Ho letto il libro di Francesca Alexander su Beatrice di Pian degli Ontani tutto d'un fiato.
Non perché sia facile, che anzi tratta di quella semplicità che ai nostri giorni è difficile a comprendere, ma perché mi ha riportata ad un mondo vero, ad una realtà ora dimenticata ma che è la vera realtà degli uomini e ne sono rimasta profondamente commossa.
Si parla oggi della solitudine, dell'incomunicabilità e di tante cose che fanno dell'uomo e della donna degli esseri soli, arroccati in una posizione di difesa e d'impotenza. Leggendo questo libro ho capito perché tutto ciò è avvenuto e avviene.
Ci siamo sradicati dalla nostra cultura, dalle cose vere per dei falsi ideali e spesso ci troviamo con le mani vuote ed il cuore stanco.
Ci siamo dimenticati della sofferenza sofferta nell'umiltà con semplicità e grande coraggio, ma sopra tutto ci siamo dimenticati di quanto l'uomo possa essere forte e grande nella semplicità fatta di cose umili che danno vigore all'animo e forza allo spirito.
Beatrice a Pian Degli Ontani ce lo insegna attraverso i suoi canti e la sua vita, ci insegna la gioia, la dignità di vivere.
Quando la Natura e il mondo circostante divengono parte dell'essere, come fu per Beatrice, non si ha più bisogno di stimoli esterni e falsi stimoli spettacolari; la Poesia allora sale alle labbra con violenza e dolcezza e tutto diventa equilibrio.
Questo è vero insegnamento e leggere questo libro, riflettendoci, può chiarire molti punti confusi e oscuri che travagliano ognuno di noi.
Sono anch'io una donna e ho una famiglia, un marito, dei figli e una casa a cui provvedere più di ogni altra cosa, un calore d'affetto, una dolcezza d'Amore, un coraggio senza fine e più ancora un'inesauribile gioia di vivere. E anche a me succede ogni tanto che mi scenda nell'anima un chiarore di poesia, raggelato spesso in questa stagione tanto rabbuiata della nostra storia.
E mi è sembrato allora di sentirmi accanto questa donna, semplice, analfabeta eppure ricchissima, luminosa di valori umani, di saggezze popolari, di poesia limpida e pura come le sorgenti della sua montagna pistoiese.
Ho capito allora la passione poetica di Beatrice e quanto la poesia ritmata nelle sue ottave melodiose e cantata dalla sua voce ardente, era semplicemente il traboccare dal cuore un'incontenibile gioia di vivere, da inondare la sua casa (ed era casa povera spesso anche di pane), da risuscitarle speranza e forza in momenti terribilmente angosciosi (e sarebbero potuti essere e giusti-ficatamente da disperazione)... Raccontava: "la festa la facevo io al mio paese cantando da mattina a sera e quando mi pigliava qualche passione mi davo a cantare e n'andasse ogni cosa in subbisso, non mi faceva niente".
E in rima, quasi a scusarsi per questa sua sovrabbondanza, cantava:
"Quanti ce n'è che mi senton cantare
Diran: buon per colei che ha il cuor contento!
S'io canto, non è per dir male.
Canto per iscialar quel ch'ho qua drento".
Questa donna è Beatrice, figlia di un tagliapietre, vissuta a Pian degli Ontani, in quel di Cutigliano, della montagna pistoiese, sposata ad un contadino-pastore, madre di otto figli.
E accanto a lei, c'è un'altra donna meravigliosa, Francesca Alexander, venuta dall'Inghilterra a Firenze. E sembra venuta appositamente a raccogliere i fiori sbocciati, profumatissimi dei boschi di abeti dell'Appennino, dalla fioritissima primavera della poesia di Beatrice e insieme a lei, del popolo di boscaioli e di carbonai e di pastori dell'ultimo ottocento toscano. Raccoglieva versi e canti e disegnava con mano gentile e maestra, fiori, paesi, montagne e i personaggi dei racconti popolari e figure di santi vestiti alla moderna.
E scriveva questa donna venuta misteriosamente a vivere e a morire a Firenze, concludendo la prefazione di una raccolta di questi canti popolari: "Mi pare che vi saranno altri che raccoglieranno e difenderanno i pensieri dei ricchi e dei grandi: ma io ho voluto fare il mio libro tutto di poesia del popolo povero e chi sa che non possa contenere anche una parola d'aiuto o consolazione per qualche povera anima in più? Comunque sia, ho fatto del mio meglio per salvare un poco di quello che sta morendo".
Francesca scriveva di questa salvezza di cose che stavano morendo, a Firenze, nel Natale del 1882!!...
Beatrice morì nel 1885 e fu sepolta nel cimiterino di Pian degli Ontani in comune di Cutigliano, provincia di Pistoia.
Francesca morì nel 1917 e fu sepolta nel cimitero inglese di Firenze.
Ed ora queste due donne meravigliose possono essere ritrovate in tutta la loro dolcezza di femminilità delicatissima, incantevole di poesia di popolo e di vera cultura umana, in un piccolo libro edito nella collana «Quaderni di Ontignano» stampati da Giannozzo Pucci, meritevole di ogni lode per aver rintracciato queste vecchie pagine e per avercele offerte, bisognosi come ci ritroviamo, in questo nostro tempo di miracolismi tecnici e di prodigiosi benesseri, di poter credere ancora nella bontà e nella poesia.
Piera
I «Quaderni di Ontignano» dìfficilmente trovabili nelle librerie possono essere richiesti a:
Giannozzo Pucci - Via Paterno, 2 - Ontignano - 50014 Fiesole
in Lotta come Amore: LcA ottobre 1976, Ottobre 1976
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455