Liberare Gesù Cristo

Ho letto un articolo sul «Giorno» del l0 aprile, articolo scritto da un appartenente a «Comunione e Liberazione», quel grosso movimento particolarmente di giovani che sta dilagando nel Nord in un progetto di recupero di forze giovanili cattoliche per un rilancio di una forza organizzata capace di alternative o se non altro di un riempimento di vuoti paurosi, lasciati scoperti dallo svanire delle associazioni e organizzazioni cattoliche.
Chi scrive cerca di chiarire le motivazioni, l'impegno pratico, là dove Comunione e Liberazione vuole arrivare. L'esposizione vuol essere estremamente innocente, fin troppo per non rivelare quanto è intenzionalizzata a effetto: ma che bravi questi ragazzi. Leggendo pero un po' alla smaliziata, non può non venire in mente l'antica, gloriosa canzone, quella della «Gioventù cattolica in cammino». Ma lasciamo andare.
Non è che m'interessa in questo momento di fare particolari riflessioni su questo articolo apparso sul «Giorno», nemmeno m'importa di occuparmi di Comunione e Liberazione: quello che più preme è una ricerca di Chiesa, di presenza cristiana in questo nostro mondo e nel momento che Dio ci ha dato da vivere, collaborando per quanto può essere legato a noi (e a ciascun cristiano) all'azione dello Spirito per il Regno di Dio nella storia, nel cuore dell'umanità. E' semmai sugli impegni di questa ricerca che mi ritorna assai problematico e difficile un'accoglienza e un gradimento di «Comunione e Liberazione», così come mi risulta da quel poco che ne co-nosco. Tanto più che quando entra in gioco questa ricerca di rinnovamento, di primavera, di ringiovanimento della proposta che vuol rifarsi a Gesti Cristo, non può non venire in mente la paraboletta della pezza nuova sul vestito vecchio e del vino nuovo in otri vecchi.
Da quell'articolo di cui sopra, vorrei invece riprendere una brevissima affermazione, anche se è tematica d'infinto problema, come del resto nota anche l'articolista. Per che cosa esiste CL? Per qualcosa di semplice e insieme di difficile da comprendere al mondo contemporaneo: la fede in Gesù Cristo».
Quest'affermazione così dichiaratamente qualificante di tutto un movimento, ripensata durante una nostra riflessione comunitaria del brano del Vangelo di Giovanni del capitolo 6, 22-29 «... in verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati ... questa è l'opera di Dio, credere in Colui che egli ha mandato», quest'affermazione ha comportato l'allargarsi a tutta una dolorosa, conturbante constatazione e alla necessità di un impegno, umile e rispettoso quanto si vuole, ma anche profondo e decisivo per una sincerità di Fede e di Amore. a Gesù Cristo, prima di tutto, e poi per una possibilità di una presenza chiara e libera del Cristianesimo nel mondo.
Mi è venuto, come quelle visioni d'insieme che si spalancano con un semplice sguardo o come quelle intuizioni o impressioni che in un momento riescono ad abbracciare secoli e secoli di storia, mi è venuto da riflettere su un fatto che ha reso praticamente impossibile la conoscenza chiara e limpida di Gesù Cristo da parte dell'umanità che lungo i secoli ha avuto possibilità d'incontrarsi con lui.
C'è una spaventosa responsabilità storica che pesa in maniera e misura spaventosa nella cristianità, un tremendo peccato identico a quello di quel gruppo di soldati e di servi (e tanto più, come sempre, dei loro mandanti sommi sacerdoti, sinedrio e farisei) quando segnarono l'inizio della passione e crocifissione di Cristo: l'impossessarsi di lui, il diventarne padroni, il poterne fare quello che volevano.
Da quel momento si è iniziata una nuova storia di Gesù Cristo, mai verificatasi fino a quel punto, la storia del cristianesimo storico, per dir così: Gesù che si abbandona agli uomini, lascia che s'impadroniscano di lui, che lo leghino, lo portino dove vogliono, ne facciano ciò che più a loro piace e interessa, lo inchiodino alla croce: non cambierà niente di questo abbandono di Gesù Cristo nelle mani degli uomini lungo i secoli e i millenni, anche perché non cambia niente che chi si appropria di lui e se ne fa un possesso siano i cristiani, le cristianità, le chiese, la Chiesa.
E' constatazione che sgomenta questo incessante impossessarsi di Gesù Cristo, proprio di lui, della sua persona, del suo pensiero della sua Parola di tutto il suo Mistero, per questo abbandonarsi nelle mani degli uomini, dei loro pensieri, progetti, interessi, passioni, privilegi, sfruttamenti. Lasciando fare, accettando e subendo tutto, assolutamente tutto, fino al punto che sopra di lui hanno imperversato tutti, se ne sono approfittati tutti, ne hanno fatto e disfatto tutto quello che hanno voluto, da far pensare che il racconto della sua passione e morte ne è appena un segno, una semplice e chiarissima indicazione, una sintesi in due giorni di una storia che dura da duemila anni.
Mi è difficile, impossibile, intravedere il motivo di questo perdersi di Gesù Cristo nelle mani degli uomini, questo lasciare che non abbia più «l'aspetto di uomo» e tanto meno i segni di Dio a seguito di questo lasciarsi appropriare, possedere da chiunque e così tanto che qualsiasi fede in Lui si è sentita autorizzata. e in dovere di ridurlo a proprietà privata, assolutizzandone il possesso fino a servirsene quasi in adempimento di un servizio reso a lui di un atto di fede, di amore, di zelo cristiano.
E' spaventoso questo appropriarsi di Gesù Cristo da parte dei cristiani, delle cristianità. Tanto più che questo appropriarsi di lui è sempre per farne un valore di componenza, di supporto, di copertura o al massimo d'integrazione a progetti, interessi, sfruttamenti a livelli sfacciatamente temporalistici, contingenti, economici, politici, oltre che tipicamente di persone, di famiglie, di gruppi, di associazioni, di organizzazioni, di classi sociali, di aristocrazie nobiliari e spirituali, di culture, di civiltà, di popoli e di continenti.
Il cristianesimo - da quando le croci furono issate sui labari delle legioni romane e cioè da quando i cristiani hanno smesso di morire in una purezza disintenzionalizzata da qualsiasi motivazione, a parte il chicco di frumento caduto in terra e il pugno di lievito e di sale e cioè come Cristo in croce, per una lotta contro il disamore e la disumanità in forza di un verginale motivo di Amore, e ogni volta che i cristiani non sono morti (anche se ovviamente non sempre si tratta di versare il sangue) di questa stessa morte - il cristianesimo è una storia sconcertante di una incessante strumentalizzazione di Gesù Cristo. E' la storia di uno spietato appropriarsi di lui e di tutto quello che lui è e può significare per riuscire a contrabbandare o a camuffare, più o meno sacrilegamente, la ricerca di far passare come cristianesimo, come Amore e fedeltà a Gesù Cristo qualsiasi programma o progetto o tentativo o realizzazione da affermare e attualizzare per intenzionalismi e finalizzazioni quasi sempre (è qui che l'analisi dovrebbe essere spietata e affrontata finalmente dalle cristianità) inconciliabili e spesso all'opposto del pensiero, della parola, delle scelte di Gesù Cristo e cioè del Gesù Cristo libero, chiaro come la luce, solo di una solitudine totale, indipendente da qualsiasi determinazione o utilizzazione all'infuori della volontà del Padre e della legge dell'Amore, come appare con estrema chiarezza dalla semplice lettura del Vangelo.
Non mi è capitato, per quanto mi ricordo, di leggere o di sentir parlare di quest'adorabile libertà di Gesù Cristo, rivendicata. conquistata e difesa nei confronti di tutto e di tutti: da qualsiasi valore capace di legare, da qualsiasi persona capace di condizionare. Libertà assoluta da sua madre. dalla sua terra, dal suo popolo, dalla sua città, dai suoi discepoli, amici, dalle folle, da qualsiasi prospettiva, difficoltà, contrasto, inimicizia, ostilità, autorità, potere... una libertà chiara, limpidissima, trasparente, totale, perché anche la croce e i quattro chiodi che ve l'hanno inchiodato sono segno e misura suprema della sua libertà.
E' dopo, nella storia cristiana, del cristianesimo, della Chiesa, che si è iniziato un progressivo e sempre più imprigionante appropriarsi di Gesù Cristo.
A poco a poco, ma violentemente e senza un'ombra di rispetto, Gesù Cristo è stato confuso, mescolato, amalgamato, identificato con le cose umane, nei problemi terreni, nelle realtà temporalistiche, è stato semplicemente e terribilmente storicizzato in una incarnazione strana e assurda perché diventata sopraffazione di lui fino alle strumentalizzazioni più sfacciate e sacrileghe.
Ne è venuto fuori non solo un cristianesimo, ma anche un Gesù Cristo non più figlio di Dio e di Maria, ma un prodotto complesso, indecifrabile, una risultanza confusa e inafferrabile, ormai una mescolanza di cui lui è un certo ingrediente per ottenere un preciso effetto, ma specialmente una etichetta capace di cristianizzare qualsiasi cosa, impresa, organizzazione. ecc.
L'esemplificazione storica sciaguratamente equivale alla storia della cristianità. Ai nostri tempi sta continuando impietosamente sia nei confronti di Gesù Cristo come nei confronti del popolo cristiano e specialmente dei poveri. Perché questa mescolanza di Cristo, la sua devozionalizzazione e quel voler cristianizzare e battezzare ogni cosa, diluendolo e rimescolandolo con uomini, organizzazioni, imprese, ecc., è impedire che al povero popolo si manifesti la potenza di liberazione che è Gesù Cristo.
Continua il peccato di quella sera di giovedì quando si è conclusa la meravigliosa storia della libertà di Cristo e si è iniziata la storia della prigionia di Cristo, dentro le mura e le sbarre della fede dei cristiani.
Anch'io ho questo tremendo peccato sulla mia coscienza di cristiano e di prete.
Avverto questo peccato - e chi può misurarne la gravità? - nella Chiesa, specialmente negli uomini che hanno responsabilità nella Chiesa.
Lo sento nel movimento «cristiani per il socialismo» tanto per rifarmi a impegni cristiani attuali, come ne appare segni evidenti in «Comunione e Liberazione». Sono di qui le mie diffidenze più motivate.
Non so quando comincerà questa liberazione di Gesù Cristo dall'impastoiamento con il quale i cristiani lo legano a se stessi e ai loro interessi, non so chi potrà operare questa purificazione di Gesù Cristo dall'inquinamento di tutta una sacrilega strumentalizzazione, tanto meno posso sapere - anche se è problema che va affrontato ad ogni costo - come sarà possibile questa decantazione di una mescolanza grigia, inqualificabile, nella purezza dei colori della luce di Gesù Cristo.
La Fede in Lui e l'Amore sempre più si realizzano unicamente in questa ricerca di oggettivazione di Gesù Cristo, liberandolo e purificandolo in modo che sia lui e non una mescolanza dì lui con me, con te, con noi, con voi, con il tale gruppo o con tal altro, con tale popolo, con tale civiltà, con tale chiesa, ecc.
E' il caso di credere che ciò che è impossibile agli uomini non è detto che sia impossibile a Dio. E forse questa «decantazione»; questa liberazione di Gesù Cristo, lo Spirito Santo l'ha già iniziata In questo nostro tempo: potrebbe anche essere che la gran crisi che sta travagliando le istituzioni e le strutture cristiane ne sia un segno, un avvio. O se non altro una speranza.


don Sirio


in Lotta come Amore: LcA maggio 1975, Maggio 1975

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