5 - Alla Santa Madre Chiesa

Vorrei raccontarti, cara santa Madre Chiesa, di un' assemblea di preti di cui forse non ti sei nemmeno accorta e se qualcosa ne hai letto sui giornali o sulle riviste. può darsi che di questo gruppo di preti che vive tutta una scelta particolare, lasciami dire - perché è vero - eccezionale, di partecipazione della realtà dei poveri, di cui la classe operaia è sicuramente il segno e il soggetto per una speranza rivoluzionaria, può darsi che di questo gruppo di preti, tu non te ne rallegri affatto, ma anzi tu ne abbia una profonda diffidenza, per non dire di peggio.
Non riesco a capire (e ormai sono tanti anni) perché, santa Madre Chiesa, tu continui a respingere questa ricerca, manchevole e insufficiente quanto vuoi, ma sempre però buona volontà e impegno di fedeltà al Vangelo, di preti che lasciano semplicemente cadere tutta una mentalità ministeriale, un ecclesiasticismo di separazione e di privilegio, un professionismo religioso e sacerdotale, per andare a mescolarsi fra gli operai, diventando uno di loro per raccoglierne tutto l'enorme, tremendo problema e viverlo nella propria anima, pagarlo nella propria carne, rischiandovi tutto a seguito di Gesù Cristo e del Vangelo.
Questi preti non li vuoi, santa Madre Chiesa, e se li sopporti è soltanto perché ti mancano ormai le condizioni indispensabili di autorità per respingerli e schiacciarli. E il fatto che ormai siano perfino -. anche se in modi molto limitati - organizzati, che si ritrovino tra loro a scambiarsi esperienze, a incoraggiarsi vicendevolmente, a ritrovare terreni comuni e specialmente a confrontarsi nella Fede, spinti da una ricerca di coerenza sempre più chiara nei confronti di tutta la realtà dei poveri, questo fatto lo senti e lo giudichi come un doloroso fenomeno da accomunarsi alle solite contestazioni che tu emargini tanto disinvoltamente.
Sentivo fortemente in quei due giorni del convegno, in quelle riunioni chiarissime di sincerità fraterna, nonostante le posizioni a volte così diverse e forse perfino contrapposte, vi sentivo, santa Madre Chiesa, uno Spirito nuovo, una vivacità di ricerca di Fede, di Vangelo, di sincerità cristiana, di cui avresti bisogno di raccogliere tutta l'intensità, la profonda violenza di Amore che non nasce, te l'assicuro, da stanchezze o delusioni, crisi personali o mania di novità o bisogno di scontro (come con tanta faciloneria viene generalmente giudicato il prete che va in fabbrica dai vescovi, dai soliti preti, dai buoni cattolici), ma è motivata da una voglia infinita di una Chiesa diversa, dal bisogno estremo di rompere finalmente una storia che dura da troppi secoli, non solo di separazione e di lontananza della Chiesa dalla classe operaia, ma addirittura di oppressione e quel che è peggio, di tentativo, strumentalizzando tutto, compresa la Fede, il Vangelo, i sacramenti e tutta la tua potenza di organizzazione e di persuasione, per sbriciolare, disgregare, contrapporre la solidarietà operaia, l'unità di classe, questo valore meraviglioso e formidabile di cui i poveri stanno sempre più prendendo coscienza.
Questa paura della Chiesa del mondo operaio, il tuo giudizio così pesante e la tua respinta, dall'impegno sacerdotale dei tuoi preti, del lavoro di fabbrica come incompatibile per il ministero sacerdotale, quasi fosse una dissacrazione, un decadere da una dignità, un perdere possibilità di piena e totale dedizione al cosiddetto bene delle anime, questo tuo modo di pensare, santa Madre Chiesa, e il tuo conseguente comportamento non possono non insinuare il terribile sospetto che quasi tu abbia orrore dei poveri, quasi una strana vergogna di essere anche tu povera, livellata alla condizione di chi non ha nulla e non può nulla, rivestita soltanto dei poveri stracci di un quotidiano faticoso e squallido, del guadagnarsi il pezzo di pane col famoso sudore della fronte.
Eppure, Santa Madre Chiesa, la stragrande maggioranza dei tuoi figli sono povera gente e i tuoi figli più veri, perché hanno sicuramente più chiara sincerità cristiana per il semplice fatto che ne hanno l'esistenza, sono i contadini, la gente di campagna, di montagna, le famiglie della casa d'affitto, del pane quotidiano strappato a forza di fatica di braccia, mangiato sulla tavola col companatico d'infinite incertezze per il domani... Se tu facessi, santa Madre Chiesa, anche in questi nostri tempi, ma non per ricercare nuove e più furbastre iniziative pastorali per irretire di più la povera gente, ma, con vero spirito di penitenza, per ritrovare di dove vieni, dove sei nata, e per chi sei destinata in questo tuo essere nella storia del mondo in perfetta conformità al tuo Gesù Cristo, se tu facessi un'inchiesta per scoprire identità dei tuoi figli, che è questo tuo popolo cristiano che ancora affolla le tue chiese e ti chiede i sacramenti e accetta ancora la tua parola perché ha bisogno di Dio e sente Gesù Cristo come carne viva di se stesso, vedresti - ma lo sai bene, anche se mostri così miserabilmente di dimenticarlo - vedresti che sono i poveri, la povera gente, le famiglie di lavoratori, questa classe operaia che nonostante tutto quello che hai fatto e continui a fare per separarla e allon-tanarla dalla Fede, continua tenacemente ad avere un' anima cristiana, un'ispirazione e una concretezza cristiana.
La tua gerarchia nella stragrande maggioranza viene su da famiglie povere, di gente da lavoro: cardinali, vescovi, preti religiosi che, pacchianamente tradiscono la povertà della loro famiglia di origine, la classe operaia dalla quale sono stati generati esattamente come la stalla di Betlem nella quale sono nati. E semmai se ne ricordano, è nelle occasioni di bisogno populistico, di ricerca d'effetto sciocco ed offensivo, che fanno sapere di essere figlio di portinaio, di un fabbro, di un maniscalco, di un minatore... Soltanto papa Giovanni ha continuato ad essere, per quanto gli è stato possibile, un figlio di contadini facendo il papa. Ma chissà perché certa novità, santa Madre Chiesa, la lasci cadere subito e ritorni alle solite, inveterate "tradizioni" di aristocrazia ecclesiastica, di potere clericale, di privilegio religioso. Mi convinco sempre più, cara santa Madre Chiesa, che la povertà (povertà nel senso più pieno, evangelico della parola) la consideri come una condizione assurda, quasi come una disgrazia, dalla quale è bene tirarsi fuori a costo di tutto, anche a costo di lasciare andare per la sua strada Gesù Cristo e per la loro strada i poveri, gli operai, gli oppressi, gli sfruttati e tu, santa Madre Chiesa, andare per un'altra, quella sulla quale tiri avanti ormai da secoli e secoli.
Mi commuoveva nel più profondo dell'anima in quel convegno di preti operai, sentire palpitare con violenza la volontà di essere poveri, di essere classe operaia e di essere classe operaia non per una mitizzazione assolutistica, ma semplicemente perché ormai la classe operaia è soggetto, l'unica speranza di portare avanti la liberazione del sottoproletariato, della condizione dei poveri in tutto il mondo, dei disoccupati, dei sottoccupati, degli sfruttati, degli affamati e degli assetati di giustizia insomma, di pane e di acqua e di uguaglianza umana e di libertà.
La gioia di dentro, di una fedeltà a Gesù Cristo, per una fedeltà ai poveri, ritrovando nella fabbrica il luogo della propria Fede, nella carne dei poveri il Figlio di Dio fatto uomo, la significazione profonda del proprio sacerdozio in questa universalizzazione (Dio e umanità) della propria scelta di vita.
Ho risentito e rivissuto, e spesso con profonda commozione, tutti i miei anni di vita operaia. E sono quasi vent'anni fa, quando una mattina di settembre, vestito a prete di tutto punto, talare e colletto bianco, sono entrato fra la folla di operai ammassati al cancello del cantiere per timbrare il mio cartellino. Mi hanno fatto largo, ma non per rispetto, ma, lo vedevo bene, per una sorda diffidenza, quasi con una specie di ribrezzo. Mi sentivo morire di dentro e quasi anche fisicamente mi dava coraggio il sapere che avevano ragione ad avere paura di un prete e che in fondo la prima cosa che dovevo fare in mezzo a loro, era di chiedere perdono. E non soltanto per me, santa Madre Chiesa ma specialmente per te, per le tue encicliche e le tue scomuniche, per il tuo essere con loro sempre matrigna acida e dura.
E quando negli spogliatoi mi sono sbottonato la talare, me la sono sfilata di sopra la testa e insieme al collare, l' ho appesa all'attaccapanni ammassandola coi vestiti degli operai e ho fatto la vestizione di un nuovo abito sacro, la tuta da lavoro, è cominciata per me un'altra storia, completamente nuova perché più totalmente colmata di Dio e di umanità, come quando il Figlio di Dio si è vestito della carne dell'uomo.
E da allora ho cominciato a sognare che qualcosa di nuovo, così come nella mia dolorosa e faticosa solitudine di quegli anni stavo vivendo, sarebbe avvenuto anche nella tua storia, santa Madre Chiesa, quando un buon numero di preti - trecento dicevo allora quando mi capitava di parlare dei miei sogni - sarebbero entrati nella classe operaia a raccoglierne gli immensi valori di umanità e di Vangelo per riversarli, con profondo Amore e Fede appassionata, nell' anima e nella carne viva della Chiesa, lievitandone la Fede e rivoluzionandone la storia.
Guardavo con profonda consolazione quel gruppo di oltre cento preti, segno concreto e vivacissimo di quei circa quattrocento preti al lavoro (operai, artigiani, infermieri, contadini... ), ascoltavo i loro interventi così sofferti e pagati e insieme calmi e decisi, accoglievo nell'anima tutta quella loro disponibilità, la loro amarezza, la loro terribile fatica di preti e di operai, con tutta l'enormità di problema che questa loro condizione comporta e sentivo anche la mia responsabilità di avere iniziato questa storia dei preti operai in Italia. Ma più che ogni altra cosa mi angosciava l'amarissima constatazione che tutto quello che ho sognato e continuo a sognare, nonostante tutto, sarebbe sul punto di realizzarsi perché i preti operai ci sono, eccoli lì, in tutta la serietà e libertà della loro disponibilità ad essere una presenza di Fede cristiana in tutta la realtà della classe operaia, se non fosse per via delle tue assurde paure, santa Madre Chiesa, che ti costringono a non accettare questa mediazione sacerdotale fra te e la classe operaia. E questa respinta, lo sai bene, è perché questi preti operai prima di rendere te presente e viva nel mondo del lavoro, vorrebbero che finalmente cominciasse a poter essere presente in te, in tutto il tuo essere Chiesa, realtà di Dio e dell'uomo in Cristo, la classe operaia, con tutta la sua problematica, le sue rivendicazioni, la sua ricerca di libertà, di uguaglianza, di giustizia: dovresti accettare di essere evangelizzata prima di poter evangelizzare.
E mi rendo conto quanto il problema sia complesso e insormontabile, fino a che tante tue muraglie di divisione e di difesa non saranno spazzate via dal cammino della storia e dalla violenza dello Spirito.
Ma mi sorregge e mi consola la Speranza perché so bene, e vi credo profondamente con tutta la mia Fede, che se è vero che la via dei poveri è lunga, tracciata da infinita fatica e bagnata di sudore e spesso anche di sangue, è però l'unica strada sulla quale corrono i rapporti di Amore fra Dio e gli uomini, è la strada sulla quale ha camminato la sua storia di passione e di Amore Gesù Cristo in cerca di esistenza umana nuova, diversa. E' di lì, lungo questa via dei poveri, che devi camminare anche tu, cara santa Madre Chiesa, se nel mondo vuoi essere, il Regno di Dio fra gli uomini.


don Sirio


in Lotta come Amore: LcA febbraio 1975, Febbraio 1975

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