Amore per questo nostro tempo

Io non sono affatto stanco del mondo in cui sto vivendo, né di questi nostri tempi anche se appariscono così disorientanti, per buona parte fatti di assurdità e per l'altra di spaventoso impazzimento.
Non mi sgomenta per nulla, la condizione di lotta che è andata normalizzandosi fino al punto che perfino il respirare pare che sia inevitabile conquistarselo lottando. Tutto avviene :in una realtà di scontro. Dalla pace che ci salvi daHa totale distruZlione del mondo, fino a due metri quadrati dove mettere la macchina in parcheggio, da una possibile coesistenza di popoli, a leggere il giornale in poltrona la sera, dai rapporti di civi1tà contrapposte, al girare l'angolo di casa per andare a prendere un caffè... tutto è possibile soltanto a strategie guerresche, al calcolo di difesa-offesa, in base alla forza d'urto disponibile, alla capacità di attacco o di risposta.
Camminiamo tutti per le strade chiusi in armature di ferro e ognuno ha armi nascoste. Le case sono fortificazioni medioevali anche se costruite di foratoni invece che di pietre squadrate.
E ormai ogni cuore ha in serbo pronta all'uso una buona dose d'indifferenza, di un preoccuparsi soltanto di sé, una efficace immunizzazione a base di egoismo.
Ma non m'importa stare a riflettere a come è fatto questo nostro mondo e questa cosiddetta civiltà nella quale viviamo.
Ed è assurdo concludere pessimismi e stanchezze.
Rifiutare questa realtà del nostro tempo è un po' 'come :rifiutare il proprio vivere. Perché la mia vita è ora, in questo momento. Non è quella di ieri non sarà quella di domani. Mio è soltanto l'attimo attuale (anche se sono giorni e anni). Io non sono il passato o ciò che verrà, sono il mio presente. E io devo vivere il mio io, attuale, vivente, se voglio essere vivo.
Mi rendo conto che questa realtà attuale mi appartiene, è me stesso. E' ambiente e il tempo del mio vivere: comporta inevitabilmente una connaturazione con me stesso, siamo la stessa cosa.
Una separazione dal mondo nel quale vivo, sarebbe come una separazione dall'anima dal corpo, una disincarnazione. Uno staccarmi dalla terra e costruire la mia vita sulle nuvole, Un dissociarmi da una convivenza per una solitudine disumana. Un uscire dall'insieme per rinchiudermi in una prigione egoistica. L'individualità è 'il cimitero. Chi decide di essere solo e di risolversi individualmente è un suicida.
Amo incredibilmente la mia Fede cristiana che è tutta nell'incarnazione. E forse ancora non ho capito Dio che si fa uomo e viene ad abitare e abita fra gli uomini. A farsi folla, moltitudine, umanità.
Se Dio non si fosse fatto uomo, non fosse venuto a condividere la vita di tutti, fino ad essere uno come tutti. non sarei riuscito a credere in Dio. E che cosa me ne farei di questo Dio e come po-trebbe essere Dio se nemmeno è Uomo?
Non so di sottigliezze teologiche e anche quello che mi è stato dato di sapere a un certo punto non mi ha interessato più. Alla base della Fede per quello che dipende da noi insieme al dono di Dio, c'è una certa istintività, cioè una misteriosissima logica che nasce dalla carne e dal sangue ad aprire la possibilità della Fede, il suo radicarsi nell'anima e il suo crescere a illuminazione totale.
E' da questa ricerca di incarnazione e mi scaturisce violenta e irresistibile dalla mia Fede cri-stiana, che mi diventa impossibile difendermi dal mondo nel quale sto vivendo.
Non voglio difendermi da niente. Perché comunque sia è il mio mondo, la mia terra, la mia gente. Cioè è me stesso. E' la mia vita. Non esistono per me nemici. Non vi sono pericoli intorno a me. Cammino tranquillo per le strade di giorno e di notte. Dormo sereno nel mio letto o dovunque mi trovi senza ombra di timore per tutto quello che può succedere. E' una fossa di serpenti, un covo di vipere, una gabbia di leoni ruggenti, di sciacalli mangiamorti, di avvoltoi spietati. A ogni passo è un tranello. Lì all'angolo c'è una pistola spianata. Possono assaltarmi e malmenarmi.
E' il mio mondo, la mia terra, la mia gente. Sangue del mio sangue, anima della mia anima. E' la mia civiltà, costruita piano piano a forza di lotte, di fatiche, di ricerche appassionate. E' venuta fuori pagata duramente questa libertà. E' impazzita? Può darsi, è però sempre libertà, quella libertà durata come sogno per lunghe generazioni, motivazioni di sacrifici fino all'impossibile.
Eccola, m'è stata consegnata, limpida e chiara. Sarebbe sacrilegio non viverla,
Così di ogni qualsiasi altro valore, di ogni conquista, di tutto quelìo che chiamiamo progresso. Non ho orrore e paura di tutta la malvagità scatenata in questi nostri tempi. So bene quanto sia malattia venuta a suppurazione. Sta semplicemente esplodendo un cancro maligno che covava da tanto tempo. Ma è la mia umanità malata. Quella di tutti e la mia insieme. Non sparo a nessuno io, né svaligio le banche con calzamaglie sugli occhi e un mitra fra le mani.
Non faccio sequestri di persona né mi lascio andare alle droghe.
Eppur è vero che sono carne di quella carne e sangue di quel sangue e viviamo insieme la stessa vita, siamo l'identica umanità di questo nostro tempo. Non voglio separarmi, diversificarmi: no, non sono altra cosa, né altro uomo. Uomo io e uomini loro. Dire fratelli è poco. Gesù dice un'altra cos'a per significarci come è fatto l'Amore che lui comanda: una cosa sola, non più ma uno e l'esemplificazione è Lui e il Padre nella loro perfetta unità che è il loro Spirito.
Ho soltanto una paura in questi nostri terribili tempi fatti di paura, rabbuiati, straniti dalla paura: ho paura della disincarnazione. Di essere buono, onesto, galantuomo, ben visto, amato e rispettato. Perché divento troppo diverso, separato, lontano da troppa gente. da tanta realtà de1 mio tempo. Sono forse o rischio di essere di un altro mondo. Rischio di vivere traslato in altro tempo, un tempo forse irreale, utopistico, assurdo.
Rischio semplicemente di non essere cristiano.
E forse perfino di essere uomo. Perché non sono uomo se non sono umanità.
Gesù per essere uomo (e Dio fatto Uomo) ha vissuto una storia di umanità a seguito della quale le sue preferenze sono state per la povertà, l'ingiustizia, dov'era la sopraffazione e l'oppressione, la malattia, la morte. E la sua umanità sono stati i peccatori, i pubblicani, le prostitute. E per vivere la morte ha scelto come compagni due ladroni assassini e come motivazione della sua condanna l'essere giudicato come bestemmiatore e sovvertitore pubblico. Doveva morire perché diventato un pericolo. Uno schiavo ribelle non rassegnato alla sua schiavitù.
Tutte cose dette tante volte. Rigirate in mille modi con versioni innumerevoli teologiche, mistiche, pastorali ecc. ma, a pensarci bene, rimangono lì, nude e crude, a giudicare il mio essere cristiano e a condannarmi.
Perché con il cristianesimo che sto vivendo non posso che essere condannato.
Non so d'altra parte cosa fare per essere cristiano diverso. E tutti i discorsi degli amici, della gente illuminata e saggia, quelli del papa, dei vescovi, della Chiesa, e della buona cristianità non mi insegnano pressocché niente. Anzi spesso mi esortano a stare tranquillo e a rallegrarmi delle buone opere quotidiane, della bontà zuccherosa distribuita, delle buone e consolanti parole moltiplicate ine-sauribilmente.
Almeno, non potendo altro per la mia orrenda vigliaccheria e poca Fede e Amore, almeno non voglio avere paura di questo mio tempo e di tutta la sua cronaca nera. E' un infinito dolore quello che mi agonizza l'anima e mi schiaccia il cuore, ma è (e dev"essere chissà quanto di più) unicamente a motivo di Amore e quindi a motivo di non essere "dentro" alla mia carne e al mio sangue che spara, che violenta, che uccide, che impazzisce e fa impazzire tutti e sgomentare e disperare come se fossimo arrivati alla fine del mondo.
Non giudicherò, a costo di sembrare assurdo né taglierò via da me l'orrore che fa inorridire questo mio tempo, la mia terra, la mia gente.
Né voglio difendermi dietro la sicurezze di un buon nome, della stima e considerazione della gente. E tanto meno intendo rifugiarmi nella tranquillità di una coscienza in pace, in grazia di Dio e degli uomini. Anche perché sempre più mi si chiarisce che tutta questa buona coscienza può essere tanto artificiosa, prefabbricazione studiata e programmata.
Perché sono cristiano e il mio Dio è Dio non voglio essere difeso, protetto, salvato da niente e da nessuno.
Voglio vivere in quella libertà infinita unicamente segnata e delimitata dall'immensità di Dio: in questo spazio accetto soltanto la sua presenza e tutto quello che ha rapporto con lui. A tutto il resto tolgo ogni diritto nei miei confronti, non mi riguarda, non può aver niente a che fare con me.
Quindi non voglio difese e protezioni di alcun genere. Se sono cristiano e in quanto cristiano non posso che essere totalmente disponibile e pronto per qualsiasi rischio.
Assolutamente non voglio essere difeso dalla polizia, protetto dalle forze dell'ordine. Non desidero affatto che siano potenziate e più armate per garantire la tranquillità del mio vivere.
E' assurdo e miserabile che altri uomini abbiano a rischiare la loro vita, che siano ben armati per spezzare quelìa degli altri, perché io possa spassarmela sereno e contento. Se piove forte è giusto che mi ammolli fino al midollo e se la casa brucia devo bruciarmi.
Non voglio eserciti ad assicurare la mia pace. Né governi a provvedere al mio benessere. Non delego a nessuno l'incarico di preoccuparsi di me.
E tanto meno (la cosa è spaventosamente assurda) voglio e sopporto che la mia Fede sia pro-tetta, favorita da concordati.
Se Gerarchia vuol dire autorità che protegge e difende, non ne voglio sapere. Se Chiesa è luogo per la mia Fede, assicurazione di salvezza di qui e di là, non posso che sentirmene fuori. Preferisco vivere all'aperto, abbandonato a tutte le intemperie. Dev'essere esposta la mia Fede a tutti i pericoli moltiplicati da questo mio tempo, fragile e forte unicamente perché adorabile dono di Dio e abbandonata com'è al mio rispondergli che può essere appassionato o disorientato per la mia infinità potenza d'Amore e per la infinita fragilità della mia carne.
Vorrei camminare nella mia vita (per quel poco che me ne può rimanere) solo col mio Dio, forte unicamente della sua forza.
So molto bene che solo con lui, mi diventa possibile essere uomo-umanità. Allora posso camminare per le strade, entrare nelle case, dormire e viaggiare, vivere tutta la mia vita liberamente, fra la mia gente, fidarmi di tutti, vivere insieme.
Senza paure e quindi senza giudicare e senza condannare. E cioè senza difendermi mai, da niente e da nessuno.
E'vero che questa è la maniera di perdere tutto e anche la vita, ma è anche vero che soltanto così è possibile essere salvi, cioè se stessi, figli di Dio e dell'uomo.
"Non temete coloro che uccidono 'il corpo, ma non possono uccidere l'anima. Temete piuttosto chi può far perire nella geenna anima e corpo".


don Sirio


in Lotta come Amore: LcA dicembre 1975, Dicembre 1975

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