Questo articolo è stato scritto prima delle elezioni: non ho trovato dove pubblicarlo perché non è facile trovare ospitalità per divergenze d'idea, tanto più nel periodo della corsa al potere.
Volevo però comunicare agli amici tutto un mio problema dal quale emerge anche l'indicazione di un preciso progetto d'impegno. Chiedo scusa della prolissità dell'articolo e di tutte le sue insufficienze.
Sirio
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E' una reminiscenza, così, a memoria libera e datata a troppi anni fa, prima della guerra o al suo inizio, perché non abbia niente di intenzionalità per un raffronto e tanto meno una comparizione: vuol essere soltanto un riprendere un'antica sofferenza, una ferita profonda, mai rimarginatasi, nella carne e nell'anima di me ventenne allora e avviato al sacerdozio, in un travaglio interiore e storico autenticamente spaventoso.
Si tratta di un articolo, non ricordo affatto dove fu pubblicato ma può darsi sul Popolo d'Italia - una pubblicazione valeva l'altra quel tempo - di Giovanni Papini, del vecchio leone cattolico ormai in feluca d'accademico d'Italia. Erano esortazioni e letterariamente pungenti com'era nel suo stile, ad un certo lasciarsi andare a cuore sereno, cantando inni e salmi di gioia, da parte di una coscienza cattolica in qualche modo ancora diffidente al trionfalismo fascista, allora già scopertamente imperialista e guerrafondaio.
Dicevo di una ferita rimasta inguarita, ma forse più assai, anche per una profonda delusione. nei confronti dell'uomo dei «Discorsetti ai cattolici» abbindolato al potere (a quel tempo non poteva che essere quello fascista). attraverso la premiazione di una onorificenza accademica.
E allora il potere accomunava tutta la potenzialità dell'errore, della disumanità. E quanto più era. benedetto e consacrato, patteggiato e. condiviso dalla Chiesa, tanto più era e diventava l'anticristo, per una sorta di sacrilega fornicazione dalla quale non poteva nascere che la disumanità del 39-45. Occorreva molta Fede e specialmente una capacità illimitata e pazza per una Speranza: lasciarsi ordinare preti da una Chiesa del 1943. Nati preti e quindi cristiani decisi a perdersi totalmente, come unica ragion d'essere, nel mistero della Fede cristiana, chiaramente intesa come coinvolgimento nella realtà di Dio e dell'uomo. a rischio personale di tutto, perfino ad una qualsiasi altra possibilità di giustificazione a stare al mondo, nati preti sotto il segno di quella maledetta costellazione del potere fascista e nazista, non è possibile che non rimanesse legato alla propria vita, per sempre, un destino di ribellione, un'istintività anarchica. Anche e perché la storia, a ben guardarla in una chiara analisi o visione cristiana che dir si voglia, non può non provocare a toglier via ogni possibilità di affidamento agli uomini e a riporre ogni speranza, ogni fiducia in Dio.
E penso che non sia impossibile una totale libertà da temporalismi di potere senza cadere nel trascendentalismo, nella disincarnazione: sarebbe negare che esista uno spazio o meglio ancora una realtà di presenza attiva e creatrice del cristianesimo nella storia. Un cristianesimo che non ha un ruolo preciso, caratterizzante e insostituibile in forza di se stesso per una creazione di umanità, non è cristianesimo: tutt'al più può essere una religione, alienante e mistificante, inevitabilmente nemica del popolo. E tanto più sepolcro di Dio, senza resurrezione se non per vaneggiamenti.
La storia della lotta dei cristiani di Cristo - santi o eretici che siano - è in questa ricerca e conquista di spazio nella molteplicità dei valori umani e delle disperazioni umane, nel quale Gesù Cristo possa essere Gesù Cristo, cioè il Salvatore dell'umanità. La Fede cristiana non è una componente della storia o un'alternativa, è una proposta che si offre nell'Amore, nata dal pensiero di Dio e piantata nel mondo attraverso una croce.
Dopo tutta una purificazione fatta di lacrime e di sangue durante anni di attesa, di resistenza segreta, a macerazione d'anima in un logorarsi di speranze e di resistenza allo scoperto pagando prezzi di disperazione spaventosi, dopo questa purificazione, nella gioia di una verginità di Fede ritrovata e ormai pronta per nuovi cieli e nuove terre, non possono essere che maledetti quei primi anni di primavera della libertà, per un carcerare di nuovo il cristianesimo e la Fede negli ingranaggi del potere. E ancora di più sacrilegamente perché ora il potere è diventato cristiano.
C'è una chiesa che mi deve chiedere perdono (e non solo a me ma a tutto il popolo cristiano e più ancora a Gesù Cristo) di avermi indotto a credere e di avermi spinto a lottare, in quei primissimi anni del dopo guerra, alla possibilità di una politica, di un potere cristiano.
E se non riemergeva quella chiarezza di coscienza anti fascista, illuminante e liberante, e se lo Spirito di Dio (penso e credo che sia stata anche opera sua) non scavava nella mia Fede l'esigenza di un cristianesimo letto, non negli assurdi trionfalismi della Chiesa, ma nelle pagine del Vangelo e nelle lotte dei poveri, dei lavoratori e in particolare della classe operaia, sarei ancora un crociato a combattere guerre sante per inalberare la croce di Cristo a dominare incontrastata in terre di conquista.
Invece sono ritornato con la gioia della libertà della Fede a leggere le pagine del Vangelo e a innamorarmi di Gesù Cristo, fino al punto da scoprire in Lui la possibilità di un cristianesimo a incarnazione totale di Dio nell'esistenza umana e nella storia per innestarvi una diversità che non fosse religione alienante, ma liberazione dell'uomo per un renderlo capace di alternative: e non di al-ternative di potere a qualsiasi titolo, estrazione e finalizzazione, fino alle più allettanti e raffinate teocrazie giustificate dalla salvezza delle anime, ma unicamente di alternative di forze rivoluzionarie. di contrasto e di lotta a lievitare speranze di umanità diversa disgraziatamente indicabile con parole logorate di devozione e di delusione, come uguaglianza, fraternità, libertà, giustizia...
Ostinazione di Fede, è vero e anche ingenuità imperdonabile, perché certamente l'opposto di una furbizia teologica e pastorale, culturale e politica, ma è stato per ritrovare una fedeltà alle scelte e una volontà di respinta a qualsiasi potere - se non altro significato in me dal mio essere prete - che ho attaccato all'attaccapanni di un cantiere navale la mia divisa di prete e ho indossato la tuta di operaio, del manovale. Non è stato un cambio di appartenenze diverse, né un passaggio da una condizione ad un'altra di vita e d'impegno, tanto meno una ricerca di integrazione e di conciliazione o di possibilità di compromesso, si direbbe oggi, fra posizioni opposte e irriducibili sul piano ideologico e politico, nel tentativo d'incontro nella concretezza della vita o in prospettive pastorali.
E' stato semplicemente un liberarsi da tutto un mondo di potere religioso, culturale, sociale e quindi politico per scendere a livellamenti di popolo, a condizioni di classe operaia in lotta per liberazioni essenziali alla dignità del vivere umano, individuale e collettivo. Condizione fondamentale è la perdita di ogni e qualsiasi potere, fino ad un ombra di reminiscenza e di rinuncia all'affacciarsi dì una qualsiasi prospettiva.
Non sto raccontando storie personali per indurre attenzioni o rispetti o apprezzamenti, ma pubblicamente nella fiducia di poter precisare tutto un atteggiamento e più ancora tutta una forza di scelte, che non possono non nflettersi anche nelle problematiche che stanno travagliando questi nostri tempi.
E mi riferisco a questo acceso clima elettorale che fra i tanti scontri vede emergenti quelli fra cristiani.
Che sia spettacolo non brillantemente edificante è più che evidente: ma non è questo che conta, non è il cattivo esempio del mancare di un concordismo pacioccone, risultante da un appiattimento generale per passività e resa incondizionata alle direttive imposte dall'alto, quello che impressiona. Anzi questo è stato un buon esempio durato molti anni (secoli) con tutte le conseguenze deleterie per il cristianesimo e non solo per quello. E i nodi, a uno a uno stanno venendo dolorosamente al pettine.
Quindi non è che mi lascia perplesso il dissenso, la ricerca personale, di un gruppo, di comunità dì base. So bene quanto questo momento di contestazione e di proposte, anche concrete, di alternative, abbia scosso alla radice tutto un potere centralizzato e verticistico, monopolizzatore di tutta una Fede per bloccarla e utilizzarla a progetti di conservazione, di religiosità devozionale, oppressiva di ogni e qualsiasi risveglio che accennasse a liberazioni, a rivendicazioni di libertà di coscienza, di espressione nuova di Fede, e quindi di prospettive politiche diverse,
La provocazione di questa crisi cristiana che ha scosso e agitato tutta la cristianità e incrinato la solidità a prova di secoli dell'istituzione della Chiesa, e una delle rivoluzioni non violente, da tenere assolutamente presenti nel programmare strategie di lotte per fruttificazioni ulteriori, tese a ritrovare per il cristianesimo l'incidenza storica che gli appartiene nell'insieme della realtà umana.
E' stata ed è una lotta contro posizioni di potere .assoluto religioso e politico, inventata e condotta avanti con forze assolutamente senza potere. All'infuori di una cocciutaggine di precise scelte di Fede, di una coscienza liberata e sicura, di una rilettura della Parola di Dio, fatta con occhio e cuore nuovi, assolutamente diversi, di una disponibilità a qualsiasi rischio, emarginazione, solitudine (e ognuno ha la sua storia di umiliazioni, di oppressioni, di camminare al buio, di stanchezze da morire, specialmente nell'anima) all'infuori di questa forza (e nonostante tutto vogliamo credervi dentro un po' di Spirito Santo, che crediamo non del tutto ipotecato dall'istituzione) non avevamo altro fra mano. Assolutamente nulla, nemmeno il popolo cristiano, costretto alla respinta della contestazione, dalla prudenza ecclesiastica e dalla saggezza del tornaconto politico.
C'è tutta una storia di coscientizzazione cristiana, di assunzione di responsabilità, di capacità di lotta, a livelli popolari e cioè dispersi, frantumati, sbriciolati eppure amalgamati, d'incontri profondi, di accordi misteriosi, di effervescenze incontenibili, di ricerche appassionate, che è la storia più bella e promettente della cristianità dei nostri tempi, di questi ultimi anni.
Da secoli forse questo fermento nuovo, emerso su dal popolo e specialmente dal popolo giovane, non era apparso e non può non essere considerato come una seria prospettiva di imbocco segnata, per un cristianesimo nuovo.
Un cristianesimo cioè che irrompe nella Chiesa e, volere o no, la costringe a un rivedere se stessa per riscoprire la sua vera identità nella totalità del Mistero di Cristo, vero Dio e vero Uomo. E il Concilio ne è la riprova di questa forzatura emersa dall'imporsi di una crisi determinata da una coscienza critica dilatatasi nella Fede del credenti. E le conquiste di tutta una pressione di novità di Fede sulla Chiesa curiale istituzionalizzata, hanno rivelato tutta la loro potenza ed efficacia dimostrata palesemente e scandalisticamente da tutta una prudente ma violenta reazione ai vertici della Chiesa e in tutto l'apparato ecclesiastico e paraecclesiastico periferico.
Per il tentativo di conservazione laddove era ancora possibile e di tutta un'immensa fatica di riconquista delle posizioni perdute e di risaldatura di quelle incrinate. La ricerca di ripristinare prestigio e autorità si è manifestata a volte letteralmente affannosa. Un cristianesimo che si dilata nel rapporto, ormai acquisito e pacificato fra Fede e politica, realizzando alleanze adultere, spaventosamente interessate a privatismi di privilegio, coprendo di sacri veli lo sporco di tutta una politica, e ricambiando di favoritismo politico ed economico, di potere e di prestigio, tutto un mondo ecclesiastico, rassicurato e tranquillo nei propri privilegi, questo cristianesimo che si libera a indipendenza totale di coscienza, ritrova l'autenticità della propria Fede e la chiarezza di un dovere politico, per intaccare il blocco granitico, sbocconcellarlo a poco a poco, soltanto con le unghie e coi denti di una convinzione assoluta che è dalla demolizione del potere e nel caso del potere Chiesa DC che può risultarne purezze verginali per una autentica presenza cristiana nel mondo e nella storia, questo cristianesimo è la forza nuova, senza dubbio capace di inimmaginabili possibilità, che non va assolutamente smarrita e perduta.
In questa novità d'impegno di questa nuova forza cristiana. l'esigenza più fondamentale, a mio parere, è il rafforzamento e la maturazione di una coscienza critica nei confronti della storia.
Coscienza critica non vuol dire disincarnarsi, chiudersi nei propri schemi e di lì giudicare il mondo. Coscienza critica vuol dire convincimenti profondi, alla radice della storia, scelte molto chiare e scoperte, responsabilizzazione a tutti i livelli, disponibilità allo scontro, offerte alternative affatto assolutizzanti, presenza attiva e creativa in un pluralismo normatizzato.
Coscienza critica vuol dire anche scelta di mezzi di lotta, originali e indipendenti, emergenti dalle proprie scelte e usati a costo di tutto. Una coscienza critica cristiana forse in ogni realtà storica. ma sicuramente in questo nostro tempo, non può e non deve fare ricorso al potere.
Il cristianesimo, di per se stesso, è la negazione di qualsiasi speranza riposta nel potere.
Capisco bene che è qui il punto nodale di tutto il problema al quale volevo arrivare con chiarificazioni precisate da tutta una esperienza, estremamente valida e importantissima e che io ho così malamente accennato, di tutta una lotta nata, agguerrita, appassionatamente combattuta, senza ombra di potere, totalmente fuori di ogni possibilità di risorse di potere, di qualsiasi potere e contro tutto il potere imperante e dominante, assolutistico e intollerante, mistificante ed oppressivo, della Chiesa e della Democrazia Cristiana.
E' vero che la scelta socialista. il movimento operaio, la forza culturale e organizzata che la classe operaia si è andata realizzando attraverso il sindacato e i partiti di sinistra e in particolare, con emergenze forse decisive, attraverso il Partito Comunista Italiano, è vero che tutta questa potenza di scontro e di lotta ha offerto possibilità determinanti, insieme alla storia, per questo affermarsi di coscienza nuova cristiana di tutta una realtà di credenti, tesi allo sfaldamento dell'oppressione Chiesa-D.C. Ma rimane vero ed estremamente decisivo, almeno per me, in ordine ad un sopravvivere e ad una maturazione fino al raggiungimento di livelli di autenticità cristiana nel contesto della nostra storia attuale, quella italiana in modo particolare, ma non solo quella, la inevitabilità di una distinzione: altro è adesione e consenso ad un muoversi storico di forze ritenute decisive per un rivoluzionamento di situazioni politiche giudicate da rovesciarsi assolutamente, altro è prendere o tentare di prendere posizioni di potere, comunque possano essere programmate, indipendenti o conniventi.
Il potere, qualsiasi potere non è cristianizzabile: mai, in nessun caso. Può invece comportare un disorientamento ed uno smarrirsi, cioè una pura e semplice impossibilità di fedeltà, di quella coscienza critica che ritrova e motiva i suoi criteri di giudizio e d'intervento da Gesù Cristo e dal suo genuino e trasparente rapporto con l'uomo, con l'umanità.
La libertà è condizione fondamentale per una possibilità di sincerità cristiana, la libertà, non la «lìbertas» e cioè la disponibilità totale e pronta a iniziare e portare avanti qualsiasi lotta. E il potere è negazione di questa libertà.
Forse è indispensabile una condizione anarchica (tanto per usare un termine assai indicativo anche se enormemente complesso e indecifrabile storicamente e ideologicamente parlando) una condizione anarchica interiore per un potersi rifare direttamente e liberamente a Dio e al popolo, dove Dio e la Parola e il Sacramento sono efficacia d'ispirazione e di organizzazione concreta per una presenza cristiana nel mondo che non può che essere di contrapposizione, di coscienza critica, di resistenza e di lotta e quindi di costruzione e di creazione di umanità nuova.
L'affermazione, è chiaro, potrebbe essere suffragata da tutta una visione biblica e dall'esperienza storica di tutto il cristianesimo nel suo racconto evangelico e di due millenni di storia. Lavoro evidentemente, al di là di ogni mia capacità riducibile, soltanto a non più che ad una ricerca ed esperienza personale anche se pagata sempre di persona e rispondente pienamente ad una ricerca di un poter continuare nella scelta di Cristo per una mia sincerità di rapporti, essenziali e totalizzanti, fra me e il mondo e il tempo che mi è stato dato di vivere.
E' per questi motivi e molti altri ancora, che non mi è consentito di mettere anche la mia firma (nulla di grave, anche perché, in fondo, che sono io?) alla già lunga serie di consensi alla scelta del gruppo di cattolici, di presentarsi sia pure come indipendenti (e cosa vuol dire questa indipendenza?) nelle liste elettorali, per la Camera e il Senato, del P.C.I.
Della scelta di questi miei fratelli non mi è possibile non sorprendermi, con profondo dolore e amara delusione e, evidentemente, non perché si sono allineati nelle liste del P.C.I. Mi riemergono, sia pure vagamente risonanze di quei famosi "discorsetti ai cattolici" di cui accennavo all'inizio. Questa scelta, sia pure in condizioni e in valori infinitamente diversi, mi risuona come un'esortazione a seguito di un ennesimo rifiuto alla povertà disarmata e proprio per questo terribilmente impegnata, della scelta cristiana e alla libertà di una lotta di coinvolgimento fino all'estremo - e il cristiano conosce bene questa unità di misura con la quale soltanto è dato di misurare il proprio compromettersi - mi sa tanto di opera persuasiva ai fratelli nella Fede, per avviarli, anche se per strade diverse nelle quali conveniamo serenamente, alla fiducia a posizioni di potere, sulle quali dissentiamo con piena coscienza.
Crediamo però alla loro dirittura morale, alla chiarezza della loro Fede, alla loro onestà politica: e quindi può anche darsi che succeda di ritrovarci, con soltanto un pezzo di pane nella bisaccia e a bere alla sorgenti, sulla strada, insieme a chi non ha nulla se non una terribile implacabile speranza nell'anima, a lottare una lotta apparentemente e secondo le saggezze umane, assurda e pazza, ma forse perché unicamente segnata di un destino inventato da Dio e manifestatosi in Gesù Cristo.
Nel frattempo con le scelte di questi nostri fratelli particolarmente qualificati e meritatamente, nelle lotte antintegriste del potere dominante ma anche fortemente rappresentativi di una coscienza critica, maturata su una base cristiana in ricerca di autonomie ideali e di spazi operativi nella realtà storica attuale, nel frattempo si dilata a perdita d'occhio, per questo cristianesimo conte-stativo ma fortemente costruente, pagato sempre duramente (a livelli personali e di gruppi e di comunità) e sostenuto unicamente da una Fede assurda, da una Speranza pazza e da un Amore a realizzarsi sempre in termini e condizioni di lotta senza mai un'alleanza e nemmeno un angolo dove non fosse inevitabile scontrarsi, per tutti questi credenti (non è stata nemmeno la loro consistenza numerica a decidere della validità indiscutibile della loro incidenza ecclesiale e storica) per tutti questi credenti si dilata la solitudine. logicamente già in conto da sempre, ma a volte per circostanze particolari, come questa, per esempio. ancora più amara e desolante. Solitudine destinata oltretutto, a portare il peso dell'aggravarsi - e tutto è già in atto a livelli di autorità ecclesiastica, al vertice e periferia, e non solo ecclesiastica e di opinione pubblica - di tutta la macchinazione del potere costi-tuito o in via di costituzione nel tentativo di approfittare dell'occasione favorevole per la soffocazione definitiva di una cristianità sparuta quanto si vuole numericamente, ma sempre scomoda e inquietante laddove tutto deve procedere dogmaticamente e massimalisticamente, a livelli e metodi di regime. Perché in quanto a metodologia di potere sono già in atto e da sempre compromessi storici e più ancora autentiche equivalenze.
Ho grossa perplessità ad accettare e ad avallare, e non credo soltanto io, (allora non ne varrebbe ovviamente la pena di porre il problema) che per una strategia di lotta al potere democristiano, sia stata linearità di Fede cristiana (così come la intendiamo noi, è evidente, questa Fede cristiana) e quindi fedeltà di libertà politica (stessa precisazione che nella Fede) il cercare spazi di potere presso il Partito Comunista Italiano. La posta in gioco può essere veramente troppo pesante e compromettente.
Siamo troppo convinti che questo nostro tempo politicamente e tanto più un cristianesimo che voglia essere significativo e costruttivo, valore autentico al quale il popolo dei poveri possa guardare con speranza e fiducia, ha bisogno più che tutto della virtù della disobbedienza e della ribellione. Non di potere, nemmeno a sinistra. Un cristianesimo povero di quella povertà che unicamente rende liberi. Liberi di quella libertà «dalla quale siamo stati liberati».
don Sirio
in Lotta come Amore: LcA luglio 1976, Luglio 1976
Luigi Sonnenfeld
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