L'amministrazione dei sacramenti è oggi un grosso problema nella Chiesa. Nella nostra Chiesa locale di Lucca si stanno stringendo i tempi per la realizzazione di un direttorio diocesano. Se ne parla tra preti, si affrontano discussioni con i giovani, con i babbi e le mamme, preoccupati di un probabile rialzo dei «costi» dei sacramenti, si assiste ad un certo movimento negli ambienti parrocchiali per adeguarsi alle nuove esigenze catechetiche.
Se abbiamo manifestato perplessità, non l'abbiamo fatto per difendere la pratica in uso fino ad ora, ma in quanto l'esigenza di un rinnovamento serio è così sentito da parte nostra per i problemi che comporta in tutta la realtà della Chiesa, da spingerci ad affrontare il discorso con il grande desiderio di arrivare a decisioni veramente fondamentali.
Siamo quindi contenti che nella Chiesa italiana e nella nostra Chiesa di Lucca si stiano per prendere decisioni piuttosto serie recuperando il sacramento al suo vero significato di segno di fede e togliendolo da un avvilente contesto di tradizioni e convenienze. Del resto è quanto da anni stiamo cercando di fare con quanti ci hanno chiesto di prepararsi con noi alla celebrazione del matrimonio, della messa di prima comunione, del battesimo, dell'eucarestia domenicale, della .riconciliazione.
Scrivevamo due anni fa: «L'importante è liberare la coscienza cristiana dalla inevitabilità dei «sacramenti», dal credere i «sacramenti» come condizione indispensabile per l'essere cristiano. Perché il Sacramento, ogni sacramento, è l'incontro di una volontà di ricerca, di una programmazione cosciente di esistenza cristiana, con quella precisa realtà esistenziale ritrovabile in Gesù Cristo e in Lui, attraverso Lui e con Lui, ottenibile nella propria vita. Ogni sacramento è profondo, insondabile mistero di collaborazione nel quale l'attività creatrice appartiene a Dio, l'attività accogliente appartiene all'uomo per il concepimento e la nascita e la vita di un'esistenza tipica, particolare, caratterizzata, la vita cristiana, cioè la vita nuova iniziata da Cristo e che continua nel cristiano e quindi nel Popolo di Dio che è la Chiesa.
E' in questa visione profondamente religiosa della vita e dell'esistenza umana, storicizzata in Cristo e nella Chiesa, che troviamo e crediamo le misure di Fede indispensabili ad una sacramentalizzazione. Questi segni sacramentali che costituiscono la Vita, attualizzano cioè l'opera di Dio nel mondo provocandone la consapevolezza.
Questi sette sacramenti che provengono dalle diverse condizioni della vita raccogliendone i momenti più decisivi e determinanti perché tutti e ognuno possano condurre alla pienezza di vita in Gesù Cristo in una risposta piena e perfetta al progetto di Dio.
La sacramentalizzazione, così come viene vissuta o per peggio dire «amministrata» nella pastorale del nostro tempo continua a contenere, a esprimere, a concretizzare, a dare coscienza e consapevolezza di questa misteriosa e adorabile opera di Dio nel mondo?
E' questa la problematica che ci angoscia profondamente».
Ancora oggi ci poniamo questo interrogativo, forse con maggiore fiducia e serenità.
Abbiamo voluto riunire alcune nostre riflessioni sulla celebrazione dei sacramenti per poterla insieme approfondire e discutere.
La comunità del Porto.
UNA SCELTA DI FEDE
Evidentemente è il momento fondamentale di una coscienza cristiana rinnovata. La gente non sarà più chiamata a scegliere di sposarsi in comune o di non battezzare i figli nei confronti di una «normalità» per cui è logico sposarsi in Chiesa e battezzare i figli. Avverrà il contrario, ma come sarà concretamente possibile se non saranno abbattuti alcuni ostacoli per una scelta libera e serena? Sicuramente i sacramenti rappresenteranno sempre meno momenti legati ad interessi e motivazioni che non siano strettamente di fede. Sarebbe meschino pensare che sia sufficiente eliminare i motivi folkloristici e sentimentali: e chiaro che sarà la vita della Chiesa realizzata attraverso scelte di povertà e di solitudine, rinunziando ad ogni collusione con il potere, ad ogni privilegio concordato, a tutto un giro di quattrini e di banche, ad ogni forma di autoritarismo clericale... , sarà la vita di fede di una Chiesa rinnovata a proporre un volto non appetibile per motivi umani ma solo per l'intelligenza della fede.
E questa fede se sarà davvero l'unica spinta decisiva per partecipare alla vita della Chiesa, non potrà accettare una messa condita da svenevoli canticelli, aperta alla vita attraverso le scontate e asettiche intenzioni dei fedeli, ma esigerà un vero incontro tra fratelli anche senza la convenzionale stretta di mano prima della comunione, purché sia realizzato in un confronto aperto con la Parola di Dio, in una accoglienza dei diversi motivi di fede, in una ricerca di comunione volta volta ritrovata. Non sarà quindi possibile - mi sembra scontato - accogliere come criterio di ammissione ai sacramenti la partecipazione alla Messa finché essa rimanga legata ad un precetto e sia realizzata in una convenzionalità rituale sia pure senza sbavature. Non bisogna dimenticare che anche la Messa è un sacramento, il principale anzi, e quindi non può essere partecipato per scelta di fede se non perde tutti quegli elementi pietistici e devozionalistici che impediscono una seria provocazione alla fede.
Non possiamo quindi non essere d'accordo con questa ricerca e con questa impostazione di rinnovamento sacramentale in quanto non potrà non portare un rinnovamento nella vita di tutta la Chiesa. Il sacramento dell'ordine infatti non proporrà più al servizio della Chiesa organizzatori infaticabili, esecutori zelanti, uomini della legge, ma cristiani convinti di essere donati da Dio alla Chiesa perché questa non rimanga impastoiata nella sua pastorale, infagottata in quattro cenci rituali, illusa di poter stare «nel mezzo» alle tensioni umane, senza compromettersi, sicura di poter essere più furba di Colui che l'ha fondata e di poter scegliere la croce su cui essere inchiodata.
Una Chiesa quindi rinnovata nella sua gerarchia, nel suo incontrarsi intorno all'altare, nelle responsabilità di ogni credente, nell'incontro quotidiano con la vita.
Non possiamo non credere che questi siano i motivi che sorreggono le nuove esigenze in materia di sacramenti. Non possiamo non credere che le riforme in atto non si :limiteranno ad una serie di provvedimenti restrittivi aggravando i pesi sulle spalle della gente. Se così non fosse sarebbe un imbroglio terribile.
D'altra parte ogni sforzo per chiarire le motivazioni di fede sarà ambiguo nella misura in cui ogni altra motivazione sia stimata negativa o comunque insufficiente ad una seria responsabilizzazione nei confronti dei valori della vita. l bambini non battezzati perché i genitori non vivono nella fede, non dovranno più essere immaginati come potenziali clienti di un limbo di condanna o come figli naturali non riconosciuti da Dio Padre. E' troppo vicino il tempo in cui si doveva battezzare il figliolo entro otto giorni (da noi tre soli) pena il peccato mortale, perché ora si possa fare tranquillamente il viso di chi ha le mani pulite. Levatrici zelanti con la coscienza formata da preti di provata pietà bagnavano in fretta la fronte di un neonato i cui genitori non fossero sicuramente praticanti, per salvare la creaturina dal peccato originale Ora gli stessi preti confortati dallo stesso vangelo diranno cose tanto diverse, tuoneranno contro le credenze magiche della gente, dimenticando di essere all'origine di tanta ignoranza. Così per quanto riguarda coloro che si sposano civilmente potrà ancora essere valida la qualifica di «concubini» e tutta la diffidenza che provocano coloro che sono in odore di peccato?
Non sarà forse necessario un itinerario «penitenziale» che porti cristiani e preti ad un incontro e ad una «riconciliazione» con situazioni su cui pesava e pesa tuttora un giudizio negativo? Non dovremmo noi passare il tempo più con coloro che sono in tali situazioni che tra noi?
Avere un'attenzione delicata e una preoccupazione seria per i valori che essi possono incarnare? Certo che chi é pronto a scandalizzarsi ed è abituato a valutare la fede in termini di privilegio non sarà d'accordo e accuserà di populismo, di comunismo, di compromissione politica, di turbamento di idee. Ma non hanno rimproverato anche Gesù di passare il suo tempo con le prostitute e i pubblicani?
E' venuto quindi il tempo in cui la Chiesa può ritrovare un posto nel mondo che non sia legato a privilegi e a criteri di giudizio capaci di assurde discriminazioni. Una Chiesa aperta ad ogni incontro. incapace di diffidenza perché priva di ogni potere, sicura solo delle promesse di Dio. Solo una Chiesa dal cuore nuovo può esprimere segni rinnovati.
LA PREPARAZIONE
Se le cose sono fatte seriamente, se non vi sono preti che intendono e praticano la evangelizzazione come una pura e semplice trasmissione della dottrina della Chiesa se il fatto non si riduce ad una serie di spiegazioni e a qualche momento passato insieme, la preparazione dovrebbe essere un tempo di intensa riflessione perché possa maturare una scelta di fede più autentica, senza escludere anzi riproponendo scelte diverse perché vi sia sempre un'adesione in libertà.
E' forse poco benevolo pensare che in pratica la preparazione possa essere realizzata quasi come una condizione che di per sé porti al sacramento, una dilatazione del momento «magico» del rito che abbraccia tutta una serie di incontri catechetici?
D'altra parte è onesto ricordare che anche prima che una preparazione fosse obbligatoria, c'era chi avvertiva la necessità di un aiuto per accostarsi ai sacramenti in modo serio e chi invece appoggiava tutto alla pronunzia di precise parole e al compimento di determinati gesti. Questo fatto è alla base della confusione nella testa della gente che non riesce a capire che la separazione non è una serie di carte da ottenere (sono sempre vivi quelli che per fare comunione a Pasqua dovevano mostrare il foglietto della avvenuta confessione e conseguente assoluzione). ma un cammino compiuto insieme per prendere seriamente e responsabilmente una decisione di importanza vitale. Non dovrebbero quindi essere considerati preparazione seria un insieme di catechismi o di conferenze sia pure esaurienti sotto il profilo del pensiero cristiano, predicozzi più o meno centrati, spiegazioni rituali e liturgiche con applicazioni moraleggianti.
Una preparazione che tenga conto di una scelta di fede all'inizio, per una chiarificazione crescente della vocazione personale, per una responsabilizzazione concreta nella comunità a seguito della propria vocazione per un inserimento progressivo mai concluso nella globalità della proposta di Cristo che coinvolge tutta la comunità, non può non rappresentare un momento di crescita proprio per una presenza resa più adulta e più chiara da un approfondimento della fede.
Non si «amministreranno» quindi più sacramenti a conclusione, ma come inizio di un'esistenza e di un impegno nuovo. Una preparazione non potrà collocarsi nel quadro di discorsi generici ed esortativi, ma dovrà individuare punti precisi e linee caratteristiche per una autentica testimonianza cristiana.
Se questo è ciò che viene proposto, la Chiesa non sarà più il luogo delle parole astratte, delle espressioni forti, ma generiche e scontate, del panegirico della dottrina cristiana dimenticando i tradimenti storici, ma il luogo dove la vita di fede si cala nella storia concreta per una trasformazione possibile solo per la potenza di Dio. E la Chiesa non sarà più neppure dominio di pochi che tengono il potere di fare e disfare, di dare patenti di competenza, giudizi di merito, indicazioni da seguire, ma sarà luogo dove ciascuno ha la responsabilità di un contributo specifico per una vita ed una seria riflessione cristiana.
A seconda di come questa preparazione sarà effettuata, i sacramenti potranno divenire sempre più autentici segni di fede, oppure potranno rimanere chiusi in significazioni devozionali e spiritualistiche a condanna di una Chiesa che a parole e solo a parole sa essere coraggiosa. Perché questa seconda ipotesi non si avveri, molte cose dovranno cambiare e non sarà davvero facile come cambiare un messale o un rito particolare: sarà questione di una riforma profonda della mentalità di fede e dello stile della Chiesa. E' quanto da sempre andiamo sognando anche se ci sentiamo tanto incapaci e tanto lontani nella nostra vita pratica.
don Luigi
La Comunità del Porto
in Lotta come Amore: LcA luglio 1975, Luglio 1975
Luigi Sonnenfeld
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