La pietra dell'agonia

Orto degli Ulivi - 28-9-75

Sono venuto qui, quasi a concludere questo mio vivere in terra santa, ormai sono quasi tre mesi che sono partito da casa. Il due ottobre riparto. Una corsa da Betania nel fresco della mattina. Prima della Messa mi sono confessato: il vescovo francescano che è stato molto buono e gentile. Mi ha raccomandato di approfondire e capire sempre di più l'Amore di Gesù per me, proprio per me, personalmente. E poi un qualcosa di pratico, come lui diceva alcuni minuti ogni giorno prendendo coscienza di quest'amore con un essere con Lui, a cuore a cuore. Ho chiesto perdono di tutto, ma per quanto, specialmente, non sono riuscito ad accogliere il dono di Dio e in particolare questo periodo vissuto nella sua terra. Mi accorgo stamani, qui davanti a questa pietra che indica con tanta evidenza la solitudine e l'agonia di Gesù, mi accorgo di aver vissuto forse con troppa superficialità, quasi trop-po esteriormente, questo tempo e dove ho vissuto. All'aperto, in una meravigliosa condizione di libertà, ma ho anche avuto tutto in modo cosi personale e in fondo cosi tranquillo, perché anche le scomodità del viaggiare, il lavoro, l'essere in casa di altri ecc. è stato bellissimo, letteralmente entusiasmante con ritorni interiori particolarmente intensi e questa intensità spesso mi ha profondamente preso e affascinato fino forse a fermarmi a questa pienezza. Cosi è stato anche del Mistero di Dio, della visione di Gesù nella sua terra. A volte è stata una comprensione profondissima, quasi fisica, capace di riflettermi dentro come tanta sovrabbondanza fin quasi forse a distrarmi per un rimanerne troppo assorbito. Stamani mi trovo qui nella nudità assoluta di Gesù su queste pietre. Nel camminare della sua storia colmata d'infinite cose (quante!) è arrivato qui e qui è soltanto (come è terribile questo avverbio) è soltanto la nuda e cruda Volontà del Padre, Lui e il Padre. Lui e tutto un progetto semplicemente da accettare. Da abbandonarcisi. Null'altro. Allo scoperto. In modo immediato. Insostituibile. Irrimandabile. E' proprio terribile. Mi sembra tanto di capire e chissà quanto ne sono lontano da tutto quello che era in Gesù. in quel momento... Non è una condanna a morte, alla morte fisica. E' l'annullamento. Tutto un rifiuto, un ripudio. Una respinta. La solitudine totale. Il rimanere lui solo e perdere tutto e perdere se stesso. E affrontare e vivere l'Amore al Padre e all'umanità in questa sconfitta totale. Il Regno di Dio fatto di questa assurdità.
Pregava con insistenza. Tutto in lui (e tutti in lui) diceva di no e implorava che fosse no. Il vincere e lo strapparsi da se stesso e da tutto e da tutti e abbandonarsi all'assurdo è quella tremenda fatica espressa nel sudare sangue.
Non so cosa pensare e tanto meno cosa scrivere. La sua Parola è chiara: è un'agonia. Questa è veramente la lotta. La Precisazione e il rendere vere tutte le altre lotte. Sarebbero senza senso cristianamente tutte le lotte in qualsiasi campo e anche fino alle misure estreme d'impegno, se non si concludono in questa lotta ultima, che è l'agonia. Cioè quando tutto s'incontra e si scontra direttamente e personalmente con la Volontà del Padre che immancabilmente chiede e offre la Croce. Da dopo Gesù è cosi. E questo è il Cristianesimo. Decisamente questo luogo dell'agonia segna il punto di una storia diversa, perché Dio, il Padre, da qui in poi, chiede quello che ha chiesto a Gesù il Cristo. E qui e da qui in poi, nella storia cristiana (di ciascuno, della Chiesa, del mondo} la realtà ultima è l'agonia e la risposta è una sola: non la mia, ma la tua volontà sia fatta. E la sua volontà è la Croce con tutto quello che la Croce è, non solo due pezzi di legno e quattro chiodi. Non è il morirne, che il morire è cosa naturale in qualsiasi modo si muoia (perché è sempre e semplicemente morire), ma il morire della Croce è l'annientamento di tutto 1'uomo, è realizzare valori infiniti con l'assurdo, è essere buttati fuori per essere dentro, è perdere per vincere, è morire per risorgere. E' fidarsi e consegnarsi a tutto ciò che può semplicemente convincere del contrario di tutto quello per cui si è vissuti.
Non so cosa pensare di me. Cosa mi posso proporre? Sono cosi infinitamente lontano da questa interiore disponibilità. Io che tanto esalto la libertà, capisco bene che questa è la consumazione della libertà, ma è la libertà che nasce dal di dentro realizzata dal dominio unico e totale di Dio e di tutto il suo Mistero, compreso tutto quello che è incomprensibile e assurdo secondo i criteri umani, in me, fino ad essere soltanto un'obbedienza a Lui. Qui veramente libertà e obbedienza si realizzano a vicenda e costruiscono l'uomo nuovo, diverso.
Quello che è nato in quella notte su questa pietraia impietosa, sotto gli olivi di quest'orto, nelle mani degli uomini in una eterna crocifissione fatta non per odio ma spesso per una stranissima fede.
Certo è che da quella sera, di su queste pietre Gesù è stato preso e è diventato un possesso, una proprietà. Da .quella sera è entrato, dalla chiarezza della sua vita e delle sue parole, è entrato nell'assurdo. Fin quasi a non essere riconoscibile come sulla Croce.
Eccomi qui.
Vorrei dire di una semplicità, di una semplificazione, di una essenzializzazione. Di una umiltà. E cioè di tutta una libertà ma unicamente per cercare e trovare la capacità della libertà dell'agonia. Cioè della paura di Dio e della sua accettazione. Del mio dire di no oppure di si. E abbandonarmi nelle mani del Padre e in quelle degli uomini. E diventare preda di Dio e possesso e proprietà di tutti. Possono essere tutti estranei a me pero hanno la proprietà di me. Sono di loro. Di qui bisogna uscire perdendo perfino l'idea di difendersi. Qui finisce la libertà di essere al di là di se stessi e la libertà che concede qualsiasi approfitto. E' la libertà dell'Amore. E per essere Amore è indispensabile la libertà vissuta su questa pietra, la libertà che supera l'agonia, suda sangue, ma va al di là e lascia fare, che tutto liberamente avvenga quello che deve avvenire.
Lo so che poi dimenticherò e mi sopraffarrà la stupidità del banale quotidiano e qualsiasi ombra mi renderà tenebra e smarrimento e distruzione e qualsiasi goccia d'acqua mi affogherà.
Non voglio assolutamente perché ora basta veramente tutta una storia di una pietra che è come se fosse una montagna (e anche se lo fosse una Fede quanto un chicco di senape dovrebbe annullarla ) ma sarà cosi, E tutta la potenza di chiarezza si annebbierà in uno sbriciolamento miserabile, ma non vorrei proprio.
In questi ultimi anni della mia un po' di sincerità e fedeltà è indispensabile, doverosa per me e per quello che io posso significare per gli altri.
Vorrei concludere qui, seduto dove sono, su queste pietre che hanno sostenuto quell'agonia, concludere una storia che poi non voglio nemmeno fermarmi a giudicare: è quella che è. E in ogni modo avrà se non altro il merito di avermi condotto e quasi costretto a essere qui, Era capire che tutto bisognerebbe che fosse storia che si conclude e che ne inizia un'altra: esattamente quella che nasce da un'agonia (lotta) che non è la mia ma quella di Gesù e quindi se un rapporto c'è fra me e Lui (e voglio che questo rapporto ci sia) la sua agonia è inizio particolarmente significativo e impegnativo fino al punto che è la sua agonia e deve essere pure la mia. Perché la sua agonia combattuta anche dentro di me come dentro il mondo intero. Il Suo abbandonarsi alla volontà del Padre perché avvenga tutto il suo progetto è e vuole significare anche il mio abbandono al progetto di Dio.
Qui dovrebbe essere vinta la paura di Dio. Dovrebbe essere scavalcato ogni condizionamento ad entrare nella pura e semplice libertà di Dio. Non devo preoccuparmi poi dell'annuncio, dell'evangelizzazione, della Parola. Sarà data nel caso che debba essere pronunciata e sarà vita e realtà che si esprime e si offre in mille modii e può darsi anche attraverso la Parola. E' inutile che mi preoccupi di trovare come tradurre questa Parola dell'agonia perché possa essere capita e accolta. Non vi sono parole per questa Parola. L'unica è quella del sangue effuso, sparso. Quella di perdersi. La Parola del silenzio. Quella degli occhi. Del cuore. Dell'Amore. Della Fede. Tutto qui. Non vi può essere essenzialmente altro programma, prospettiva, altra possibilità. Anche la Risurrezione non cambia niente. Rende semplicemente vita e storia questa Parola. Gesù risorto è rimasto segnato dai segni della Croce. E la sua Parola continua a essere quella dell'agonia, di questa lotta che continua a combattere nel cuore dell'umanità e di ogni essere umano, quella dell'assoluto di Dio e dell'assoluto dell'Amore.
Ora non scrivo più. Appena arrivato, dopo che mi sono confessato ho celebrato la Messa. Disgraziatamente la Bontà del fraticello che è rimasto a servirla, mi ha costretto a perdere una particolare possibilità di raccoglimento e di dilatazione del Mistero, ma non ha importanza. Ho raccolto tutti nel cuore e metto tutti e tutto su questa pietraia dell'agonia di Gesù perché tutti e tutto sia nella sua lotta di liberazione per un essere di Dio e dell'umanità. Unicamente.
Non so se tornerò più in questo luogo dell'agonia di Gesù: mi ritroverà però senza dubbio nel luogo della mia agonia: che lui faccia che sia un qualcosa della sua.


don Sirio


in Lotta come Amore: LcA aprile 1976, Aprile 1976

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -