Il Dio della solitudine

E' veramente tanto tempo che non sono riuscito a scrivere qualcosa sul nostro giornale che ora ha, molto più degli anni passati, il sapore fraterno di una lunga lettera fra amici. Devo dire che mi è mancato lo spazio interiore necessario allo scrivere, semplice ed umile tentativo di aprire il cuore per comunicare tutto ciò che vi passa dentro, eco della misteriosa presenza di Dio dentro lo svolgersi della vicenda umana. Sono ormai quasi due anni che non scrivo più e questo tempo è letteralmente volato via nella macina della vita quotidiana, preso nella rete di vicende molto particolari come sono quelle della vita dei bambini, della loro storia semplice e drammatica, di problemi che sono niente e sono tutto: è stato come entrare in un fiume in piena e rimanervi travolto, portato via da una corrente tenace e instancabile che non concede respiro ne permette riposo. Così ho camminato senza avere il tempo e spesso neppure la forza interiore sufficiente a fare una sosta, a pensare al senso di ciò che si fa, unicamente preoccupato di rispondere con amore e con verità alle richieste della vita che chiama ed esige risposte precise.
Tutto questo però non ha stancato l'attenzione profonda a tutto ciò che è rapporto con Dio, con l'Assoluto del suo amore, con il mistero di Gesù incarnato nella storia di questo tempo, di queste vicende che sono le nostre, dentro le tante storie di povera gente, di quei «piccoli» di cui il Vangelo continuamente parla come misura del regno di Dio. In questo cammino c'è continuità, non frattura né contrasto di valori: come nella vita operaia, così ora in questo vivere una realtà domestica e quasi monastica si è approfondita la contemplazione di ciò che sempre più mi appare come il segno del mistero di Dio nella storia, il termine di giudizio, di contrasto e di provocazione di tutto il messaggio cristiano: l'essere cioè Dio il Dio della solitudine delle creature, Dio dei poveri, degli umiliati, dei perduti, dei sopraffatti dalla sapienza e dalla violenza del mondo. Dio della croce e non della spada, del perdono e non della vendetta, della povertà e non della ricchezza, di tutto ciò che è piccolo (come un seme, un po' di lievito, un bambino) e non di ciò che è grande e considerato importante.
In questo periodo abbastanza singolare della mia vita mi è sembrato di entrare più profondamente in questo misterioso essere di Dio che Gesù rivela nello svolgersi del suo Vangelo: un volto di Dio non fatto a misura delle saggezze, delle furbizie, delle sicurezze così false e assurde degli uomini, ma che occorre saper riconoscere proprio là dove si vorrebbe che Egli non fosse. Dietro le sbarre di un carcere, nello smarrimento totale di chi si affaccia alla vita e non riesce a indovinare la strada, nella precoce vecchiaia di tantissimi giovani bruciati dall'assurdità e spietatezza di una società costruita dagli adulti sullo sfruttamento e sull'esaltazione del benessere economico, nell'ostinata ribellione di «un piccolo gregge» che cerca e sogna un mondo diverso da quello della grande massa che fa sempre più appello alla forza, all'ordine democratico, al regime di sicurezza poliziesca... Tutte realtà di solitudine personale o storica, ma che chiaramente ripropongono questa presenza provocatoria del Dio di Gesù, di quel Dio così inquietante del cap. 25 di Matteo che si fa tutt'uno con l'infinita solitudine degli affamati, degli sfruttati, degli emigrati, dei sofferenti e dei prigionieri di tutti i tempi.
Questo Dio così sconvolgente è il Padre di cui Gesù annunzia l'amore universale, la continua premura per ogni essere, l'immensa bontà e il perdono per chi va a Lui con cuore sincero. E' un Dio che però non è possibile riconoscere sotto i segni della potenza, dello splendore o della ricchezza, ma dentro la grande solitudine umana.
Mi sembra che lo Spirito del Signore spinga la mia vita su questo sentiero dove si incrociano le solitudini delle creature e dove non si può non essere segnati in profondità da tutto questo, sentirsi come bollati a fuoco da un marchio che non si potrà cancellare. La mia solidarietà umana e cristiana va sempre più nella direzione in cui mi sembra si muovono con estrema chiarezza i passi sconvolgenti del Dio vivente.
Un cammino che senza dubbio conduce alla solitudine più radicale, a non credere al consenso della maggioranza, alla forza del numero, a ciò che «tutti dicono», alle mode del momento, all'opinione pubblica e così via. Una solitudine sostenuta dal continuo confronto fra la Parola di Dio e le nostre parole, i suoi criteri di giudizio ed i nostri, la sua Legge e le nostri leggi, il suo ordine e il nostro: una solitudine in cui cresca una capacità di lotta che si traduca nella capacità di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini perché sulla tavola della storia non venga a mancare il pane della vita.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA giugno 1978, Giugno 1978

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -