Nel grande carrozzone che è l'ospedale il problema risanamento diventa marginale.
In questa piccola città, in questa isola a se stante, completa di tutte le caratteristiche delle isole compresa la mentalità particolare con il senso spiccato dell'appartenenza e della proprietà e la sensazione di un mondo diviso - si intrecciano le situazioni più diverse, interessi opposti difficilmente componibili, brani di vita (dolore morte vita e amore) giochi di potere, compensazioni personali.
Quello che occupa la mente del personale medico e paramedico durante le ore lavorative non è cer-tamente il malato.
Sono i privilegi piccoli o grandi da acquisire ad ogni costo, occhi e orecchi sempre aperti per cogliere quello che interessa. E' la possibilità di carriera da favorire e proteggere. E' il non lasciarsi pestare i piedi da nessuno e non cedere mai ad ogni costo.
Quotidianamente, in modo ottuso ed ostinato che tende ad assorbire tutta la capacità di attenzione si antepone l'interesse individuale a quello collettivo.
E' la tecnica, la conoscenza, il mestiere acquisito che occupa un'altra parte dell'attenzione. Guai condividere tutto ciò che si sa, io non sarei più io. Un altro mi ruberebbe il posto.
La conoscenza e la scienza vengono capitalizzate e rese proprietà privata.
Ancora una volta per interessi personali la conoscenza collettiva non viene aumentata.
Nel gioco di questi interessi difesi in modo accanito con tutte le proprie energie, e con doti di fantasia inesauribile, si assume un atteggiamento di superiorità nei confronti del malato che diventa oggetto del momento diagnostico e terapeutico, oggetto di cure e di ordini da eseguire - certamente mai soggetto e protagonista della lotta contro la malattia, l'ignoranza che fa ammalare, la non volontà di scoprire la causalità dei mali.
Mai compagno particolarmente privilegiato perché carico di diritti della lotta contro il privilegio, la pri-vatizzazione della scienza, l'individualismo.
La persona malata è sola con se stessa soprattutto col suo male; specialmente una volta che ha scoperto ciò che vi è dietro la commedia della visita e della terapia; la routine giornaliera forzata ed assurda certamente non fatta a misura umana.
Non è facile pensare cosa si può fare in questo stato di cose, in un sistema che, compatto, si difende come può ad ogni minimo attacco che metta in dubbio uno dei suoi postulati: l'unica possibilità sono proposte alternative piccole o grandi anche semplici, che vadano dal diritto all'informazione per il malato ed i familiari, non elargito come una elemosina passando frettolosi per i 'corridoi, ma dato regolarmente più volte alla settimana con puntualizzazioni sul decorso della malattia; allo spezzare fra noi infermieri la gerarchia levando le differenze fra capo-sala professionale e generica e lasciando che la diversità sia su un piano di competenze e di qualità personali, mai di "grado"; a un rapporto diverso con i medici nell'ambito del quale si possa esigere da loro una prestazione più attenta e più assidua (basta con i medici che trascorrono il tempo pieno a leggere seduti su un divano); formazione del personale attraverso corsi non solo di formazione professionale, ma anche di coscientizzazione politica che possa offrire il senso del "collettivo" come alternativa all'"individuale"; e perciò suscitare nei lavoratori un interesse crescente alla gestione dell'ospedale come cosa pubblica quindi anche nostra.
Tutto questo per tentare di spezzare la catena di privilegi su cui si regge l'impalcatura e porre, almeno noi infermieri, a fianco dei malati.
in Lotta come Amore: LcA maggio 1975, Maggio 1975
Luigi Sonnenfeld
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