Arcivescovo di Siena
Eccellenza,
anche quest'anno, come ogni anno, si farà, a Siena, la solita benedizione delle forze armate, nell'occasione delle feste di S. Caterina.
Di fronte al persistere, a Siena, della celebrazione di un rito, che noi non riusciamo a capire come si possa condii are con il Vangelo, noi quest'anno intendiamo prendere, pubblicamente, le distanze non dal Vescovo o dalla chiesa nella quale vogliamo rimanere, ma da un certo modo di fare che non ce la sentiamo più di condividere.
Noi intendiamo dire «no», pubblicamente,
- a questa benedizione
- a questo stile che è nella nostra chiesa.
Cercare argomenti evangelici che ci spingono a rifiutare tutto ciò che è odio, violenza, guerra, ci sembra quasi superfluo:
Il Vangelo ne è pieno.
Lui ha detto «no» alla violenza. Invece di difendersi dalla violenza (e lo poteva fare) ha preferito farsi ammazzare.
Ha detto «no» all'odio anche quando si tratta di un nemico: - «Amate i vostri nemici. Fate del bene a coloro che vi odiano. Benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia porgi anche l'altra., Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro... Se amate quelli che vi amano, che merito avrete? ...Amate invece i vostri nemici... Beati gli operatori di pace: essi saranno chiamati figli di Dio».
Ha terminato la vita lasciando il «Suo» comandamento: «amatevi come io vi ho amati». Il giorno dopo era inchiodato su una croce.
Questo è lo stile che Lui ci ha lasciato e che non ce la sentiamo di poter cambiare.
Di fronte alle norme lasciateci da Lui, che non vuole mezze misure e sotterfugi, c'è il modo di comportarsi della nostra chiesa di Siena, che a noi rimane incomprensibile.
Nessuno intende dire che la chiesa senese ha fatto propaganda per la guerra. Intendiamo solo dire che nella chiesa di Siena c'è chi soffre perché questa ha accettato certe contraddizioni. e continua a portarle tranquillamente avanti.
Lei sa bene tutto questo.
Questa benedizione è nata in tempo di guerra, ed è nata male. Si è chiamata subito «benedizione delle forze armate», Con il passar degli anni, ed in seguito ad una fraterna contestazione, si è chiamata «benedizione degli uomini in armi», per arrivare, quest'anno, alla «benedizione all'Italia».
In altre parole, non si cercato di risolvere il problema in modo ecclesiale, ma solo di aggirare l'ostacolo. Tutto questo è stato fatto, dobbiamo dirlo, in modo piuttosto ingenuo.
A tutti i costi abbiamo voluto tenere in vita un atto esterno di culto, anche se contestato. anche se a molti appare antievangelico.
La dicitura attuale di questa benedizione sembra più innocente, ma sta il fatto che questa è nata come «benedizione delle forze armate» e tale resta nella mente dei senesi, quale che sia la formula attuale.
Cambiare una formuletta non convince nessuno e non serve a nulla: ci sembra invece che sia una forma sottile per continuare a ingannarci,
A noi sembrerebbe più evangelico dire: abbiamo fatto uno sbaglio; vogliate scusarci. Tutti son pronti a capire e compatire i nostri errori.
Se abbiamo deciso di intervenire pubblicamente per dire la nostra disapprovazione è perché ci sentiamo a disagio in questo modo di agire della nostra chiesa, e perché questo argomento ci riguarda troppo da vicino.
- Siamo cristiani. Siamo consapevoli che cosa comporta questo nome. Non è per noi parola vuota da scrivere sul libro dei ricordi, ma impegno di uno stile di vita; senza compromessi, né con noi stessi, né con la società nella quale viviamo.
- Siamo preti (e tali vogliamo rimanere): per questo non vogliamo contrabbandare Cristo. Vogliamo spendere bene la nostra vita: per degli ideali, e non solo per degli atti di culto,
- Siamo operai. Non ce la sentiamo di tradire, né di ingannare i nostri compagni di lavoro.
- Siamo chiesa. Abbiamo diritto di parlare. sempre con carità, ma anche con serena decisione, al nostro fratello Vescovo. Lo abbiamo fatto in privato; ora lo facciamo pubblicamente, come ci insegna il Vangelo (Mt. 18, 15...)
Alcuni nostri amici ci hanno consigliato di lasciar perdere tutto. In fin dei conti, essi dicono, si tratta solo di una cosa marginale, di una benedizione! Ci sono cose molto più importanti, essi dicono, nelle quali conviene alzare la voce.
Ed è vero. Ma per noi questo gesto contiene un significato che non è di poca importanza: significa benedire un esercito. E l'esercito non è mai fatto per la pace.
Il nostro discorso va molto più in là di un gesto (uno schizzo di acqua benedetta): coinvolge tutto lo stile di una chiesa che è disposta a distribuire benedizioni a larghe mani e che insiste nel compiere certi riti ben sapendo che per moltissimi cristiani questi sono semplicemente scandalosi, una chiesa che continua a far praticare certi atti di culto. con l'illusione che in questi consista la Fede, mentre sono soltanto atti di religione.
Ogni giorno dobbiamo assistere, impotenti, alle immagini di guerre, di distruzioni, di morte, allo sterminio di intere popolazioni, come si trattasse di un gioco da bambini. Hanno anche la faccia tosta di farci sapere di migliaia di miliardi spesi per armamenti, per mantenere eserciti, per uccidere... come se fosse un buon investimento.
E' la vergogna più grave per l'umanità. Altro che benedizioni!
Dovremmo maledire e non benedire ogni esercito. In nome di Dio.
«Sia maledetto colui che vuole la guerra!» è parola di Dio, ancoro valida.
La rabbia che ci cova dentro dovendo assistere impotenti a tali cose è così grande che ci pare colpevole anche solo usare le mezze misure, o cercare di evitare l'ostacolo.
Noi non ce la sentiamo più di approvare chi, nello stesso tempo, maledice la guerra e benedice gli eserciti.
Noi sappiamo che, per la causa della pace, c'è stata gente che ha pagato di persona, con la propria vita, o con lunghi anni di carcere. Sono le parti migliori di noi, perché hanno dimostrato di fare sul serio.
Noi non vogliamo soltanto esaltare costoro: noi vogliamo che la nostra vita sia simile alla loro.
Probabilmente è l'unico argomento nel quale la chiesa avrebbe tutto il diritto e la forza di dire parole forti.
E' vero (noi ne siamo perfettamente convinti): Dio non benedirà mai quei fucili o quei soldati, soltanto perché hanno avuto uno schizzo d'acqua benedetta. Non ci fa paura una benedizione: soltanto non riusciremo ad accettare questo modo di agire della nostra chiesa.
Noi non vorremmo vedere dei gesti di furbizia, attenti a non offendere gli interessi dei potenti o di non urtare la sensibilità delle persone pie. Cristo non ha agito così. Non ha usato le mezze misure; ha pestato i piedi a coloro che erano legati ad un ritualismo vuoto e a coloro che detenevano il potere. Ci ha rimesso la pelle. Ma è questo lo stile che ha lasciato ai suoi.
Vorremmo una chiesa che non fosse pronta a recitare una lezione d'obbligo, magari imparata a memoria con riti che scandalizzano chi non ha fede, e mettono a disagio chi ha una fede adulta.
Vorremmo, in altre parole, maggiore onestà con Cristo e con i fratelli. Con Cristo nel senso che non dobbiamo renderGli un cattivo servizio. Con i fratelli, nel senso che non bisogna ingannarli. Mai. «Il vostro parlare sia: sì, sì; no, no!»
Eccellenza, ci dica (e questa è, in ultima analisi, la nostra domanda): questo stare al gioco le sembra veramente innocente?
A noi sembra che dal Vangelo venga per tutta la chiesa un altro consiglio: lascia che Cesare faccia quello che vuole, ma non permettere che Cristo faccia una cattiva figura.
Probabilmente tutto questo discorso potrà dar fastidio. perché rompe lo schema tradizionale di una chiesa preoccupata di una immobilità del culto, abituata a non avere contestazioni.
Ma sale su da persone che hanno messo in crisi la propria fede tradizionale, da persone che si preoccupano che la chiesa di oggi abbia un senso evangelico, da persone che amano sinceramente la loro chiesa, da persone che sono chiesa.
Abbiamo detto solo poche cose, cercando di schematizzare: sono maturate in noi solo all'ascolto della parola di Dio, non da spirito di polemica.
Sarebbe stato più comodo tacere.
Vorremmo sperare che servano almeno a portare avanti un discorso veramente ecclesiale, animato dalla carità, per il bene che vogliamo alla nostra chiesa.
Un gruppo di cristiani di Siena
Preti operai toscani
in Lotta come Amore: LcA aprile 1975, Aprile 1975
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455