La schiavitù della legge

Fra le tante cose che lasciano perplessi e a voi perfino sfiduciati negli uomini che governano la Chiesa, è la loro fede nella legge, cioè nelle leggi, nei codici, nei trattati, nei concordati, ecc., e quindi in tutte le istituzioni, governi e stati capaci di fare leggi specialmente particolari leggi, costringenti e limitanti, purché non si tratti, ovviamente, della libertà religiosa.
Salvata questa famosa libertà religiosa che molte volte s'identifica in possibilità e giustificabilità, a norma di leggi, del privilegio, l'uomo, la sua coscienza la sua personalità, la sua originalità, la sua identità e quindi la verità di se stesso e dei suoi rapporti è affogato dalle leggi.
Il vivere è costrizione, è il tutto sistemato, incasellato, imprigionato da norme stabilite, da leggi inflessibili, da legislazioni praticamente immutabili. E tanto più il convivere, il camminare insieme la realtà del vita, il costruire l'esistenza, fino alle insignificanze più trascurabili, è già tutto contemplato, studiato, sviscerato e trasformato in leggi, dall'arteria iugulare fino ai capillari più minuti della convivenza umana, familiare, sociale, religiosa, politica, senza assolutamente nessuna possibilità di una boccata d'aria, a pieni polmoni.
Venire al mondo vuoi dire, sostanzialmente, entrare in un ginepraio spietato da cui è impossibile salvarsi, è girovagare in un labirinto dal quale non esiste uscita, è immatassarsi, ad ogni giorno che passa, in un groviglio di rannodamenti che a un certo punto, trovarne il bandolo (e cioè la sensazione che possa esistere la libertà, cioè se stessi) è semplicemente roba da pazzi.
Se questa è civiltà, il suo prezzo è la schiavitù incosciente per fortuna, per il motivo assai banale che le catene e i ceppi e la prigione e il carcere duro e domicilio coatto, non vengono mai in tutto il loro spietato volume, in tutta la loro crudele cattività, ma a poco a poco, un po' ora e un po' dopo, quando in momento e quando in un altro, in una occasione in un'altra. E' una schiavitù sbriciolata, quasi inavvertibile e impalpabile, ma spessa e pesante. E' un po' come il carcerato che si accorge di essere in prigione quando passeggia in cortile e arriva al muro cinta con pochi passi o quando è nella cella per il brevissimo giro del suo muoversi.
Non è vero che la legge è per garantire e salvaguardare la libertà, è semplicemente per ridurla a misure che non possa essere vissuta: tant'è vero che la libertà cosiddetta di tutti è in proporzione a quanto diminuisce, è limitata e oppressa la libertà di ciascuno.
E' veramente tragica, o se si vuole, tragicomica la condizione della libertà umana che per essere salvata deve essere abolita o almeno intricata in modo tale da comportare il rassegnarsi alla sua rinuncia.
E' veramente angosciante l'esperienza storica personale che la possibilità di libertà sia quella rivendicabile a base di codici, di avvocati, di magistrati: sia inevitabile strapparla pezzetto per pezzetto alle leggi ricorrendo e facendo valere altre leggi e quindi sarà sempre libertà filtrata e gocciolata dalla legge,
Perché il grande terribile, impietoso padrone e la legge. E cioè gli uomini della legge. Gli innumerevoli uomini della legge. Tutti gli uomini che hanno bisogno di difendere la libertà dell'uomo perché questa difesa e affermazione vuol dire autorità, potere, ricchezza, vanità, tornaconto, ecc.
Ma tutto diventa assurdo, impossibile a sopportarsi, perché totalmente all'opposto del pensiero di Dio e di Gesù Cristo e dello Spirito, quando sono gli uomini di Chiesa a confidare così ostinatamente nella legge. A moltiplicare senza fine le leggi. A gravare sulle coscienze a forza di leggi. A uccidere la libertà a colpi di legge. A spengere l'iniziativa, a schiacciare ogni novità, a sopprimere l'inventività, livellando tutto, schematizzando ogni cosa, inquadrando a vie obbligate, in repressioni sistematiche, qualsiasi ricerca personale, comunitaria, di popolo, di pensiero e di prassi, di Fede e di Speranza... tutto a forza di leggi.
Quest'adorabile inventività che può anche nascere dalla violenza dello Spirito non ha possibilità di rivelarsi e tanto meno di offrirsi, se non passa attraverso il crivello strettissimo di tutta una legislazione soffocante, di un precettismo a forche caudine, di tutta una sistemazione pastorale a senso unico, un liturgismo studiato a freddo dagli specialisti, un moralismo con prevalenze assolute, per non dire esclusive, del proibito.
Una volta era indiscutibilmente così e ogni cristiano, ma specialmente ogni sacerdote, ne porta esperienze angosciose di tutta quella cultura canonica, morale, liturgica, pastorale, dove l'unico movimento possibile era quello di accoppiare le mani, chinare il capo e battersi il petto.
Dopo è venuta la liberazione - per così dire - quella del Concilio Vaticano II. Le riforme famose della liturgia, le aperture sorprendenti del codice del diritto canonico, ecc. Ma tutto è stato ed è un mettere leggi al posto di altre leggi, ripulite e lustrate dalla ruggine fino al punto da sembrare come nuove.
La liberazione del Vangelo è ancora un sogno, adorabile e meraviglioso, ma sembra sempre più irresistibile, quasi un'assurdità, un'utopia.
E' la liberazione realizzata da Gesù fra il popolo del suo tempo, nella pienezza di tutto il suo valore di prospettiva e di ricerca dell'uomo - di ogni uomo - nella sua realtà e dignità di Figlio di Dio.
Non è facile accettare che la Chiesa, continuità di presenza storica, visibile, di tutto Gesù Cristo e quindi e tanto più della sua potenza di liberazione e di salvezza per tutto il popolo - non sia a compiere nel tempo e quindi tanto più in questo nostro tempo che manifesta segni prepotenti di voglia incontenibile di liberazione e di novità d'esistenza, quest'opera di liberazione, di ritrovamento cioè dei valori fondamentali della libertà dell'uomo e dell'umanità, secondo !'insegnamento di Parola e di vita dell'unico Maestro di libertà che è Gesù Cristo.
Affligge sempre e umilia profondamente la Fede del cristiano e del popolo di Dio, questo ricorrere alle leggi e alla saldezza del potere e all'imposizione dell'autorità da parte della Chiesa gerarchica, per indicare, e quindi segnare a binario unico, dove e può correre la libertà. E' saggezza sicuramente ciò che viene insegnato, è prudenza degna del massimo rispetto, è scienza giuridica perfetta... tutto quello che si vuole, ma non si sente la potenza liberante dello Spirito di Dio, non si sente la mano di Gesù, calda e forte a stringere la mano di ogni credente e della cristianità, per condurre ogni uomo e l'umanità lungo il rischio, duro ma affascinante, della liberazione per la libertà dei Figli di Dio.
E non appare agli occhi del mondo la chiarezza abbagliante di quella dottrina (verità rivelata e quindi sicurezza di Fede) capace di realizzare esistenza liberata e liberante, opera miracolosa dell'onnipotenza di Dio.
E tanto meno sbalordiscono il mondo uomini e popoli liberati e liberi a inventare e costruire in una vitalità inesauribile la storia, quella pensata dal pensiero di Dio, rivelata dalla sua Parola, incarnata - fatta carne, cioè realtà quotidiana e progetto esistenziale di umanità - da Gesù Cristo e diffusa nel mondo dalla violenza dello Spirito Santo.
E' triste che tutto il Mistero di Dio, a parte il magistero dogmatico, anche questo tanto spesso terribilmente "codificato", sia costretto a entrare in legislazioni, precettismi, decreti, codici, trattati e debba ricorrere ad alleanze e collusioni per ricavarne del potere coercitivo, dell'autorità per imperare, dell'assolutismo per sgomentare e costringere ad arrendersi in una supinità e passività e annientamento di persona e di coscienza e di cultura e di vitalità per stemperarsi e ammuffire in devozionalismi, sentimentalità religiose, formalismi e fariseismi, da rendere Dio e Gesù Cristo e lo Spirito inutilità esistenziali, storiche.
Lo sappiamo bene che il discorso è enorme infinitamente più grande di noi, povera gente cristiana e sacerdotale. Ma la sofferenza sofferta su un piano personale di Fede e di prassi è stata e è terribile e ci giustifica pienamente il lamento. E l'angoscia di una constatazione d'impossibilità a dare alla, umanità nella quale stiamo vivendo la fiducia nella Parola di Dio, come liberante e nella potenza dello Spirito come liberazione, ci dà il diritto di chiedere non più leggi, ma ."la Verità di Cristo che unicamente ci farà liberi".
Abbiamo portato nel cuore e in una preghiera che vorremmo tanto che trovasse ascolto presso l'onnipotenza di Dio e del suo Spirito, quest'ansia di novità di magistero e di presenza nel popolo di Dio diventata veramente "evangelizzazione", durante questi giorni della Conferenza nazionale dell'episcopato,
Tanto più per tutta una sgomentante impressione che gli ultimi documenti ufficiali, quelli di questi mesi, hanno dolorosamente scavato nell'anima nostra.
LA REDAZIONE



«Nulla è più ateo dell'ingiustizia, della disuguaglianza, dello sfruttamento, dell'odio e della miseria perché attentano al capolavoro dell'opera divina: l'uomo.
Non si tratta di credere o no alla lotta di classe, come se si trattasse di una verità di fede, quindi non evidente. La lotta di classe esiste anche se a molta gente non piace.
Il problema per un cristiano è un altro: sapere in questa lotta da che parte sta.
I popoli hanno capito che non otteniamo nulla discutendo se l'anima è immortale, quando sappiamo, sulla nostra propria carne, che la fame è mortale.
Cosa otteniamo discutendo se il «cielo» esiste o no, quando dobbiamo metterci d'accordo per evitare che i nostri Paesi siano un «inferno»?
Non prendiamo né il socialismo cristiano né il cristianesimo socialista. Non vogliamo relativizzare il cristianesimo né assolutizzare il socialismo. Vogliamo essere fedeli alla nostra ispirazione evangelica vivendo fedelmente la nostra dimensione storica. La Chiesa, soprattutto la gerarchia, sarà capace di comprendere questa nuova realtà?
Io ho fede e sono convinto che un giorno il popolo entrerà pure nella nostra Chiesa. Sarà allora il giorno dell'uomo e perciò il giorno più felice di Dio».

Luis Badilla, cristiano cileno


La Redazione


in Lotta come Amore: LcA maggio 1975, Maggio 1975

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