Feudi, mafie, chiese...

Questo accostamento lo ha fatto un quotidiano di qualche giorno fa e tutto l'articolo lasciava assai perplessi per la forza descrittiva e l'analisi spietata del come è sistemata la società del nostro tempo.
Organizzazioni potenti, rigidamente strutturate, tese a realizzare. le proprie finalità. Divisioni nette e precise di campi di influenzamento, quasi determinate da misteriosi accordi, sostenute da strani rispetti vicendevoli. Appoggi e sostegni intelligenti al momento opportuno, intrallazzi segreti, maneggiamenti scaltri per una disinvolta collaborazione, sempre però con l'intenzione di un vantaggio esclusivo.
E tutto sulla pelle del popolo. Tutti a rigirarsi fra i tentacoli il povero Popolo per tenerlo e mantenerlo nella posizione e nella condizione più favorevole per risucchiare il sangue.
Il feudo politico, questo arrogarsi il monopolio della politica a stabilire progettazioni e concretezze di divisione e possesso del modo. Come non mai nella nostra storia. Eppure queste stesse cose le ritroviamo, appena fuori casa, nella città, nel paesucolo, nel comune, nel quartiere, in tutti gli organismi amo ministrativi dove il popolo non conta nulla, altro che per essere sgabello dei piedi di chi nella politica è ben infeudato.
La mafia economica. Non la mafia dei mafiosi che punta sull'anonima sequestri, il contrabbando e il traffico della droga, a racimolare qualche miliardo. AI contrario la grande mafia delle multinazionali, della ragione economica assoluta e spietata, della ricchezza misurabile solo con i vuoti spaventosi di fame nel mondo. La mafia dell'insaziabilità più vampiresca, organizzata in onnipotenza: quest'invisibile dio che domina il mondo. Ne possiamo avere un piccolo segno nella banca all'angolo della strada, nell'azienda dove lavoriamo, nella caserma della città, forse anche nel negozio di fronte...
Ma lasciamo andare; non è dei feudi dell'assolutismo politico o di questa mafia che ci interessa parlare, tanto più che nessuno è disposto a lottarvi contro fino a morirvi, per la nascosta, istintiva speranza di passare in qualche modo e misura dalla condizione di sfruttato a quella di sfruttatore.
Le chiese e cioè la Chiesa, questa proprietà del religioso, questo assoluto del cristianesimo, questo monopolio dello spirituale. Di questo ci interessa enormemente parlare per tanti motivi, ovviamente, ma, in particolare perché questo rinchiudere Dio - l'infinito - nelle mani di pochi, ci sembra qualcosa di blasfemo, una negazione vera e propria della stessa idea di Dio.
. Almeno Dio non è di nessuno. E' unicamente di Dio. Gesù Cristo non è una proprietà privata, da amministrare sia pure saggiamente. Il suo sangue - la sua salvezza - circola nel cuore e nelle vene di tutta l'umanità. La sua Resurrezione e cioè la sua vita è nella vita di ogni essere umano, è vita di tutti gli uomini.
Quest'accostamento, quasi una correlazione come di entità diverse ma istituzionalmente identiche, ci è motivo di amarissima sofferenza, di disagio terribile. Feudi, mafie, chiese... non è insinuazione maligna o sacrilega denigrazione. Può essere constatazione spietata quanto si vuole, ma concreta e reale.
Ne abbiamo anche noi un'esperienza angosciosissima. Sappiamo bene che la Chiesa ha del feudo, ha della mafia.


Non intendiamo, sia chiaro, metter in dubbio i fondamenti della Chiesa, il primato del Papa o l'autorità dei Vescovi. La Fede è Fede e chi ci conosce sa quanto sia in noi chiara e precisa. D'altra parte però è anche vero che gli uomini sono uomini, compresi quelli in condizione d'autorità e responsabilità nella Chiesa. Essi, come uomini, portano in se stessi strane e impressionanti rassomiglianze specie con chi a loro si avvicina con chi, dunque, detiene il «potere». Sono queste rassomiglianze, ritrovabili nel Papa, nei Vescovi, nei parroci, nei cosiddetti «superiori», che noi intendiamo combattere per ritrovare, più che sia possibile, un'altra rassomiglianza infinitamente decisiva e cioè quella con Cristo, costruita a fuoco dallo Spirito di Dio.
Molte cose, è vero, sono cambiate a seguito del. la forzatura liberante dei tempi. Persistono comunque mentalità e prassi autoritarie nella Chiesa capaci di significarla come un vero e proprio gruppo di potere.
Il cristiano che cerca di responsabilizzarsi alle scelte della propria Fede non può che ritrovarsi in condizioni passive in tutto quello che decide del suo essere e del suo operare. Nell'andamento della sua Chiesa (dalla parrocchia alla Chiesa cattolica) la sua posizione è di numero da assommare ad altri numeri per operazioni religiose e temporali' accuratamente prestabilite e propinate. Soffrono i cristiani, quelli coscienti e vivi, di una sudditanza che non è di Fede perché Fede non può esistere in un rapporto di questo genere.
E si spenge la Fede nei giovani quando entrano negli anni di una coscienza di responsabilità personale. E - tanto più nei giovani - passa via, svanita da una paura di nullità e inanità personale giustificata da un'esperienza lampante, ogni possibile idea di vocazione sacerdotale e consacrazione religiosa, a meno che non si tratti di sogni di carriera e affermazioni ecclesiastiche, capaci soltanto di aggravare fino all'insopportazione i gruppi di potere clericale.
Per il non cristiano è difficile, spesso addirittura impossibile (è miserabile nascondersi, come fanno tanti difensori dello stato attuale della Chiesa, sotto l'ombrello dell'altrui cattiva volontà) distinguere la Chiesa dal feudo politico o dalla mafia economica. Non vedere la Chiesa ruota d'ingranaggio di tutto il sistema che macina il mondo a spremervi privilegi, vantaggi, ritorni, interessi specificamente fatti di autorità, di potere, di dominio. Gli intrallazzi fino ad osmosi vicendevole, tra feudi, mafie e chiese, risultano sempre più evidenti. Non tanto per un loro aggravarsi nel nostro tempo, quanto per una capacità visiva e critica della gente e per una sempre più spietata esigenza (grazie a Dio!) di una verginità religiosa e cristiana della Chiesa, nel cuore di tutti, credenti e no.
La Chiesa deve rompere con tutti i feudi e tutte le mafie e ritrovarsi sola, indifesa e libera. Così tanto fino ad essere contro ogni feudo ed ogni mafia.
E' misteriosa indicazione la solitudine di Gesù Cristo. Il suo rapporto con i feudi e le mafie del suo tempo è stato unicamente di lotta e in questa lotta ha riversato tutto il suo Amore.
E' in questa capacità di solitudine che la Chiesa può purificarsi e liberarsi da ciò che di feudo e di mafia i suoi uomini le hanno incrostato sulla sua storia. Fino a ritrovare la sua originalità di comunità di servizio, di umiltà, di dono, di un morire dentro la vita per un'umanità diversa.
E' responsabilità terribile quella che pesa sugli uomini della Chiesa per il loro non essere capaci della adorabile originalità di Gesù Cristo: il loro mutuare, in modi così raffinati fino a divenire «maestri», la sapienza degli uomini di questo mondo feudale e mafioso, è il rinnegamento e il tradimento più detestabile che possa essere perpetrato contro Cristo e il popolo di Dio.
La Chiesa in questo momento penitenziale dell'Anno Santo, nella considerazione pastorale del sacramento della penitenza, sarà bene che rifletta seriamente sulle parole di biasimo e di respinta di Gesù a Pietro, dopo che aveva parlato ai discepoli di passioni e di morte: Via, lontano da me, satana! Tu mi sei di scandalo perché non segui i pensieri di Dio, ma quelli degli uomini» (Mt. 16, 23).


La Redazione


in Lotta come Amore: LcA giugno 1974, Giugno 1974

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