Responsabilità di cristiani

Siamo povera voce d'insignificante comunità che è riunita nel nome di Gesù Cristo ma che forse di lui ha così poco, quasi da non esserne che un'ombra di segno, un barlume di luce. Ma anche in questa condizione di nullità nei confronti dei criteri di valutazione umana, temporale, così cari a chi vuole importanze e preminenze quasi come se decidessero della storia a colpi di autorità politica, economica, militare, religiosa, culturale, ecc., ci nasce come piccolo seme che sempre più cresce nella coscienza fino a diventare albero da sopraffarci totalmente, un terribile senso di responsabilità.
Sappiamo bene per lunga sofferenza e per esperienza ormai molto allargata, quanto sia pericoloso, imprudente e forse anche controproducente (senza dubbio su un piano di tranquillismo personale ma anche di possibilità di accoglienza e di respinta nei confronti del mondo in cui si vive) questo permettere che questa violenza di responsabilità cominci a bruciare l'anima, premere come pungolo sulla coscienza, logorare il vivere quotidiano.
Per misurarne l'intensità basta percepire la realtà di rapporti fra la storia del mondo (dal suo emergere dal buio del nulla fino ad oggi) con la propria storia personale. Chi riesce e può dividersi da questa realtà di rapporti, l'angoscia di responsabilità nemmeno lo sfiora e se lo tocca e lo impegna è responsabilità di miserabile delittuoso carrierismo, è ambizione, realtà estrema di egoismo fino alle misure della disumanità. La storia, questa disgraziata vicenda dell'umanità, quella che ci hanno fatto studiare sui libri senza nemmeno accennarcene gli orrendi meccanismi, è la storia di questo responsabilismo impazzito.
Chi invece questa realtà di rapporti fra umanità e se stesso accetta e vive, offrendosi libero da qualsiasi intenzionalismo, allora questa responsabilità che gli si accende nel proprio destino, non può non diventare ansietà terribile, motivo di disponibilità a qualsiasi rischio, un giocare se stesso e qualsiasi altro valore in una strada sulla quale è impossibile fermarsi. Perché questa responsabilità è causata dall'Amore, determinata da un dovere d'innesto di bontà nel mondo, è costruzione di libertà, di uguaglianza, di fraternità perché è ricerca appassionata di realizzazione dell'uomo, dell'umanità. Questa responsabilità conduce inevitabilmente alla lotta, allo scontro perché la pace sarebbe acconsentire, diventare conniventi con la disumanità e d'altra parte tutto ciò che è umano la disumanità non può che cercare di spezzarlo via a costo di tutto.
Siamo inevitabilmente davanti alla Croce.
E il discorso diventa duro, quasi impossibile ad accettarsi.
Ma la Croce e Gesù Cristo inchiodato là sopra, è il criterio infallibile per pesare e giudicare il senso e il tipo di responsabilità determinata e raccolta dal rapporto di se stesso nei confronti dell'umanità.
Al di fuori della Croce la responsabilità inevitabilmente, o prima o poi, in maniera vellutata o drammaticamente, scivola nella disumanità.
Avvertiamo profondo, essenzializzato, questo problema di responsabilità nel duro, tragico momento di storia che attraversiamo da noi, in Italia e nel mondo per un arrivare ancora una volta al pettine dei nodi di responsabilità pazze, delittuose.
Da noi, per questo rigurgito di fascismo che insanguina le nostre piazze e le nostre strade: per questa maledetta violenza fascista che costringe a credere soltanto in una controviolenza violenta. Nel mondo per l'aggravarsi di uno scontro fra oppressione e liberazione, sfruttamento e ricerca di uguaglianza, di giustizia, di libertà.
Impressiona angosciosamente il pacifismo pacioccone, sentimentale, della Chiesa, sospiroso di esortazioni alla pace e alla fraternità, ma in definitiva paurosamente irresponsabile di quella responsabilità che smette di predicare e di limitarsi a opere di carità e si fa mettere in Croce.
C'è una Resistenza che dev'essere ancora imparata, eppure è stata insegnata e iniziata da migliaia di preti appena trent'anni fa. Fare commemorazioni a livelli diocesani, regionali, ecc. è facile, come per le celebrazioni liturgiche, specialmente quando quel sangue è una strumentalizzazione e non una provocazione: perché quel sangue, a pensarci bene, ci giudica e ci condanna, se è vero, come è vero, che siamo tutti, anche come Chiesa e cristianità, responsabili del ripullulare di questa maledizione che è il fascismo.
Non sappiamo Come questa responsabilità di rapporti fra noi e l'umanità sia possibile assolverla, senza una disponibilità anche fino alle misure estreme.
Anche a parlarne con chi si trova sensibile al problema (ed è così difficile fra preti e cristiani trovare questa sensibilità) è quasi impossibile trovare con chi condividere il rischio di un impegno e di una lotta in ricerca di continuità semplice e chiara alla lotta di Gesù Cristo per una umanità diversa, nuova.
Bisognerebbe poterci incontrare con la libertà di Gesù Cristo fino alla sera del giovedì santo e credere che il farsi inchiodare alla croce della storia dell'umanità e l'unica violenza, perché unico Amore, capace di liberare l'umanità.
L'odio è sempre riempimento di vuoti d'Amore: e questi vuoti d'Amore segnano la misura della responsabilità della Chiesa e di ogni cristiano.
Sono vuoti di Gesù Cristo nella storia ogni volta che la Chiesa e la cristianità non gli danno di essere vivo e vivente nella storia, come lui vi è vissuto, morto e risorto.


La Redazione


in Lotta come Amore: LcA aprile 1975, Aprile 1975

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