Siamo felici di presentare l'iniziativa di un nostro carissimo amico che riguarda l'edizione di libri per una controinformazione a carattere popolare.
Questi quaderni prendono il nome da una frazione agricola dove tre vecchi contadini sopravvivono agli oltre cento per cui ci sarebbe spazio e lavoro. Le case sono abbandonate o abitate da gente estranea.
A dodici chilometri da Piazza del Duomo a Firenze, Ontignano è un simbolo del villaggio lasciato, del potere umano disperso.
I quaderni di Ontignano sono un invito ad abbandonare le proprie piccole regole insieme alle grandi della società artificiale, a costruire il villaggio. Un invito a seguire i valori, e i costumi basati sul lavoro vivo. ad accettare i confini della natura come luogo e l'istante come tempo del compimento umano.
Uno dei capitoli più recenti e più lunghi della riflessione sul sistema capitalistico industriale riguarda i bisogni artificiali.
Molti si sono messi a studiare quel tipo di alienazione che non toglie tanto all'uomo le sue caratteristiche innate, ma gliene dà altre da cui per natura sarebbe alieno. La soddisfazione impropria dei bisogni reali e la moltiplicazione di quelli artificiali sono state ripetutamente analizzate dai recenti movimenti di opposizione politica. Ma in seguito a queste denunce non si è ancora sviluppato il di-battito sui bisogni reali e sulla loro soddisfazione propria.
Per capire l'importanza di un simile chiarimento basta pensare che ci permetterebbe di precisare storicamente e materialmente la società senza classi come obiettivo politico e suggerirebbe un metodo per distinguere i movimenti di razionalizzazione del sistema nascosti dietro una veste protestataria da quelli di vera e propria alternativa.
Con questi Quaderni di Ontignano si vuole cercare alcune risposte al problema dei bisogni reali, lavorando sul concetto che in certi aspetti del lavoro artigiano e contadino e in alcune forme di vita comunitaria si ritrovano segni di quei «Valori d'uso» che vengono sistematicamente distrutti dal capitalismo, nell'attuale fase di industrializzazione avanzata.
Pur senza nulla togliere alla storicità del passaggio all'industria, ci si è chiesti perché, tutte le volte che era possibile, gli operai hanno mostrato fortissimi legami con la loro precedente vita contadina. Questo è avvenuto per la precarietà del lavoro industriale, per l'aumento dei prezzi sul mercato e svariate altre cause oggettive; ma, al di là di tutto ciò - dove è possibile - l'operaio continua a lavorarsi l'orto quasi con disperazione. perché rappresenta una soddisfazione non riducibile in termini economici.
Pur nelle estreme conseguenze della divisione del lavoro c'è, quindi, una ragione di vita troppo più forte della fabbrica; ci sono espropriazioni e rapporti con la natura che non possono essere cancellati e, in realtà, se non vi fosse una struttura economico-sociale che ha distrutto i legami con le cose, l'uomo tenderebbe a non avere divisioni del lavoro così enormi.
I «valori d'uso» sono indimostrabili, perché discendono dai bisogni reali e non possono essere contabilizzati; per questo è anche così difficile parlarne nell'ambito di una cultura mercificante come quella del mondo in cui viviamo.
Senza dubbio lo stravolgimento di questi valori non è meno violento nell'organizzazione industriale della terra che nella fabbrica e per questo motivo se presentiamo un libro sull'orticoltura, non lo facciamo per inserirci nel coro della riscoperta della agricoltura.
Questa riscoperta, in realtà, sottintende forme di riconversione parziale del capitale produttivo in un tipo di organizzazione del lavoro agricolo che rende. mentre alcuni investimenti industriali non rendono più.
Non è la produttività del capitale investito che ci interessa, ma la riappropriazione del lavoro e del proprio essere "umano" sul terreno dei bisogni reali.
Quali sono i bisogni reali? L'agricoltura biologica, nel rispetto degli equilibri ecologici, può risolvere il problema della fame?
Il secondo quaderno è stato scelto per iniziare alcune risposte a queste domande sollevate dal primo.
Tra i bisogni reali cominciamo con quello di un cibo sufficiente e tale da non comportare la fame di nessuno.
Certo, una delle posizioni più comuni a difesa dell'attuale tipo di organizzazione capitalistico-industriale della agricoltura sostiene che "E' necessario aumentare al massimo la produttività per ettaro in modo da risolvere il problema della fame. L'agricoltura industrializzata. pur con i suoi costi crescenti, i suoi concimi chimici, e veleni anticrittogamici, i diserbanti, il suo cieco tecnicismo. permette di ottenere quantitativamente le maggiori produzioni, ed un mondo che ha fame non può pensare alla qualità". Questa posizione ha un enorme peso sull'ideologia dei cittadini progrediti che vogliono "prima le pance piene e poi il resto ...", anche se la pancificazione dell'uomo è una riduzione arbitraria della realtà a una sola delle sue dimensioni.
Questa tesi parte dai beni più economici nell'organizzazione industriale e risolve "il" bisogno più estremo, ma sconvolge e deturpa tutta l'architettura naturale dei bisogni e della capacità diretta di ogni uomo di risolverli.
Facendo questo è probabile che assisteremo allo straordinario e disperato spettacolo che produce l'allontanamento dell'organizzazione economica dalle mani e dai bisogni più semplici degli uomini poveri. Vedremo gente che muore di fame accanto a sconfinate piantagioni di... tabacco, o caffè; tonnellate e tonnellate di alimenti distrutti, perché "antieconomici"; e popoli interi in cui le malattie più diffuse sono dovute a superalimentazione.
Invece bisogna prima indicare gli alimenti necessari per una vita sana e degna di essere vissuta, e poi produrli in quantità sufficiente per tutti gli uomini. E l'agricoltura biologica sembra la via da seguire per una soluzione permanente che coinvolga tutti gli uomini.
L'impostazione vegetariana delle soluzioni prospettate risponde a precisi criteri economici e propone implicitamente, con le testimonianze della Comunità dell'Arca, il tema della fedeltà dei mezzi ai fini nell'ambito del movimento di alternativa dell'attuale organizzazione sociale.
L'esperienza e le proposte del compagno dell'Arca Pietro Parodi, credente, devono aprire un varco nell'ideologia di coloro che, in nome di pregiudizi antireligiosi, tendono a negare ai credenti il diritto alla lingua e al contributo nel dibattito sul fine comunistico-comunitario della emancipazione umana.
QUADERNI DI ONTIGNANO
Manuale di orticoltura biodinamica, di E. Pfeiffer ed E. Riese, Firenze 1975, L. 2.000
Giusta alimentazione e lotta contro la fame, di P. Parodi, Firenze 1975, L. 900.
Chi fosse interessato può rivolgersi alla nostra redazione.
in Lotta come Amore: LcA ottobre-novembre 1975, Ottobre 1975
Luigi Sonnenfeld
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