Gesù e ogni uomo a camminare sulla terra di Dio

Nazareth
agosto 1975
Per il tempo, è già oltre un mese e mezzo, che sono qui in Palestina, ho già camminato tanto per queste strade, fra le montagne, nel deserto, sulle sponde del lago, attraverso le città, specialmente a Gerusalemme. Mi ferma solo il lavoro che mi impegno di fare per pagarmi il vivere quotidiano e spesso la stanchezza che mi vince, ma cerco di abbandonarmi a questa terra più che mi è possibile ano che materialmente, come lasciarsi andare ad un pellegrinare incessante, cammino e corro per le strade come se fosse un perdermi, un lasciarmi portar via, a volte quasi senza una meta precisa, obbedendo ad un richiamo di montagne pietrose di mistero, di vallate che, si vede bene, sono colmate d'infinito.
Non so tutta la terribile storia di millenni che ha percosso e agitato questa terra. So soltanto di camminare attraverso e dentro un mistero di rapporti tra Dio e umanità. E so bene, e lo sento, come qualcosa che si respira, che è la realtà di questi incontri e scontri, quella nella quale sto perdendomi, quasi fino ad esserne travolto e sparire, piccolo uomo, solo occhi, per vedere una terra bellissima e terribile come un po' tutta la terra, ma qui piccolo uomo per essere risucchiato dal di dentro di tutto un mistero che l'anima attenta percepisce chiaramente e il cuore aperto accoglie spesso con trepidazione, quasi con timore e tremore. Perché spesso è troppo quello che trasparisce, si rivela e si manifesta. Fino alla sopraffazione e all'annullamento di sé per il rimanere e l'imporsi, violento, prepotente e adorabile unicamente di Dio.
Perché in fondo sto cercando proprio lui. So bene e credo che qui si è manifestato, ha rivelato cioè di voler abitare questa terra, di mescolarsi qui, in maniera diretta, con l'umanità che da sempre l'abita, di coinvolgersi in tutta una vicenda continuata per millenni e che ancora continua, lo sento, lo vedo bene. L'umanità di questa terra non ha mai in realtà voluto saperne di Lui e in definitiva la sua storia è storia, di allora e di ora, di respinta di Dio, di lotta contro Dio, ma, nonostante gli uomini di ora e di sempre, questa terra è stata e è amata da Dio.
Non saprei dire, perché è proprio impossibile e può sembrare anche cosa strana e assurda, quanto senta, avverta - e mi prende e mi affascina, quasi contemplazione e adorazione profonda al di là di ogni considerazione e formulazione di pensieri, - l'Amore di Dio per questa terra. Diffuso, disteso, come Amore che abbraccia si effonde e si abbandona. Mi verrebbe da dubitare se Dio ha scelto questa terra per Amore del suo popolo, o se si è fatto un popolo appositamente per abitare e «possedere» attraverso lui e in lui, questa terra.
Anche Gesù, Dio venuto ad abitare fra gli uomini, non so bene quanto abbia giocato nella scelta di questa terra, questa zolla di terra perché fosse tutta la terra dove nascere vivere e morire. E fra le tante angosce, deve aver provato anche la pena, misteriosa di Amore, di lasciare questa amatissima terra per andare a morire. A volte mi fermo a cercare di guardare questa sua terra tentando di guardarla come l'avrà guardata Lui, ma sento bene che è appena uno sfiorare l'intensità del suo Amore.
E' terra questa che mi sembra abbia a ribollire di Dio. E' terra vulcanica di Dio. Da ogni pietra alle montagne tutto è segnato di Dio, ne porta l'impronta, ne racconta la vicenda. E' qui che si precisa e si concretizza e diventa storia, Dio nel suo ostinarsi a voler vivere la vita, l'esistenza degli uomini. Da dopo la creazione, il suo rapporto universale fra creatore e creatura ha voluto che diventasse rapporto particolare e si è scelto un pezzo di terra e quindi un popolo.
Non so più quanto sia giusto e la riflessione mi diventa motivo di giudizio attuale, anche in relazione a tutta questa terribile vicenda arabo-israeliana con tutte le implicazioni mondiali che questa vicenda comporta non so quanto sia giusto pensare che Dio abbia eletto un popolo: mi sembra assai più vero, specialmente con riferimento al Mistero di Gesù Cristo, che Dio ha eletto una terra e che a motivazione e a spiegazione di tutta una storia - la Bibbia - vi sia la scelta di una terra, assai più che la scelta di un popolo. O almeno mi sembra che la scelta e il costruirsi un popolo sia a seguito della scelta di una terra, di questa terra.
E' terra promessa. Cioè terra d'incontro, d'alleanza. Segno e simbolo reale, concreto, terra, dove Dio si manifesta rivela sé stesso, chiarisce il suo progetto d'Amore, precisa le motivazioni della creazione del mondo, prepara e dispone dove nascere, vivere e morire, dove vivere cioè tutta la terra, tutto il creato, dove realizzare le offerte più totali del suo Amore, dove poter essere in maniera e misura che di più è impossibile, cioè che Lui è Amore.
E' sacramento di Dio questa terra. E quindi senza pace, senza riposo perché è la terra del contrasto, della lotta degli uomini contro Dio. E della lotta di Dio contro gli uomini.
Porta in se questa terra benedizione e maledizione. La sento con estrema chiarezza questa realtà di opposti, di contraddizione. Qui assai più che altrove si conosce Dio, profondamente, quasi in maniera sensibile come per un incontrarlo, guardarlo, parlarci, ma specialmente per un ascoltarlo, come quando Mosè sul Sinai lo vide ascoltandolo passare, e qui assai più che altrove si conosce e si capisce cosa è l'uomo, l'umanità specialmente nel suo mistero religioso, cioè nelle realtà storica del suo rapporto con Dio.
Sarei tanto felice di vivere qui, lasciandomi andare a questa terra, dove l'avvertenza di Dio è ad ogni passo e dove il se stesso non può che allargarsi, distendersi e perdersi dolcemente e seriamente: perché qui si è anche materialmente nella «promessa» e l'attesa allora è fiduciosa e serena, è già certezza, come essere arrivati perché è promessa di Dio - assicura ogni speranza e ogni certezza di Amore. Ma sento che avrei anche paura, una strana paura, abitare qui. Perché qui si è nella terra di Dio, terra di possesso di Lui. Quasi, mi sembra sua proprietà diretta, personale. E' terra quindi che non ammette patteggiamenti, condizioni, riserve. Dove Dio è tutto e vuole essere assolutamente tutto. L'unico. L'assoluto. Colui che è.
Allora questa terra si scuoterà sempre, come per terremoto incessante. Si spaccherà sempre come alla morte e risurrezione di Gesù. Sarà costruita e distrutta incessantemente. Se c'è terra senza pace, è questa terra. Finchè i tempi della "promessa" non saranno compiuti. E forse sono ancora molto lontani.
Mi angoscia terribilmente questa gente che incontro per le città, le strade, dovunque. Questa civiltà d'uomo che tutto sta invadendo, quasi a sopraffare la promessa e a violarla ancora una volta, facendo proprietà di uomini questa terra di Dio. Mi angoscia, perché al di là di tutte le considerazioni di ordine politico, e possono esserne già chiara indicazione, mi sembra di vedere una spaventosa fatica di uomini condannata a vanificarsi, per un dimenticare che questa è «terra promessa»: terra verso la quale si cammina, dove si vive pellegrinando perché è segno, simbolo, sacramento della verità e realtà più essenziale e insopprimibile: io sono il Signore Dio tuo. Non avrai altro Dio all'infuori di me.
Qui risuona da montagna a montagna questa affermazione - Parola di Dio. La ripetono le vallate a eco profonda, si distende sui campi coltivati e rimbalza sulle pietraie riarse di sole. E' scritto nelle rovine di distruzioni e ricostruzioni senza fine, con la terribile ostinazione dell'uomo che vuole impadronirsi e dominare dove non è suo. Questo tremendo appropriarsi per sé e per i propri progetti di ciò che è di Dio, qui è sacrilegio che Dio non perdona. Gesù lo dichiarava scopertamente e le sue parole sono ciò che Dio pensa di questa terra e di tutta la terra e cioè del rapporto di relatività degli uomini a Dio. E la crocifissione di Gesù - è tutta la Bibbia e storia della crocifissione di Dio - è l'eterna risposta degli uomini.
Sento che questa è terra che non sarà mai terra di conquista. E' terra promessa. Non potrà mai essere posseduta. E' terra condannata ad essere di nessuno, perché è semplicemente e direttamente di Dio. Forse è l'unico pezzo di terra che Dio si è scelto e riservato. Non vi potrà essere volontà d'uomo, volontà di popolo che possa usurpare la proprietà di Dio.
Avverto la tremenda illusione,semplicemente su un piano di Fede e in una sensibilità suscitata da contemplazione misteriosa, avverto la tremenda illusione della storia attuale.
Questa terra ancora una volta respingerà la conquista, rifiuterà la costruzione dell'uomo e la sopraffazione della sua civiltà. E' una semplice legge di rigetto. Mi sembra di sentirlo anche fisicamente. Lo vedo specialmente, nella costruzione delle città. Sono case già morte, non sono nate da questa terra. Costruite come colombari enormi di cimitero. Vuote ad aspettare che uomini vivi vengano a morirvi, come a seppellirsi là dentro nel tentativo di rendere viventi città nate morte.
Questa dolcissima terra del cantico dei cantici. Terra dalla visione sempre nuziale col suo Dio. Terra vigna eletta. La terra delle parabole di Gesù. La terra dove Lui è venuto per compiere la Volontà del Padre. Terra dove scorre veramente latte e miele, ma anche terra che ha bevuto lo scorrere del sangue del suo Dio.


Gerusalemme
settembre 1975
Lo sapevo già per passate esperienze e quindi non mi sorprende, non mi disgusta, non mi crea problemi. A un certo punto viene da accettare gli uomini, cosi come sono, quasi con una rassegna-zione passiva. Specialmente quando la misura di quello che gli uomini sono e mettono insieme con la loro terribile forza di banalizzazione, d'immiserimento, raggiunge limiti che sorpassano ogni im-maginazione e forse anche ogni possibilità di sopportazione, allora uno s'arrende all'accettazione e subisce in pace ogni cosa.
E' certo che lo sfruttamento di Gesù Cristo qui in Terra Santa e particolarmente in Gerusalemme, raggiunge limiti estremi. Ne viene fuori un confusionismo dove è assolutamente impossibile raccapezzarsi, precisare un'idea, capirci qualcosa. Qui è la convergenza, la sintesi localizzata, di tutta la frantumazione del Cristianesimo, del suo sbriciolarsi lungo i secoli in un moltiplicarsi di credenze e di culti fino all'impossibile che possa essere dì più.
Anche qui, e forse particolarmente qui, bisogna fare una terribile fatica di ripulitura, di scrostamento, forse è indispensabile levar via montagne di spazzatura, d'immondizia per ritrovare il volto chiaro e limpido di Gesù Cristo. Bisogna uscire fuori dalla «città» per incontrarlo. E' inevitabile, s'impone assolutamente, liberarsi dalla religione per riconoscerlo. Lasciar cadere ogni culto e vuol dire devozione ma anche liturgia e sacramentalizzazione, è indispensabile per incontrarsi con Lui.
Lo sentivo da tempo che c'è qualcosa che si frappone, si mette fra mezzo e ferma, blocca. E' una porta che dovrebbe introdurre, invece chiude o almeno può chiudere, ma chiude anche quando è aperta. Una strada che deve condurre ma intanto rende il cammino obbligato, costringe a passare di lì e non consente altro modo di avvicinamento.
Una persona addetta per introdurre, disponibile e pronta, grossolana o raffinata che sia, ma deve mediare l'incontro, stabilire i modi, determinare luoghi e momenti. Maniere ben studiate, parole giuste e precise. Ma si rimane degli estranei: specialmente rimane lontano chi dovrebbe essere vicino, immediato, non solo a portata di mano, ma addirittura carne e sangue della propria vita, ragion d'essere del proprio esistere.
Ecco ora basta. Non è più sopportabile una schematizzazione. Un dipendere dagli altri per capire, per conoscere, specialmente per amare.
Ogni artificiosità da qualsiasi parte venga e sia pure motivata dalle ragioni più speciose, va semplicemente respinta. E' falsificazione questa presentazione studiata, architettata, intenzionata.
La superficializzazione è sacrilegio quando si tratta di Dio. La scomposizione della sua interezza, della sua umiltà è annientamento del suo vero essere.
Comincio ad aver paura anche dello studiare eccessivo la sua Parola, il suo progetto di mescolarsi con l'umanità, la sua volontà di vivere la vita umana. E tanto più sento il pericolo di rendere usato e quindi consunto il suo mistero; a forza di averlo fra mano si è lucidato e consumato come la corona del rosario nelle mani di una vecchia devota.
Mi è venuto da constatare che chi ha conservato e costretto a conservare l'idea chiara di Dio sono gli atei e gli ateismi di sempre, compresi quelli correnti del nostro tempo. Sono gli anticristiani - o almeno i non cristiani - che costringono i cristiani a occuparsi più seriamente di Dio, a guardare con più rispetto Gesù Cristo. E' la non Fede che può verificare la Fede. O almeno purificarla perché possa essere più Fede. Ma sembra che sia venuto il tempo - e sta venendo sempre di più - della grande purificazione. Crolleranno le chiese perché il Crocifisso possa ritornare all'aperto, fuori delle mura, sulle piazze, fra la gente, dentro la vita, dentro la storia. Sparirà il clero perché il sacerdozio possa tornare ad essere il popolo. Svanirà il cristianesimo perché la gente possa essere cristiana di Cristo, non delle parrocchie e delle organizzazioni cattoliche. La gerarchia non avrà più alcuna ragione di essere, perché se qualcuno avrà da dire una parola e offrire un'indicazione, questi saranno gli ultimi. Perché Gesù Cristo tornerà ad essere, se di qualcuno deve essere, dei pubblicani, dei peccatori, delle meretrici, dei poveri, degli oppressi, degli emarginati, di chi non è nulla e avranno il miracolo di Lui gli storpi, i lebbrosi, i ciechi, la libertà i prigionieri, la resurrezione i morti. E saranno i non credenti a riconoscerlo Figlio di Dio.
Vi è un grande imbroglio, una falsificazione terribile che dura da secoli 'e secoli, la sostituzione di Gesù Cristo con infinità - è impossibile anche un'ombra d'indicazione a meno di scrivere una storia della Chiesa all'inverso di quella corrente, cioè una storia delle chiese perché non c'è chiesa che si salvi da questo mascheramento - con infinità di cristianesimi fino al punto di una irriconoscibilità di Gesù Cristo.
Avrei tanta voglia d'incontrarmi con Lui, cioè di conoscerlo con semplicità e umiltà. Ma proprio Gesù Cristo. E cioè prima che si desse nelle mani degli uomini, che si lasciasse incatenare e diventasse possesso, proprietà di chi volesse farne quello che più gli piaceva e gli interessava.
Sapere perché di tutta quella sua storia raccontata nel Vangelo. Il significato delle sue scelte, i motivi profondi di tutta una vita. Ma specialmente mi angoscia il non capire la sua morte sulla Croce. Mi sembra di avere capito molto, ma mi manca così tanto da averne paura di questo vuoto. Perché se non so della sua Croce non so niente di Lui. E se la mia Fede in Gesù Cristo non ha questa qualificazione precisa che viene dalla sua Crocifissione, non ho capito niente di Lui e non so cosa possa significare e valere il mio amore per Lui.
Cammino per le sue strade quasi come uno che cerca e guarda qua e là per vedere di ritrovare una persona che pur crede di conoscere. bene e di amare perdutamente, e mi pare d'incontrarla con-tinuamente, la sento col cuore, l'avverto ma mi pare che sia conoscenza come quella di un cieco che non vede.
Vivo sotto il suo cielo e sul suo pezzo di terra, guardo con i suoi occhi e cerco di sentire con il suo cuore, ma è sentimento vago, profondo, insufficiente a darmi la chiarezza del suo perché, della sua vita così particolare - e è quella di Dio, lo so bene, venuto a vivere la vita umana - e di tutta una vita che dovrebbe essere determinata da Lui, costruita da Lui, secondo Lui.
Mi sento lontano, diviso, diverso. Non è angoscia stupida, è constatazione serena, umile, onesta.
Sono cristiano della Chiesa, sono cristiano del cristianesimo, ma non sono cristiano di Cristo. Dopo tanti anni, ancora non so cosa vuol dire cristiano di Cristo. Qualcosa e non dico una vita, qualcosa che si spieghi soltanto, in me con Gesù Cristo. E' terribile. Tanto più che mi sembra d'intuire, sia pure vagamente, i criteri esatti per giudicarmi e specialmente le misure e le sincerità assolutamente insostituibili per un minimo di verità cristiana.
Fondamentalmente manca una realtà di pazzia indispensabile per rompere molte cose cosi da creare le condizioni per valori nuovi, esattamente quelli cristiani.
Gesù non ha camminato per strade costruite, mai, si è sempre aperto la sua strada davanti ai suoi piedi e ha camminato per quella. Oppure ha camminato senza strada, spinto unicamente dallo Spirito, seguendo soltanto un'obbedienza, quella della volontà del Padre. Mi impressiona fortemente quest'unica obbedienza. Questa sua libertà assoluta fino a non riconoscere nessuno, nemmeno sua madre, gli amici, le folle, gli uomini della legge e del potere.. niente all'infuori di questa volontà di Dio. Di questa terribile, assurda volontà del Padre. Quella volontà che aspetta il compimento da realizzarsi soltanto sulla Croce.
Non so capire... oppure non voglio capire. Cioè non dico ancora (ne ho avuto sempre paura e mi accorgo che ancora mi gioca dentro questa paura) non dico ancora: eccomi, sono qui per fare la tua Volontà. C'è una definizione di vendita e di consegna di me stesso ancora non esattamente precisata e compiuta. Dura ancora il tempo forse del patteggiamento. E sento bene che insieme alla mia vigliaccheria e paura fanno buon gioco le prudenze e le saggezze che questa nostra civiltà ha rigorosamente stabilito, i modi e le misure che la Chiesa e questo nostro cristianesimo ha con autorità codificato, rendendo problema di coscienza, di fedeltà alla Chiesa, di unità di popolo cristiano, il non gettarsi nel Mistero di Dio per lasciarsi travolgere nel sovvertimento totale che è Gesù Cristo.
E' proprio vero che spesso è la paura (con tutti i vantaggi che può comportare questa saggia paura) è la paura dell'eresia che impedisce la conoscenza della verità. E' il terrore della non Chiesa e quindi della solitudine che ostacola il poter essere Chiesa. Come è senza dubbio, spesso, il terrore di poter essere non-Amore che rende realmente incapaci di Amore. Forse si dovrebbe rischiare assai di più e con estrema semplicità se veramente, sul serio, si vuole cercar di vivere una fede totale, assoluta in Dio, un Amore da pazzi per Gesù Cristo e per tutto quello che Lui è e vuole essere per l'uomo e l'umanità.
Camminava solo per queste strade. E solo era anche quando le folle lo schiacciavano. Per essere umanità aveva fatto delle scelte e obbediva solo a quelle. Duro e assoluto perché infinitamente Amore.
Il coraggio di essere condannato a morte come bestemmiatore e sovvertitore fino alle misure dell'ateismo. La forza di morire solo - i due ladri e assassini sono solitudine estrema - inchiodato alla croce, come uno schiavo ribelle. Abbandonato anche da Dio.
E' veramente troppo difficile, per non dire impossibile, sapere che cristianesimo deve venir fuori da questo Gesù Cristo.
Nessuno, fino a ora, me lo ha insegnato.
E' assurdo pensare d'impararlo nelle chiese, nelle scuole di teologia, nei manuali di pastorale. E' lasciarsi svanire la preziosità della crisi, scavata dallo spirito nell'anima, aspettare di conoscerlo e che lo insegnino i Concili, i Sinodi, i documenti, la predicazione, i vecchi e i nuovi catechismi..
Nemmeno gli amici me lo insegnano questo cristianesimo anche perché, in definitiva, pur chiedendomi molte cose buone, nessuno mi chiede o meglio ancora pretende, spietatamente, che io gli insegni questo cristianesimo. Anzi, quando appena appena, qualche volta affiora una possibilità di precisazione e di più chiarezza e si accennano richieste che forse accogliendole, avvicinerebbero quasi a toccar con mano la necessità e inevitabilità di scelte seriamente capaci di sincerità cristiana, allora è il momento in cui anche l'amicizia va in crisi. E' il momento in cui si perdono gli amici.
Mi sembra sempre più di capire e quello che capisco mi condanna irrimediabilmente: non so niente di Gesù Cristo e del suo cristianesimo perché ho avuto sempre paura - e ho paura - di rimanere solo. Senza Chiesa e senza amici. Solo come uno che è additato come pazzo, da guardarsene anche se non porta la camicia di forza. Solo come uno inchiodato alla Croce anche se muove le mani e i piedi.
Sul Calvario, nel luogo dove è stata innalzata la Croce, dove Gesù è morto in quella sua solitudine estrema, vi sono tre o quattro monaci ortodossi greci che si avvicendano a vendere candeline (che poi spengono quanto prima) a ricevere offerte, eccetera. Hanno questo luogo in appalto dal patriarcato. In appalto dove Lui è stato crocifisso. E' la sua solitudine.
E' di qui dove bisogna aver il coraggio e la Fede e l'Amore, di cercare di muovere i primi passi per avvicinarci a poter capire qualcosa del cristianesimo di Gesù Cristo. Perché almeno tentar di capirlo assolutamente bisogna.


don Sirio


in Lotta come Amore: LcA ottobre-novembre 1975, Ottobre 1975

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