Sono obiettore di coscienza

Oramai sono già quattro mesi che presto servizio clvile presso una comunità di handicappati fisici e sebbene il tempo sia volato in fretta nelle tante cose da fare ho avuto modo di riflettere sulla natura della mia obiezione di coscienza, sulle motivazioni del mio rifiuto a prestare servizio militare.
La domanda che ho presentato al Ministero della Difesa, come tanti amici sanno, è preminentemente politica, tutta condotta sul filo di un'analisi marxista dell'esercito e del suo rapporto con lo stato e le classi dominanti; alla mia «matrice cristiana» ho concesso appena due righe, quante ne occupava il versetto del Vangelo di Matteo (5; 9).
L'analisi politica non poteva mancare, sia perché essa è effettivamente presente nella mia scelta, sia perché non avevo alcuna intenzione di «scindermi» da altri obiettori che avevano fatto una domanda motivata esclusivamente dal Iato politico e che per questo sono ostacolati dal Ministero della Difesa molto più di chi porta motivazioni di fede o filosofico-morali, magari isolandomi ambiguamente e falsamente, al di sopra di tutto e di tutti, nel limbo di una «scelta cristiana».
Pure, nonostante questa politicità, anche oggettiva, della mia obiezione di coscienza, nonostante un ricercato laicismo anti-integrista, devo confessare che prima, durante e dopo la stesura della domanda non ho potuto fare a meno di sentire il versetto di Matteo come predominante su. tutto il resto del discorso, forse perché soprattutto in esso ho sentito e sento ancora uno degli incitamenti fondamentali che hanno accompagnato la mia scelta.
Quanto scrivo è in effetti una «confessione», un aprirmi agli altri sereno e chiaro, per comprendermi meglio con i fratelli come con i compagni, affinché sia evidente che ciò che ho nel cuore, ciò che apertamente penso debba essere per un cristiano la motivazione di fondo che lo spinge al doveroso rifiuto dell'esercito: Cristo e la sua prassi.
Non c'è niente da fare, anche se fossimo stati in un regime «socialista» avrei rifiutato il servizio militare, ad ogni costo; anche se la storia avesse dovuto disgraziatamente indicarmi la strada delle montagne, della Resistenza, così come è accaduto in Cile, in Vietnam o nell'Italia fascista, avrei molto e molto indugiato, lo dico con certezza, a prendermi un fucile sulle spalle.
Personalmente non ho difficoltà nel riconoscere la validità e la giustezza della lotta partigiana come del lavoro politico dell'esercito, ma ciò non può impedirmi di continuare a provare ripugnanza per la violenza condotta sull'uomo, per il sangue versato sia pure per la giusta causa. Questo per due ragioni fondamentali: la prima, su cui non mi soffermo, è il semplice e umano discorso che la violenza è un fatto negativo che crea dolore e sempre altra violenza: anche la violenza che nasce dalla sete di giustizia produce inevitabilmente dolore e altra ingiustizia che solo l'opera posteriore all'atto rivoluzionario violento, solo l'opera veramente rivoluzionaria di costruzione di una società più giusta, può estinguere; la seconda ragione sta nel mio essere cristiano, un fatto che non posso negare.
Non si dica che ciò è integrismo: se Dio si è incarnato ed è vissuto con noi e come noi, se è morto e risorto, allora quella incarnazione, quella vita, quella morte e resurrezione sono fatti storici e confrontarmi con il Cristo vuol dire confrontarsi con la storia, l'eucarestia, confrontarsi con una realtà che attraverso lo Spirito non è storia passata ma presente e futura, come attraverso la nostra testimonianza.
Possiamo sfuggire a tutto ma non a Dio, non al giudizio della Croce. Qualunque cosa facciamo, diciamo, pensiamo, il Cristo ci è davanti, con la sua vita mediante Lui abbiamo di fronte il Padre. Qualunque cosa io faccia, dica, pensi, la prassi del Cristo mi allontana drasticamente, violentemente, radicalmente, dalle armi, anche da quelle rivoluzionarie. Egli ci ha diviso dal padre, dalla madre, dal fratello e dalla sorella, la sua Parola è entrata in noi come spada di fuoco, come potremmo rinnegarLo? Egli ha lottato in noi e si è ripreso la nostra vita; noi ci siamo detti, in piena libertà e consapevolezza «cristiani», ci siamo impegnati a divenire suoi figli, come potremmo far finta che non esiste? («Voi siete la luce del mondo»). Non può rimanere nascosta una città situata sopra una montagna. (Mt. 5; 14). Nessuno può dire che è cristiano prendere le armi, militare in un esercito, nemmeno il più duro dei rivoluzionari, tantomeno i buffoni, i fascisti, i tiranni vestiti da generali.
Certo, Dio è «impotente» (Come ricordava Giovanni Franzoni in un recente dibattito a Viareggio): è l'uomo che deve agire. Proprio per questo però, proprio perché siamo noi i piedi, le mani di Cristo, come dice un'antica preghiera monastica, siamo noi a dover dare concretezza, storici-tà, carne, alla Parola di Dio, alla sua opera. Certo, senza sentirci «privilegiati», «distinti» dai compagni di lotta, perché il Regno è dei giusti e non di tutti quelli che gridano: «Signore! Signore!». ma pure con la consapevolezza che in noi agisce l'evento cristiano della Resurrezione, che attraverso di noi deve operare la Salvezza, come opera attraverso tutti i giusti, credenti o no. Noi dobbiamo avere coscienza della nostra fede.
Sull'obiezione di coscienza e sui suoi limiti si possono e si debbono fare serie riflessioni e critiche, ma due cose non si possono negare: che essa è un atto di Pace e di Speranza (e l'umanità ha bisogno di Pace e Speranza) quindi un atto di giustizia e per tutto questo, atto rivoluzionario. In secondo luogo che è la scelta più conseguente per i discepoli di Cristo, perché in essa l'azione della Parola si riflette pulita e cristallina in tutta la sua Potenza.
Camillo Torres un giorno prese il fucile e si unì ai guerriglieri, ma smise pure di celebrare l'eucarestia. Nessuno di noi può mettere delle ipoteche sulla propria vita, su Dio o sulla storia, io meno di tutti mi sento in grado di farlo: può darsi che un giorno - Dio mai lo voglia - qualcuno di noi si ritrovi con un'arma in mano, costretto a uccidere la violenza con la violenza, ma quel giorno nessuno potrà dire che premere il grilletto è cristiano, neanche se dall'altra ,parte c'è un padrone o un fascista: il sangue è sempre e soltanto sangue, la morte sempre e soltanto la morte, e noi siamo figli della Vita.

Massimo



in Lotta come Amore: LcA ottobre 1976, Ottobre 1976

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