Lettera di un amico

Carissimi, non crediate che vi abbia dimenticati, nonostante non mi sia fatto vivo per tutto questo tempo, vi ricordo spessissimo e molte cose che vengono da voi le considero continuamente come stimoli di approfondimento. Da quando ho preso 5 bestie (due mucche, due vitelle, un torello) e poi sono rimasto con tre, non ho potuto muovermi e in più ho fatto l'insegnante di religione per nove ore la settimana e tutto il resto. Ma al di là di tutto questo, c'è stata anche la necessità da parte mia di chiarire meglio quali erano i punti che in quello che ci siamo detti, specialmente con Sirio, avevano bisogno da parte mia di un maggiore approfondimento e maturazione. Alla fine di giugno partirò per il mio favoloso viaggio con l'asina, la quale intanto, ai primi di aprile, ha dato alla luce una bellissima figlia chiamata 'lucciola', per ora scura col musetto bianco e la croce di Gerusalemme in groppa. In queste ultime settimane ho altri uno-due libri in corso di stampa i quali hanno bisogno di molte cure, in più c'è la campagna e le varie cose che capitano, per cui non so se farò in tempo a scappare da voi come vorrei. E allora cercherò di dirvi alcune obiezioni, riflessioni, interrogativi che mi sono balzati in mente a pensare alle cose di cui abbiamo parlato e che ritornano anche attraverso le pagine di «Lotta con amore». Qualcosa che sto per dirvi lo troverete anche nella presentazione che ho fatto a «Attestazione di un piccolo cristiano» che vi mando insieme a «Lezioni di Vita» e se ne volete ancora si può fare come l'altra volta per i primi due «quaderni» che forse sarebbe bene ne teneste una certa scorta: fatemi sapere.
Per cominciare prenderò un po' spunto dall'ultimo numero di Lotta come Amore, quello di Aprile e distinguerò gli argomenti in due parti: la politica e il cristianesimo. Cominciamo con la prima, la politica e attaccando subito briga con Sirio.
Carissimo Sirio, amatissimo fratello, che il mio cuore vorrebbe abbracciare centomila volte quando ripensa alle tue sofferenze, ai tuoi sospiri, ai tuoi capelli bianchi, al tuo viso serio e buono. Perché ti lasci invecchiare? perché ti fai mandare in pensione dagli «ineluttabili segni dei tempi» che pure già tante volte sono stati sconfessati dalla storia dei tempi che pure già tante volte sono stati sconfessati dalla storia stessa? Perché ti allontani dal cammino dei poveri al punto di scrivere «l'impossibilità di una svolta autenticamente rivoluzionaria»? Che bisogno c'è? chi te lo chiede? Sto lavorando al libro Beatrice di Pian degli Ontani, e giorni fa ho letto come questa poetessa contadina, analfabeta, rappresentante e animatrice del popolo delle nostre montagne, reagì al Risorgimento, chiamato dalla nostra gente: il vigore d'Italia. Stette a guardare, sperando che i nuovi padroni non facessero più male dei vecchi e senza tanto parteggiare, ma assistendo chi soffriva. Questo atteggiamento esce dall'anima della cultura popolare, o proletaria che la si voglia chiamare, e sottintende tutta una filosofia che non si è mai fatta contaminare dal riformisti di nessun tipo. Il Partito Comunista è il nuovo riformatore di turno, «cambiar tutto per non cambiar nulla», e i riformatori si sono vendicati della saggezza dei contadini analfabeti che non si fidavano di loro e li hanno chiamati reazionari, o conservatori. E infatti io credo che bisogna essere conservatori fino all'assurdo finché non esce la vera novità politica, perché ogni altra novità è peggio della conservazione in qualcun altro. Ripeto sempre: è meglio Luigi XVI di Napoleone, perché il primo è debole, compromesso, pieno di vizi, non gli crede più nessuno, e così si moltiplicano i movimenti di base, le possibilità di autonomie locali, di fermenti di rivoluzione vera, mentre il secondo porta la gente a morire in Russia, contenta, per l'imperatore. Dare il voto al P.C.I. significa oggi rifare di nuovo una D.C. forte, rispettata, solida, e ci vorranno altri trent'anni, prima che verso questa seconda D.C., chiamata Partito Comunista Italiano, la gente smetta di credere come ha smesso di credere nella D.C. di ieri. Abbiamo un governo debole? teniamocelo e controlliamolo con la forte op-posizione del nostro impegno di tutti i giorni, di quella delle sinistre, bravissime all'opposizione i-stituzionale; ma non dire che è «una necessità assoluta la presa del potere del P.C.I.», come un male minore. Perché i movimenti extraparlamentari del '68, finché sono stati autentici, vivi e combattivi avevano come primo avversario il P.C.I., perché il governo attuale è riconosciuto da tutti come il dato reale da superare e sulla proposta delle alternative il dibattito è aperto, invece il PCI si presenta appunto come «male minore» ma è invece un male maggiore, un ideologia socialdemocratica di calamita svedese piantata nel mezzo delle masse. Dice «Prima levati la trave nel tuo occhio» e poi potrai vedere. Prima, o durante, occorre levarsi le travi che ostacolano una giusta visione rivoluzionaria nel popolo, che si deve per forza basare sul rifiuto della delega di potere.
Per questo penso che sia molto più realisticamente, direi quasi anarchica l'idea di votare i candidati della sinistra nelle liste D.C. in modo da poter avere delle simpatie nelle file nemiche, o al-meno qualche apertura, se non proprio delle spie nei comandi tedeschi, come succedeva per i parti-giani. E poi, dopo tutta l'esperienza che Grazia ha fatto in ospedale non capisco come si possa soste-nere il PCI anche larvatamente, pur avendo saggiato la sua monoliticità. Questo per la politica.
Per il cristianesimo ho spedito l'ultimo dei testi di Ontignano che può servire come stimolo al dibattito. Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate della distinzione fra natura e Regno e quindi fra politica e cristianesimo (cioè amore verso di Lui e da Lui a tutti). Mi è piaciuto molto l'articolo di Beppe, «Dalla morte alla Vita» e anche alcune zampate di Luigi, però quel titolo «Ad immagine di Gesù» e alcune cose in linea con esso mi entusiasmano meno, perché ho sempre avuto reticenze per il Gesù 'modello da imitare', come se fosse un eroe, un santo, un comandante, che avesse indicato delle norme, dei comportamenti da seguire. In quel caso non sarebbe altro che un piccolo progresso del Vecchio Testamento, ma sempre Vecchio però, che quindi ritorna in ella logica economico-religiosa del «fare per avere». Invece la cosa che mi ha colpito è che Gesù porta nella sua persona umana e concreta, reale come ciascuno di noi, la realtà divina, cioè l'assoluto, l'infinito seme superenergico, dell'amore sorgivo. E questa realtà portata così in un uomo come noi cambia la vita di quelli che la capiscono, i cristiani, perché è come se incontrassero una bella bionda, la sposassero, facessero famiglia e questa semplice persona fosse l'infinito, il tutto ecc. ecc. Vedere Gesù solo nelle buone cose che ha fatto, nell'immagine fedele che ci ha lasciato, cioè quasi come se fosse un grande profeta dio, da imitare nei suoi comportamenti, tutti buonissimi, me lo fa sentire staccato, lontano, oggetto già statico e passato, mentre la Pentecoste lo fa vivo come forse mai lo era stato nella sua stessa vita. Quindi nel Vangelo più che cercare un modo di orientarsi nella vita, io ci vorrei cercare la volontà di Colui che già rappresenta il Nord della mia bussola. Il Vangelo non ha che Una Sola Ricetta: Gesù e tutto il resto come Sue indicazioni. E cosi la creatività deve derivare da Lui, per un cristiano, senza preoccupazioni o programmi.
Per il resto tutto procede in un modo che non si può descrivere. I libri a quegli indirizzi che mi mandaste li spedii a suo tempo. A, presto, spero, e tantissimi abbracci affettuosi a tutti.

Giannozzo
27 maggio 1976


in Lotta come Amore: LcA luglio 1976, Luglio 1976

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