Lotta e contemplazione

Il tema di ricerca e di approfondimento dell'impegno del cristiano nel mondo scelto a Taizé per il concilio dei giovani di quest'anno, ci offre motivo e stimolo per una riflessione molto seria sul senso del nostro cammino sulla strada tracciata dal Signore Gesù. Questo nostro andare sulle vie della vita, ogni giorno mescolati alla folla degli uomini nostri fratelli affaticati dallo stesso peso, ma nella tenace speranza di non perdere dì vista i valori che il Cristo vivente nella storia universale, è venuto ad indicarci perché la fiducia di un mondo liberato e salvato non venisse mai meno nel nostri cuori.
Lotta e Contemplazione: come a dire due poli di attenzione esistenziale, due anime di una stessa vita gettata con coraggio e con forza nel solco scavato da Colui che ci ha chiamati per essere un pò di lievito nella pasta umana.
E' chiaro ormai che il nostro essere cristiani, il nostro richiamarci alla vita, alla parola, alla potenza di salvezza racchiusa nella morte e nella resurrezione di Gesù, non ci dispensa dal vivere in tutta la sua durezza e drammaticità lo scontro con le forze tenebrose della storia. Anzi è proprio ciò che sta alla radice del nostro essere cristiani che ci obbliga e ci spinge inesorabilmente ad accogliere la dimensione di lotta, di combattimento, di rifiuto energico di tutto ciò che sfigura il volto dell'uomo, dissacra la terra, distrugge la fraternità e la giustizia.
Dalla vita di Gesù e dalla sua Parola - fuoco acceso a divampare in ogni angolo e in ogni coscienza - ci viene questo invito chiarissimo ad un modo di vivere che non sia tranquilla accondiscendenza ai padroni di questo mondo (in noi e nel tessuto storico intorno a noi), alle potenze che tendono a fare della vita umana un campo lacerato e sconvolto. Il Cristo ci si propone come uomo che cammina a testa alta e non si piega di fronte alla tentazione del potere e all'accordo con il suo avversario.
La sua Croce, che verrà alzata fuori delle mura di Gerusalemme, é il segno più grande del suo Amore universale perché esprime la sua inflessibile volontà di lottare perché la luce vinca le tenebre, l'amore l'odio, la vita spezzi la catena della morte e per tutti gli uomini si manifesti in tutto il suo splendore la potenza della resurrezione.
Il suo risorgere dal buio del sepolcro è il frutto tanto atteso da tutta la lotta di Gesù.
Se in Lui possiamo e dobbiamo attingere, come a sorgente che mai dissecca, la luce e la gioia della contemplazione, della preghiera, della comunione con il Padre, in Lui dobbiamo e possiamo trovare le energie più limpide per una vita che si faccia pietra d'inciampo sul cammino dei potenti, spada tagliente a dividere fino al midollo l'ingiustizia e l'oppressione, lo sfruttamento e l'avvilimento dei più poveri e dei più piccoli tra i nostri fratelli. Se il Cristo è il nostro più radicale motivo di vivere nell'amicizia e nella fraternità, Egli ci si offre senza equivoci come spinta profonda per un tipo di esistenza che si faccia forza d'urto contro ogni progetto di umiliazione dell'uomo, contro ogni tentativo ricorrente nella storia di ridurre la persona ad oggetto, a «cosa» di cui approfittarsi, a numero di un ingranaggio sociale, politico, religioso. Scegliere Lui come ragione di vita e criterio di giudizio comporta il dovere di camminare in questo mondo non come gente tranquilla e rassegnata al fatale destino delle vicende umane, ma con una carica e violenza d'amore che nasce da Lui, da tutta la sua vita, dalla sua lotta, dal suo incessante scontrarsi con il male che è radicato nei nostri cuori.
Dicono bene i giovani di Taizè nel loro forte messaggio a tutto il popolo di Dio: «Oggi abbiamo una certezza: il Cristo risorto prepara il suo popolo a diventare nello stesso tempo popolo contemplativo, assetato di Dio, e popolo di giustizia, che vive la lotta degli uomini e dei popoli sfruttati». Senza dubbio essi hanno raccolto questa convinzione nell'esperienza sempre più larga di alcune comunità cristiane che ormai stanno camminando con tenace decisione in questa direzione di sganciamento da ogni potere, ricchezza, privilegi, per essere in grado di annunciare in libertà il Vangelo di Dio e costruire un mondo nuovo perché più umano.
Ma la certezza di questi giovani ha certamente le sue radici soprattutto nella carne e nel sangue di cui la Parola di Dio si è rivestita in Cristo Gesù. Nella concretezza della sua vita, nella verità e sapienza della sua parola, nella forza liberatrice del suo amore non si può non scoprire questo invito forte a radicare Dio nella storia umana. Non come una droga, un oppio, qualcosa che addor-menti e stordisca ed insegni a piegare la schiena, ma come un fiume d'acqua viva che allaghi la terra e ne spazzi via ogni segno di morte e di violenza e faccia germogliare i semi della speranza e della fraternità più piena. Dio, il suo Amore immenso, la sua realtà di Creatore, di Padre, di Vita per ogni creatura; Dio, creato ed amato non più attraverso delle formule dei riti, dei templi fatti di pietra, dell'osservanza di codici e di leggi, ma nella storia degli uomini, nel volto dei poveri e degli oppressi, nella carne e nel sangue di ogni uomo e di ogni donna. Perché Dio in Cristo di questa carne e sangue si è rivestito, di questa storia umana - storia di ciascuno e di tutti -, si è fatto partecipe, assumendola in sé nel suo essere figlio dell'uomo e figlio di Dio: è dentro questa nostra storia che Egli vive la sua presenza di Risorto («io sono con voi ogni giorno sino alla fine») e vi alimenta il crescere e l'esprimersi del Regno di Dio.
Dio ritrovato e amato e custodito come un tesoro prezioso in quello spazio benedetto ed unico che è il proprio cuore, la propria coscienza, l'intimo segreto del nostro essere. E' lì, in questa presenza misteriosa ma reale, che occorre attingere la forza per un cammino di lotta dura, senza in-certezze né compromessi (il si,.si e no, no) contro tutto ciò che rende il mondo un deserto di solitu-dine, di odio, di sopraffazione fino alla morte.
Un cristianesimo che si accende di coraggio per denunciare ogni ingiustizia, che non viene assolutamente a patti con nessuna potenza, che vive gioiosamente la povertà per non perdere la libertà di testimoniare il Vangelo, che costruisce - anche a prezzo di lacrime - la fraternità e l'amore fra tutti gli uomini.
Un popolo cristiano che accetta di essere «il popolo delle beatitudini» e che quindi prende coscienza dì dover affrontare la vita raccogliendola nel pensiero di Dio e camminando senza altra si-curezza che il Cristo, per essere popolo povero, creatore di :pace, portatore della gioia della liberazione a tutti quanti i popoli.
. Questo certamente è stato il sogno di Gesù, così chiaro e limpido in tutta la sua vita fino al pieno splendore del mattino della Resurrezione. E' giusto quindi che lo raccogliamo molto intensamente. facendo eco all'invito dei nostri giovani fratelli dì Taizé, perché diventi anche il nostro sognare ardente e appassionato.
Con la fiducia che qualcosa di questo sogno si concretizzi in esistenze rivestite della forza e della luce di Cristo, in una contemplazione che accenda Il fuoco dì Dio nel midollo stesso della nostra storia e ne esprima tutta la forza d'amore in una lotta capace di abbattere i muri di separazione che impediscono il ritrovarsi. e il riconoscersi degli uomini come fratelli.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA settembre-ottobre 1974, Settembre 1974

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