Avviene spesso - ma forse dovrebbe accadere molto di più -, di trovarci a discutere dei segni che dovrebbero esprimere la nostra fede, la nostra ricerca cristiana, provocandoci ad una sempre maggiore autenticità di vita.
Da una parte sentiamo che la vita senza segni è troppo vuota, dall'altra si ha chiara la percezione che parlare di segni senza chiarire l'importanza fondamentale della vita sia del tutto inutile.
E' dubbio, quindi, che la vita solamente abbia importanza e di conseguenza possa fare a meno di mediazione, di segni o gesti che la provochino a novità continua. E' certo anche, comunque, che il porre gesti o segni sradicati dalla vita, visti come momenti a se stanti, sezionati dal tessuto vitale, toglie ai segni stessi ogni possibilità di significare qualcosa di vero ed autentico per divenir. discorso vuoto facilmente strumentalizzabile e di fatto strumentalizzato da ideologie che giocano sulla confusione per conservare privilegi e distanze.
Basta pensare ai segni sacramentali nel loro modo concreto di essere posti nella maggior parte delle comunità cristiane per rendersi immediatamente conto di uno smarrimento e di una nebbiosità tale da determinare una situazione in cui è realmente difficile discernere il senso autentico di questi segni della fede.
Questo può spiegare la scelta di chi - per reazione - ha scelto la vita come unico grande segno attraverso il quale solamente è possibile comunicare un messaggio, dei valori, ma al di fuori di questo cosa rimane? Creare dei nuovi segni? Modificare quelli attuali? Varie ipotesi si stanno accavallando nella esperienza cristiana delle comunità e dei singoli.
Per quanto riguarda noi, abbiamo da sempre sottolineato la necessità di calarsi nella esistenza umana senza difendersene, accogliendola come il segno di una comunanza con l'umanità più povera e nascosta. Per un certo periodo questo è stato il segno dominante in noi, maturato attraverso la scelta del mondo operaio, di una vita di lavoro e di comunità. In questo stile di vita i gesti della fede venivano posti in grande semplicità e serenità.
Ora l'esistenza quotidiana ci divora e ci schiaccia sempre più. Abbiamo bisogno di gesti di fede che provochino in noi una accoglienza nuova e più autentica della vita, ma questi segni non sono più chiari come una volta.
Non ci è venuto meno il senso di Dio, il desiderio di Lui. Non credo che si possa parlare di crisi di fede, ma non riusciamo ad esprimerla chiaramente, a comunicarla, a viverla attraverso gesti in cui ci sentiamo pienamente coinvolti.
Sappiamo che non è un problema nostro, ma che ci portiamo sulle spalle un peso comune a chi ricerca con sincerità un rapporto di amore con Dio e con gli uomini.
Questo ci aiuta a non drammatizzare la nostra condizione, ma a sentirla come normalità di cammino.
Cercare nuovi segni allora? Siamo certi che nasceranno prima o poi da una vita rinnovata. Ad accogliere e provocare la vita sarà ancora una volta tra noi il segno di una più vera comunione, di un più autentico legame con Dio, con gli altri, con la storia, con la realtà quotidiana, con noi stessi...
Un legame totale, completo, per niente esaurito o definitivamente realizzato, ma solo cercato con tutta la realtà perché sia segno di eucarestia nella vita.
La Redazione
in Lotta come Amore: LcA dicembre 1975, Dicembre 1975
Luigi Sonnenfeld
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