Eccoci qui, a questo nostro appuntamento nel breve spazio di queste paginette. Ma più che tutto il nostro ritrovarci e il nostro incentrarci è nello spazio della Fede: dove cioè le distanze non contano, le separazioni non allontanano, le diversità non dividono.
Vi potranno. pur essere in questa nostra esistenza, così frantumata e sbriciolata, possibilità di intesa, di ravvicinamenti profondi, di aperture a gran cuore e di accoglienze vicendevoli. Diversamente sarebbe come non vivere più o almeno una scomparsa di un vivere umano per la sosti-tuzione di un vivere meccanizzato, burocratico, retto da leggi e determinato da strutture, ma irrimediabilmente svuotato di cuore, formalizzato nella libertà, atrofizzato nei valori umani più fondamentali e decisivi.
Ci rifiutiamo di consentire allo scivolamento progressivo in questa programmazione di disumanità.
E' progetto, senza dubbio ormai, lucidamente predisposto laddove si decidono gli orientamenti del vivere umano: sono come fiumane fatte di enormi correnti di cultura, perfettamente addomesticata e incanalata, di immensi progetti economici con programmazioni fino al capillare, d'inquadramenti politici a dosaggio perfetto, sostenuti robustamente dagli argini di una potenza militare semplicemente spaventosa, letteralmente da giorno del giudizio.
Ci ribelliamo a tutta questa sopraffazione. Ci ribelliamo a tutta questa spaventosa violenza.
Anche a costo di sentirei una formica che si ribella contro il piede che tenta di schiacciarla.
Ma almeno interiormente non acconsentiamo e la propria interiorità non è poco per realizzare spazi e sincerità di libertà e di dignità umana.
E ci decidiamo sempre più per una condizione di lotta.
Lotta che vuol dire respinta.
Lotta che vuoi dire ricerca del diverso. D'altra parte questa realtà di lotta è
così inevitabilità che tirarsene fuori sarebbe come smettere di divincolarsi da un cappio che strozza per poter respirare, stancarsi di sgretolare muraglie che stanno per seppellirei vivi.
Tanto più che rinunciare alla lotta vuoi dire rintanarsi nel proprio buco, a mordicchiarsi la coda, tanto per fare qualcosa. E peggio ancora, vuol dire lasciare il campo al nemico, dargli spazio per crescere la sua forza per opprimere di più, disumanizzare l'umanità fino a renderlo questo mondo terra abitata da ombre.
- Non possiamo che ribellarci e cioé lottare risolutamente.
Preferiremmo vivere in pace (e Dio lo sa quanto è profondo e adorabile questo sogno) ma non è assolutamente possibile.
Vi sono sistemazioni storiche nelle quali non assumersi totalmente il peso di responsabilità che potranno comportare conseguenze irrimediabili, è declinare un ruolo forse decisivo che ci è stato assegnato.
Generazioni passate potrebbero e dovrebbero piangere lacrime di sangue per la . loro responsabilità di quello che hanno preparato o che hanno permesso e consentito che fosse preparato, alle generazioni che poi sono venute.
E' inevitabile pensare e sostenere che la pace è impossibile, che è un assurdo, per il semplice motivo che è negazione d'Amore, è impossibilità di fraternità, di rispetto dell'uomo, di ricerca di valori di dignità umana, in cui l'uomo è uomo, non un produttore-consumatore per l'accumulo capitalistico e la distruzione dell'universo.
E quando diciamo che la pace è impossibile, non intendiamo, ovviamente, che la guerra è l'unica soluzione, ma intendiamo semplicemente affermare che non è pace, la pace intesa come pacifismo qualunquista, rinunciatario e passivo. La pace che è motivata dalla volontà assoluta di conservazione dei propri privilegi, merita spesso un'altra parola: sfruttamento, strumentalizzazione, egoismo: far pagare agli altri la propria pace: il che significa fare la guerra per avere la pace.
E tutto questo è. così vero che ogni guerra è stata motivata e giustificata e combattuta in nome della pace.
E anche di ogni ingiustizia, di qualsiasi sfruttamento e oppressione, di qualsiasi tirannia e schiavizzazione, se n'é trovata sempre la giustificazione e la copertura nel voler salvare la pace.
Soltanto il povero popolo sa di quante lacrime e di quanto sangue grondi e sia responsabile questa pace.
E questa pace che dà il mondo, il cristiano la rifiuta e ci si ribella, perché sa che è falsa, è inganno. Somiglia maledettamente alla guerra guerreggiata perché tende, usando ogni mezzo, alla conquista e all'oppressione. E non è soltanto il sangue vivo, quello che sgorga da vene squarciate, il sangue che dilaga ad affogare la terra. Ma è sangue ed è il più prezioso perché è più sangue di uomo, anche quello che fiotta dalle ferite inferte alla libertà, alla giustizia, alla dignità umana, fino a lasciare dissanguata perfino la speranza.
E il sangue delle vene e quello dell'anima si richiamano a vicenda così tanto da creare quasi l'impossibilità di discernere qual'è il sangue che provoca lo spargimento dell'altro.
La lotta per la pace s'inizia quindi dalla parola di Gesù Cristo che insegna che il rinnegare se stessi è inizio di liberazione e quindi di pace. Ma indica anche che questo rinnegamento deve dilatarsi intorno perché comporta lotta contro ogni realtà del "se stesso" incontrato ad ogni livello e tanto più quindi là dove il "se stesso" è potere egemonico, motivazione d'ingiustizia totale, sistema di oppressione, realtà di sfruttamento...
Perché spesso il "se stesso" è un imperialismo, è un terrificante apparato militare, è la spietatezza della ragione economica, è un regime di partito. è un intrallazzo di carrierismi, è autorità assolutizzata, intrattabile, è fare leggi addomesticate e attraverso queste setacciare la giustizia, . comprimere e ridurre gli spazi di libertà, è rovesciamento sacrilego e maledetto del comandamento che appartiene esclusivamente a Dio e di cui invece l'uomo, il se stesso, si appropria: non avrai altro Dio all'infuori di me.
E questo mettersi al posto di Dio è la maledizione che pesa sulla pace fino al punto da renderla impossibile.
Riflessioni discutibili, d'accordo e forse troppo vaghe e ricche di sentimentalismo, ma potrebbero anche essere lettura meditata di quello che sta accadendo nel mondo e, in misura molto ravvicinata. presso di noi, in casa nostra.
Sirio
in Lotta come Amore: LcA aprile 1978, Aprile 1978
Luigi Sonnenfeld
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