1° Maggio: non verrò a Roma

Abbiamo già scritto qualcosa a proposito della manifestazione organizzata per il 1° Maggio di quest'anno - anno santo - dal Centro per la Pastorale del mondo del lavoro e che cercherà di far confluire a Roma il più gran numero possibile di operai. Perché in piazza S. Pietro, nel giorno sacro a tutto il mondo operaio, ci sia questo segno visibile della riconciliazione fra la Chiesa e la Classe operaia.
Sono molte le cose da dire a proposito di questo genere di manifestazioni: i preti operai hanno già fatto sapere la loro netta opposizione a cose di questo tipo, denunciando il tentativo di facile recupero «a poco prezzo» di tutta una serie di problemi che separano e continueranno a separare anche dopo il 1° maggio '75 la Chiesa e il mondo operaio.
Può darsi che non importi a nessuno che anche io che sono prete e operaio non sarò a Roma per il 1° maggio come credo nessuno degli altri preti operai italiani): è strana comunque questa nostra Chiesa che pensa a tutto, perfino ad organizzare feste della riconciliazione con gli operai senza chiedere nemmeno un parere a quelli tra i suoi preti che per amore della classe operaia hanno .lasciato la tranquillità del campanile e della canonica per andarsi a rompere le ossa ogni giorno, fino alla pensione. tra i compagni lavoratori.
E' una storia davvero strana quella di noi poveri preti operai che di punto in bianco ci troviamo ad essere invitati a pellegrinare alla "soglia di Pietro" per compiere questo rito speciale di pacificazione (una specie di "sanatoria generale") con la madre Chiesa. La quale spesso - nella maggioranza dei casi - non è stata e non è punto felice che qualcuno dei suoi figli preti lasci la sicurezza della sacrestia per mescolarsi e sparire nella massa del fratelli che da sempre compiono nella loro carne il comandamento di Dio (col sudore della fronte ti guadagnerai il pane).
Sono profondamente convinto - ed è convinzione carica d'amarezza - che la riconciliazione, quella vera ed autenticamente evangelica, non possa avvenire in piazza S. Pietro.
Per la classe operaia, nella sua stragrande maggioranza, la grande basilica romana non è il segno della comunione universale, della fratellanza cristiana, della giustizia e del diritto dei poveri: essa rappresenta ai loro occhi (e c'è tutta una storia passata e presente che lo conferma) il simbolo di una Chiesa-potere, di una Chiesa-Vaticano alleata ed amica con i potenti della terra, gli oppressori dei popoli ricevuti quasi sempre con onore e rispetto (magari in elicottero!). Una Chiesa depositaria non dell'enorme ricchezza della Verità del Vangelo, ma di titoli azionari, di grandi capitali investiti proprio in quel mondo capitalista e industriale per il cui egoismo i lavoratori di tutto il mondo sono costretti ad una continua lotta.
L'idea comune che si ritrova quasi ogni giorno lavorando fianco a fianco con i propri compagni è che la Chiesa, nella sua espressione visibile a Roma rappresenta sul versante religioso il nemico di classe, schierata sull'altro lato della trincea e preoccupata della sua potenza terrena .
Come può questa Chiesa - che siamo noi tutti ma in modo speciale quella di cui la basilica di S. Pietro è il simbolo - pensare di compiere un gesto di riconciliazione, di perdono, di fraternità nei confronti del mondo operaio semplicemente invitando a un 1° maggio "cattolico" nella grande piazza vaticana? La riconciliazione con la storia di lotte, di sangue, di sacrifici, di fatica e di sfrutta-mento dei poveri ha bisogno di ben altre pietre che non quelle del colonnato del Bernini: la roccia nuda della grotta di Betlem dove il Figlio di Dio si fece figlio dell'uomo, fratello degli ultimi e degli oppressi della terra è l'unica pietra che possa indicare la strada giusta per questo incontro.
Ed anche la povera officina di fabbro-falegname di Gesù di Nazareth potrebbe essere un buon posto per celebrare la riconciliazione: l'amicizia ritrovata. E così, proseguendo sul cammino tracciato dall'unico Maestro e Signore della sua Chiesa, ogni angolo di terra potrebbe essere buono per la pace da rifare e la stretta di mano dell'intesa e della comprensione purché avesse il sapore limpido e chiaro delle Beatitudini, del "guai a voi, o ricchi", della parola netta e tagliente di Gesù che per aver proclamato che il Regno di Dio appartiene ai poveri e non ai potenti finì appeso al legno della croce e morì come un delinquente comune.
Questa storia di amore, di bontà, di povertà vera fatta di mani callose, di verità gridata ai quattro venti sulla faccia di chi vorrebbe anche oggi continuare a tenere schiavi i liberi figli di Dio - questa storia che è quella di Gesù Cristo e che dovrebbe essere quella della sua Chiesa- è l'unico terreno d'incontro con il mondo operaio.
Coloro che hanno pensato di chiamare gli operai a Roma per il 1° maggio a celebrarvi l'Anno Santo hanno commesso - a mio avviso - un gravissimo errore. Avrebbero dovuto invitare tutta la Chiesa ed in particolare la Chiesa di Roma, a compiere lei un «esodo», un viaggio di riconciliazione e liberazione da ogni "compromesso storico" con la ricchezza, la potenza, la politica, i privilegi che invece pare voler custodire così gelosamente. Era sulle piazze e per le strade dove la classe operaia celebra da anni la «sua» festa del lavoro che doveva avvenire l'incontro: perché se è vero che il mondo operaio deve «tornare» alla Chiesa, è molto più vero che non è a «questa» Chiesa che potrà riavvicinarsi. E' anzi questa Chiesa che deve compiere in verità e umiltà il viaggio di ritorno perché è lei che si è allontanata dalla storia, dalla vita, dalla lotta, dalla fame e sete di giustizia della classe operaia. E questo da quando si è allontanata (e sono secoli e secoli) dalla vita e dalla lotta di Gesù, accettando i favori dei potenti che sfruttano e opprimono il popolo a cui essa avrebbe dovuto continuamente annunciare l'anno della grazia del Signore.
Questo viaggio di ritorno alle sorgenti della verità del Vangelo esige una disponibilità molto diversa da quella che può essere dimostrata accogliendo in piazza S. Pietro gli operai nella festa del 1° maggio: è un cammino di conversione come quello di Zaccheo (la metà dei miei beni la do ai poveri e a coloro a cui ho rubato rendo il quadruplo) e molto di più come quello del giovane ricco (vai, vendi tutto ciò che hai, dallo ai poveri: poi vieni e seguimi). E' volontà precisa di accettare di camminare per le strade della storia umana «senza borsa né denaro né due tuniche»: significa quindi il bisogno urgente di legarsi storicamente e in modo molto concreto a tutti coloro che sono senza potere e subiscono oppressione, ingiustizia, schiavitù.
Per fare tutto questo, oggi, in modo serio e credibile dalla classe operaia, non bastano davvero i pellegrinaggi, i proclami più o meno solenni, i catechismi rinnovati e scientificamente elaborati, le indagini sociologiche e le elaborazioni statistiche: occorrono dei segni ben visibili, gesti che non lascino incertezze circa la scelta di una Chiesa che vuole realmente saltare il muro che la divide da secoli dalla vita della povera gente. Ci sono muraglie da abbattere, roccaforti da radere al suolo, terreni da sgombrare da una quantità enorme di detriti che la storia vi ha accumulato: bisogna avere il cuore limpido e semplice come quello dei bambini e sentire la voce di Chi chiede di lasciare TUTTO per seguirlo sulle sue strade.
La classe operaia avrebbe bisogno di una Chiesa che anche a livello ufficiale, gerarchico (la Chiesa di S. Pietro e di tutte le Curie del mondo) non avesse paura della nudità del Cristo di Betlemme, del coraggio e della lotta del Cristo profeta del Regno di Dio sui sentieri della Palestina, della solitudine e della tribolazione del Cristo schiacciato e messo a morte sulla croce. Allora sarebbe anche una Chiesa capace di testimoniare la sua fede chiara nel Cristo della Pasqua, nel Cristo risorto dalla morte, vivente nella storia dell'umanità a dare senso e speranza ad ogni ricerca di fraternità e d'amore, ad ogni lotta di giustizia e di liberazione, ad ogni sforzo di costruzione di un vivere umano degno dell'uomo.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA aprile 1975, Aprile 1975

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