La parola

Il mio credere in Lui. Mi si ripropone interamente. E se me ne viene tanto Amore e quindi tanta Fede, la Parola però mi sta diventando terribilmente difficile, quasi impossibile, perché non la trovo.
E è la Parola da dire, da annunciare, da pronunciare, quindi richiede la sincerità di essere Parola di ora, di questo momento. E è la Parola che si fa carne e devo in qualche modo tradurla, con-cretizzarla nella mia vita. Cosa devo fare? Cosa devo cambiare, che scelte devo compiere? C'è chissà cosa da rompere e chissà cosa da significare, da proporre, da essere. Tutto questo per me. E è ur-gente, irrimediabile, Dio non voglia che mi si affievolisca il problema anche se è spesso un'angoscia per me e motivo di perplessità per gli altri. Non voglio, assolutamente, anche se sarà soltanto e ri-marrà una ricerca dolorosa, faticosissima e che forse non approderà a niente. Non importa, non vo-glio assolutamente che mi si acquieti nell'anima, nel profondo di me e che non esiga affiorare e ma-nifestarsi, questo dovere di fedeltà, questo dare seguito a Lui, assolutamente in tutto quello che Lui è. Lui Gesù e Lui il Cristo. Questo per me ma simultaneamente dev'essere vero in tutto quello che io posso essere di significato per gli altri, nel mio tempo, nella mia Chiesa, tra i miei amici, nella comunità, nella vita, nella storia. Sono un'insignificanza, questo lo so bene, ma finché sono al mondo e rimango cristiano e mi ostino a essere prete, ho qualcosa da significare per altri. E' inevitabile, sa-rebbe assurdo se non ne sentissi la responsabilità e la normalità. Quindi la Parola per gli altri. Parola che significhi esattamente Gesù nella realtà della sua storia in questa terra, nel momento del suo vivere qui e significhi fedelmente il Cristo nei suoi rapporti messianici di fedeltà al Padre e di salvezza cioè di verità assoluta, nelle sue dimensioni storiche ed escatologiche. E la Fede è la stessa. Non ce ne può essere una per Gesù e una per il Cristo. E la scissione di Lui è blasfema e sacrilega. Quindi l'unità della Parola. L'unità dell'annuncio. La fedeltà a tutto ciò che è proprio di Gesù e del Cristo, tutto ciò che è Gesù Cristo. Dal suo inizio, a Betlemme, alla conclusione escatologica del Regno di Dio. Ma tutto passa inevitabilmente e è segnato dalla sua storia personale che è quella della Croce. Dire di questo Cristianesimo non è semplice e facile. La Parola si essenzializza e diventa inevitabilmente profetica. Come dev'essere questa Parola. E cosa deve indicare. Certo quello che indicava quando è stata pronunciata la prima volta e quando si è fatta carne la prima volta, cioè quando questa Parola è stata Gesù Cristo.
Perché non posso più dire delle parole, vivere qualcosa in modo annebbiato e annebbiante per me e per gli altri. Le parole, sapienti quanto si vuole, colte di teologia e di sensibilità umana e religiosa fino alla raffinatezza, le parole sono un inganno, un suicidio di sincerità per chi le dice e un assassinio di verità per chi le ascolta. Gireremo sempre intorno alla Parola e non soltanto non la pronunceranno le parole, ma la oscureranno, fino al punto che diventerà non solo incomprensibile ma sostituita, sostituita cioè dalle parole. E le parole sono le parole parlate e sono la religiosità, la sacramentalizzazione, la devozione, la pratica religiosa, le opere buone, la liturgia, le istituzioni, le gerarchie, la Chiesa, così come la Chiesa si manifesta e si esprime. Tutto questo non mi appartiene più, mi è scomparso e non mi è possibile offrirlo e presentarlo come Cristianesimo di Gesù Cristo. Allora che cosa. Non so. Ossia lo so, ma non conosco la Parola che io devo pronunciare e non conosco la Parola che devo incarnare. Allora vivrò a vuoto. Nell'inutile. Può darsi. Oppure mi lacererò l'anima in una ricerca appassionata di Dio visto nel mio tempo, di Gesù il Cristo vivo e vivente nel nostro mondo. In una ricerca di conoscenza di questo nostro vivere attuale, concreto, storico in tutta la sua sconcertante realtà di umanità e disumanità per scoprirvi la Parola che va pronunciata, l'annuncio da offrire, capace di significare e di manifestare con estrema fedeltà Gesù il Cristo, all'umanità di oggi. Cioè all'uomo e alla donna con i quali mi trovo a parlare da cristiano e da prete, agli amici per sincerità di amicizia, ai gruppi più o meno numerosi per chiarezza di evangelizzazione. Un punto di riferimento a Gesù Cristo. Una realtà di richiamo a Lui. Può darsi un segno di contraddizione. Un fatto di respinta, di rifiuto. Un insignificanza semplice e chiara, oppure combattuta e di scontro. Non ha importanza. In fondo tutto rientra in quella Parola. Nell'essere sinceramente e scopertamente quella Parola.
TERRA PROMESSA
E' passato un anno, è ritornata l'estate. Riprendo, se così a Dio piace, il mare per approdare di nuovo alla Terra Santa. Ho tanta voglia di ritornare sulle strade di Dio, camminare dove Gesù ha camminato.
E guardare il mondo riflesso nella luce dei suoi occhi, a specchio nella profondità di Dio, nell'abisso del suo infinito.
E quando prende la voglia dell'infinito, vi è soltanto un pezzo di terra dove è possibile respirarlo, girare intorno lo sguardo e non trovare 1'orizzonte, allargare l'anima fino a perdersi nella dilatazione.
Non è evasione, è semplicemente ricerca di visioni più concrete, di rapporti più reali più storici. Perché Dio è storia.
E' liberazione da ogni dipendenza, da qualsiasi schiavitù per un convergere totale là dove è libertà, perché valore unico, semplice, assoluto.
Vorrei che fosse un andare a cercare delle pietre che indicano una strada. Delle orme che insegnano un cammino. Un ascoltare delle Parole che sono carne e sangue. E un crescere, per me e per altri, la speranza.

Sirio



don Sirio


in Lotta come Amore: LcA luglio 1976, Luglio 1976

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