L'adorabile perdono

Non ci sono, forse, molte parole il cui significato sia svalutato quanto la parola «perdono». Non solo nel linguaggio profano, ma anche nel linguaggio religioso. Significa, per lo più, l'atteggiamento di magnanimità richiesto al paternalismo del potente o il tranquillante dato al povero sfruttato mettendolo all'ombra del Gesù morto o della Madonna addolorata. Cosicché quando nella predicazione si invita al perdono, il ricco, il sistemato che si sente ormai librato sulle ali del successo sociale, si guarda intorno soddisfatto di poter esercitare la virtù del perdono, mentre il povero, lo sfruttato preso quotidianamente a calci, si sente stomacato fino a perdere la fede, oppure fa violenza a se stesso e «perdona» divenendo una larva d'uomo.
L'invito al perdono rischia di apparire quindi ambiguo e qualunquista, quasi il simbolo di una religione che aliena l'uomo dalla costituzione di un mondo radicato nella ricerca di un'autentica giustizia.
D'altra parte il sistema non perdona, E'sufficiente deragliare un momento dalla strada comune per divenire un emarginato senza possibilità di reinserimento. La consapevolezza di questo rischio alimenta la spirale di violenza di modo che la legge del più forte e la mentalità da giungla d'asfalto non concedono spazio al perdono.
Che senso ha quindi soffermarsi e riflettere su una parola che appare svuotata di ogni contenuto?
Vi sono a volte tracce di piste ormai abbandonate da tempo che suggeriscono tuttavia nuovi tentativi perché strade sia pure scoperte da poco sembrano già battute fino alla noia. Può essere solo questo il motivo, ma forse al fondo c'è l'intuizione di un valore di cui l'umanità oggi può avere estremo bisogno, una volta restituito alla sua limpidezza e alla autenticità originale.
Ci proponiamo questo tentativo nel quadro di tutta una riflessione sulla Penitenza, con sguardo aperto alla vita e ai problemi di questa umanità.
Iniziamo con un discorso che potremmo chiamare di metodo perché sia chiaro il punto di partenza radicato in una contemplazione fiduciosa del mistero di Dio.

don Luigi

Certe verità, come certi valori che sono fondamentali, devono essere colti al loro principio, quasi al momento stesso del loro nascere: perché è allora soltanto che se ne può afferrare la purezza.
Non è possibile discernere il valore vero desumendolo dalla casistica di ogni giorno e tirandolo fuori dalle contaminazioni che l'esistenza comporta inevitabilmente, dalle complicazioni più o meno interessate e quindi più o meno deformanti che vi vengono riversate fino a farne realtà intorbidate, di colore incerto e di sapore indefinibile.
Uno di questi valori che vanno colti all'inizio, nel loro principio, fin dal loro primo manifestarsi ed offrirsi, è il perdono.
Dopo non è più possibile una vera e seria comprensione e forse nemmeno una semplice intuizione; tanto più che si tratta del perdono, valore così esposto alle interpretazioni sfacciate dell'egoismo, alle deformazioni a tutti i livelli e più ancora per l'incrostazione a spessori impressionanti che la storia vi ha sopra, sempre più, accumulato.
Perché il perdono nasce di là, da quella sorgente luminosa.
A questo ritorno, così difficile per noi che abbiamo la realtà dei valori contaminati nell'esistenza, all'intuizione di come tutto era al principio, ci aiuta, - e non sta qui la sua redenzione e l'averci dato la salvezza? - Gesù Cristo.
Il suo atteggiamento pieno di misericordia è per aiutarci alla riscoperta del perdono e darcene la misura concreta e quindi la sicurezza che non è sogno o utopia, ma esistenza storica, quindi possibile e visibile ad ogni uomo di buona volontà.
La sua difficoltà concreta, o, se vogliamo, la sua «impossibilità» (Gesù direbbe impossibilità per gli uomini, ma non per Dio), non deve fare velo ed ostacolare la comprensione del perdono e tanto meno aiutare a ridurre a dimensioni di mediocrità esistenziale Il suo valore in assoluto.
Semmai potrà essere argomento convalidante lo scoprire la bontà concreta e la validità esistenziale del perdono ogni volta che arriva ad essere sostanza di vita e storia di uomini. O, se non altro, la percezione di un sogno meraviglioso di un'esistenza in esso e per esso costruita e determinata.
Nella realizzazione cristiana della vita, il sognare non è un illudersi o un perdersi utopistico. E' spesso l'unica sincerità che la nostra vigliaccheria e la miseria del mondo in cui viviamo, per le misure estreme della sua mediocrità, ci permettono.
Il perdono, come ogni valore, ha bisogno di questa ricerca e di questo innamoramento per la bontà, la verità, il segno di Dio, la realtà di Gesù Cristo, il fondamento dell'esistenza cristiana, che, volere o no, il perdono significa e realizza:
Fino al punto che è possibile affermare che:
DOVE C'E' PERDONO, C'E' DIO
Non è possibile, infatti, volgere l'attenzione del cuore e dalla mente al mistero di Dio e non riconoscervi una fondamentale dimensione di reciprocità in un continuo donarsi del Padre e del Figlio nello Spirito. Percepiamo appena la formidabile realtà del mistero trinitario, ma in misura sufficiente a comprendere una presenza che si offre incessantemente per una accoglienza totale, senza veli, fino al punto che non è possibile scorgere scissione ed è adorabile il nostro Dio, Padre e Figlio e Spirito.
E' lì che dobbiamo cercare di comprendere la radice del perdono, da questo donarsi incessante, sempre nuovo eppure sempre in misura assoluta che non accetta in quanto gli sono impossibili, ostacoli di qualsiasi genere. E' sorgente purissima di vita, luminosità senza ombre, dono misteriosamente inesauribile di una realtà identica a se stessa.
IL PERDONO, SEGNO DELLA SOVRABBONDANZA DI DIO
Guardando alla creazione e alla storia dell'umanità nei suoi rapporti con Dio scopriamo i segni di questa radicazione del perdono nella realtà stessa di Dio, attraverso la continua possibilità offerta all'uomo di iniziare un cammino in novità di vita.
Dalle promesse a seguito del peccato originale, al segno dell'arcobaleno dopo il diluvio, al popolo scelto per illuminare le genti, ai profeti inviati a rinnovare Io spirito dell'alleanza, fino a Gesù Cristo e al suo Spirito, tutta una storia d'amore e di lotta che non accetta sconfitte, che non disarma, anzi, ritrova nel perdono l'arma che le è propria. Come in Dio, Padre e Figlio sono incessantemente l'uno per l'altro Padre e Figlio, così nel rapporto tra Dio e l'uomo c'è questo momento così decisivo in cui Dio perdona l'uomo, gli dona cioè ancora una volta come sempre, di essere davanti a Lui immagine e somiglianza, raffronto esemplare della creatura al Creatore, strappando le maschere che via via velano i segni di questa somiglianza.
Nasce quindi il perdono dall' amore di Dio ed è momento culminante del suo lottare per un mondo nuovo. E' fuoco che purifica ed insieme brucia il cuore di chi è perdonato perché il suo popolo non si fermi all'ombra del primo albero, ma coraggiosamente, affronti la sua strada. E' mano potente che appiana i monti perché sia possibile contemplare orizzonti nuovi. E' sogno che non svanisce di fronte ad alcuna difficol1tà, ma trova il coraggio di rinascere sempre nuovo nel segno della Risurrezione. Non è il rimettere le cose com'erano prima: è il modo concreto di significare la vera ed autentica sovrabbondanza di Dio, la sua misura eternamente traboccante.
(continua)



in Lotta come Amore: LcA giugno 1974, Giugno 1974

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