Milano: progetto di comunità familiare

per un servizio sociale

Un gruppo di nostri amici, da anni personalmente impegnati nel difficile problema del disadattamento minorile, sta affrontando un discorso comunitario per una proposta ed una possibilità di accoglienza sempre più seria ed autentica.
Si è presentata loro l'occasione di una cascina rustica (una grande casa colonica con terreno) che era già stata data in concessione ad un ente costituito per il recupero dei disadattati, dal Comune di Milano che ne è il proprietario, contro l'onere di provvedere ai primi restauri per una spesa (calcolata nel 1970) di Lit. 17.500.000.
Essi sono entrati a far parte del Comitato Promotore dell'ente per non complicare le cose dal punto di vista giuridico, facendo in modo che !'impegno sociale del Comitato stesso si precisasse in un' esperienza ed in una ricerca di proposta alternativa al problema del disadattamento dei minori, per una maggiore presenza ed incidenza 'nella società, nella prospettiva della costituzione di una Comunità di persone.
Presentiamo questa proposta come contributo ad affrontare un problema che anche a noi sta molto a cuore. Invitiamo i nostri ami. ci, specie quelli di Milano, cui la cosa può interessare a mettersi in contatto con coloro che promuovono l'iniziativa anche in vista di una collaborazione che può risultare molto interessante.
Pubblichiamo, intanto, alcune linee programmatiche della Comunità che sta muovendo i suoi primi passi in questa nuova direzione.

Lentamente, ma speriamo con certezza senza ritorni, è maturata in noi la convinzione che la nostra fede nel Signore morto e risorto ci impegna direttamente sul piano politico-sociale. Viviamo i rapporti indotti dalia struttura economico-sociale del capitalismo, come trasognati, in un'impossibilità reale di superare la frammentazione e la dispersione che vengono richieste dalle inumane leggi del profitto. Perciò ci sentiamo uniti strettamente a tutte quelle forze che militano per «immaginare», almeno, dei possibili superamenti. Militanza reale però, non solo contributo alla lucidità teorica pure indispensabile.
Più o meno vivacemente legati al movimento operaio, ne condividiamo le rivendicazioni, le richieste di riforme globali, e ci pare di rendere un servizio al movimento operaio se ribadiamo che in questa dimensione globale anche le carceri, anche gli istituti di raccolta e di rieducazione devono far parte di una strategia del cambiamento.
Il sistema ha previsto gli istituti come basi di rifugio per coloro che la menzogna e la irresponsabilità delle relazioni umane ha disintegrato. Non possiamo accogliere questi fenomeni solo come indicazioni di debolezze psicologiche o di fragilità caratteriali. Sono soprattutto la manifestazioni più chiara dell'ingiustizia del sistema stesso, capace di emarginare gli individui più deboli dopo aver contribuito a rendere cronica la loro stessa debolezza.
Tutto ciò ha contribuito a renderci attenti a cogliere le occasioni che man mano si presentavano per un impegno sempre più coerente sulla linea di una alternativa all'istituzionalizzazione del reinserimento dei minori. L'occasione-cascina è l'ultima in ordine di tempo ed insieme quella che ci sembra decisiva per una ricerca ormai tutta allo scoperto. Un'alternativa che oltre tutto si rende concreta proprio per la realtà sociale in cui si è inseriti, la zona 13 di Milano.
Mentre siamo impegnati a dare un volto presentabile a quella che sarà la nostra casa e di quanti potremo accogliere nella nostra vita, abbiamo steso alcune linee che ci servono come orientamento per le scelte della nostra comunità,

LINEE GENERALI DI UN PROGRAMMA
Il disadattamento minorile è in larga misura da ascriversi a carenze affettive più o meno gravi, in gran parte di origine socio-familiare.
E' sembrato pertanto valido il costituirsi di una piccola comunità di famiglie, che offra il minimo di accoglienza indispensabile per un reinserimento dei minori disadattati.
D'altra parte le difficoltà intrinseche ad un recupero ci rendono convinti dell'assai più urgente necessità di un intervento preventivo che eviti nel limite del possibile il crearsi di situazioni di disagio: perciò questo secondo fine diviene preminente rispetto al primo.
Esperienze già avvenute da parte di tutti gli interessati a questa proposta ci rendono convinti che soltanto una «comunità adulta», duttile e aperta, possa efficacemente intervenire per gli scopi accennati.
Si intende per «comunità adulta» un insieme di persone, che comprende certamente anche delle famiglie, che condividano, oltre ad una attività comune, una scelta di rapporti stabili e continui, originati da alcune premesse di valori di fondo comuni, e indispensabili per l'attività stessa.
E' per questo che alcune famiglie e altre singole persone decidono di mettersi insieme, condividendo beni culturali ed economici (secondo norme generali interne) rendendosi comunitariamente disponibili per alcuni interventi nel campo dell'emarginazione, pur lasciando spazio ad una giusta autonomia dei singoli.
La Comunità provvede alle necessità economiche delle singole famiglie o delle singole persone mediante il lavoro di suoi membri, ritenendo indispensabile una autonomia economica per la libertà della loro stessa attività educativa.
La Comunità, la cui realizzazione rientra in uno degli scopi del Comitato Promotore «Campi Internazionali di Lavoro» è giuridicamente come Cooperativa, in modo tale che non si configuri puramente come iniziativa privastistica (Es. Ente Morale), pur non essendo un Ente pubblico.
E' sua esplicita volontà di operare in contatto con gli Enti pubblici e gli operatori sociali, impegnati nello stesso problema dell'emarginazione (Commissione Assistenza del Consiglio di Zona, Ripartizione Comunale, Eca, Ippai, Tribunale dei minorenni,..) e più globalmente con tutte le organizzazioni sociali, politiche e con tutte le Amministrazioni regionali, provinciali e comunali.
In particolare l'impegno diretto si vuole precisare come segue:
1) Intervento sociale e politico nelle strutture del quartiere (edilizia sociale, scuola, assistenza psicosanitaria, ecc...) da attuarsi in collegamento col Consiglio di Zona e di Quartiere, in modo da operare socialmente in radice sulle strutture emarginanti, in quanto si ritiene che l'emarginazione come fenomeno sociale sia da superare propriamente nella società, in massima parte.


2) Per quanto riguarda le situazioni di emarginazione esistenti, si prevedono:
a) affidi temporanei di minori del quartiere, particolarmente per casi di emergenza, onde evitare ricoveri in istituti, che comportano lo sradicamento dal proprio ambiente sociale, ritenendo questa una proposta alternativa per una prevenzione del disadattamento.
b) affidi di minori istituzionalizzati, da valutare nel caso della Comunità, in collegamento con gli Enti pubblici interessati e sopra indicati, per un tentativo di rieducazione e di reinserimento.
c) campi di lavoro, gestiti dalla comunità e con l'intervento diretto e a pieno tempo almeno uno dei suoi componenti, con un duplice scopo:
- fornire un'attività provvisoria e di eventuale reinserimento graduale nel mondo del lavoro a coloro che per diversi motivi si trovassero impossibilitati ad una attività lavorativa regolare.
- offrire la possibilità di esperienze comunitarie di lavoro, per quanti, particolarmente tra i giovani, ne fossero interessati, per un servizio sociale.
Cfr. nota aggiuntiva.
d) Rimane aperta la disponibilità ad una ospitalità in generale; da verificare nella sua concretizzazione di volta in volta dalla Comunità.
L'operazione-cascina richiede anche investimenti economici. Se è augurabile, anche in un futuro non lontano, una autonomia e sufficienza economica, gli attuali restauri, sgomberi, agibilità ecc. ci chiedono uno sforzo economico superiore alle nostre attuali risorse. Vogliamo tentare però, senza illuderci ma con rischio consapevole, e chiediamo quindi a tutti coloro che condividono questa prospettiva di darci una mano. L'investimento sociale senza restituzione (i nostri padri la potrebbero chiamare elemosina) è una tradizione cristiana talmente antica che ci sentiamo di poterla serenamente sollecitare.
Per diversi motivi non vorremmo passare un altro inverno senza iniziare a vivere nella cascina. Chi volesse aiutare può farlo mediante vaglia postale intestato a Danilo Rasia, via S. Capsoni II, 20161 Bruzzano - Milano.
Siamo sempre disponibili a render conto dello uso che faremo di ciò che verrà dato.
Ci siamo costituiti come cooperativa di gestione per obbligarci alla pubblicità dei bilanci.
Ci rifaremo vivi su questi fogli per raccontarvi come vanno le cose, per chiedervi di venirci a trovare, per comunicarvi l'esperienza che stiamo iniziando.

«Comunità di Milano»
via Corelli, 124


in Lotta come Amore: LcA giugno 1974, Giugno 1974

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