotta come Amore: LcA giugno 1978, Giugno 1978

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