1956 - 2006 50°Anniversario
Lo scorso due settembre, fra l'acqua del canale e il verde delle piante che ombreggiano la Chiesetta., in centinaia e centinaia abbiamo trascorso insieme un lungo pomeriggio e una memorabile serata.
Penso che a tenerci insieme sia stato un sogno che ancora ci riempie il cuore. Nei mesi precedenti avevo suonato un flauto magico che ripeteva due sole note: Don Sirio e Chiesetta del Porto. Al richiamo di quella musica speciale qualcosa di leggero aveva iniziato a volteggiare nell'aria: una frotta di emozioni, persone che ci contattavano, liete alla notizia che si avvicinava il 50° della Chiesetta e che volevamo festeggiarlo insieme. Ci offrivano aiuto, chiedevano di partecipare, ci donavano i loro ricordi. Da quel momento, la coralità è stata il leitmotiv dei nostri incontri, di tutti, quelli preparatori e quelli della giornata finale, perché il percorso e la meta da raggiungere non vivono l'uno senza l'altra. Quell'incontrarci, mettendo insieme passione ed energia, è stato il nucleo del nostro lavoro, durante il quale si sono intessute relazioni che ancora ci nutrono.
L'invito era per le 18,30, ma già un'ora prima lo spazio era fiorito di persone che si fermavano interessate a leggere i pannelli che Paola Benedetti aveva disposto con arte, incorniciandoli con il color ruggine di una lunga rete da pesca. Vi era tratteggiata con scritti e foto l'incredibile storia di Don Sirio e della sua Chiesetta: speriamo di potere esporre questa bella mostra anche il altre occasioni. Il pannello più grande era stato fatto dai pescatori, compartecipi con noi della giornata: tante foto della darsena Toscana, soprattutto dei primi del '900. Su uno schermo TV passavano le immagini di un video creato da Luca Guidi con passione, intrecciando sue foto con frasi di Don Sirio: la colonna sonora è quella de <Il pescatore> di De André
Fra le numerose persone incontrate in quei primi momenti, due in particolare mi hanno colpito. La prima è Silvano Francesconi, che avevo invano cercato anni fa, quando cominciai la stesura di un volumetto sulla storia dell'edificio che più tardi ospitò la Chiesetta del Porto. Si tratta dell'allora giovane muratore che nel lontano '56 costruì con estro e perizia la parete di fondo della cappella, quella a pezzi di travertino, che pare quasi un mosaico. Il secondo è il Granaiola, la cui ditta edile lavora per il cimitero di Capezzano: fu lui a murare la tomba in terra che accolse Don Sirio per i primi 14 anni dopo la sua morte e sempre lui ne curò lo spostamento in Chiesetta. Ambedue avevano saputo dai giornali del cinquantesimo anniversario e si erano detti che non potevano mancare!
E poi, naturalmente in anticipo, erano arrivati amici di vecchia data, gente che non vedevamo da 20, 30 anni, ma la cui vista allargava subito il cuore, come se il tempo non fosse passato. Fra questi ci fu la sorpresa di Carmine ed Eliana, arrivati da Milano, con qualche capello bianco, ma sempre uguali: nel '70 la coppia ci raggiunse in quel di Bicchio con due bambini piccoli per unirsi alla nostra vivace comunità.
Il programma iniziò puntuale, non potevamo permetterci di ritardare perché gli interventi erano tanti. Volevamo offrire una pluralità di eventi che permettesse a chi interveniva di goderne anche in maniera indipendente, a seconda di cosa lo interessava: musica, recitato, immagini, microstoria della città, ricordi dei protagonisti, perfino una magnifica zuppa di pesce offerta all'ora di cena dai pescatori e cucinata dallo chef Amelio Fantoni e, più tardi, le favole recitate da Elisabetta Salvatori.
Per potere tenere insieme un progetto così ampio e fluido, occorreva un professionista che unisse alla provata esperienza uno spessore di sentire. Ho scelto Stefano Pasquinucci che già conoscevo ed apprezzavo e con il quale, dopo questa esperienza, i legami si sono approfonditi.
Lui con perizia e passione è riuscito a creare un clima spontaneo, dietro il quale vi era il paziente e faticoso lavoro di comporre e gestire una scaletta che cresceva di giorno in giorno. Fra l'altro, per rendere vivace la giornata, Stefano ha avuto l'idea di rendere l'incontro itinerante, nel senso che il programma si è svolto in punti diversi.
L'inizio è stato davanti alla Chiesetta, il cui interno era stato ornato di fiori dalla sensibilità artistica di Michela, una delle tante persone conosciute per l'occasione. Nel piccolo spiazzo hanno parlato Italo Castellani, vescovo di Lucca, che pur non avendo conosciuto Sirio di persona, ha saputo rievocarne la figura con garbo e vivacità; Mauro Rossi, Assessore alle attività portuali del Comune di Viareggio, che ha rievocato con passione il significato della presenza di Sirio in città per i giovani di allora; Don Luigi ed io.
A questo punto, per creare il clima giusto, Stefano ha proposto un brano scritto nei primi anni '60 da Don Sirio. La lettura è stata punteggiata dai rintocchi della campana del campaniletto a vela, restaurato per l'occasione.
"Ogni mattina, appena tacciono le sirene dei cantieri, suono la piccola campana posta sul tetto della Chiesetta: è nascosta fra i pini ed è di tra il verde che sbucano fuori i rintocchi a distendersi nel bosco degli alberi delle barche assiepate tutt'intorno, quasi accovacciate sull'acqua a dormire ancora, nonostante lo splendore del sole.
È l'ora della messa, è l'ora del lavoro e mi accompagna all'altare l'orchestrale di una musica vera. Alla fuga classica dei primi colpi di mazza rispondono suoni più lontani, colmati di eco profonde, il martellare secco dei calafati e poi le lamiera battute a suono metallico. Si accende, allora, qualche rumore di peschereccio e spesso fanno coro quelli dei grossi motoscafi in prova; le voci delle seghe a nastro cantano l'ultima pena del legno mentre irrompe violento l'inno trionfale dei martelli pneumatici che raccoglie ed unisce ogni altro rumore in un a solo potente."
È stato il momento di spostarci davanti al Moletto Sanità, dove Zeffiro Rossi ha raccontato un brano della microstoria di Viareggio, condendolo con il buon sapore di episodi personali. È seguita una breve visita al <Crocifisso dei Pescatori>, il bel murale che Giovanni Lazzarini dipinse circa trent'anni fa sul lato monti della Chiesetta e che il Comune si è impegnato a restaurare.
Per la quarta tappa il gruppo si è portato sul lato mare, dove si apre lo spazio verde che Sirio chiamava il <Campo della Pace> e che negli anni '90 è stato sistemato su progetto di Franco Anichini. Ci siamo avvicinati al grande Monumento al Lavoro formato da una gigantesca ruota dentata e da un'ancora, lì si è dato il via ai ricordi: dalla Capitaneria del Porto, rappresentata dal comandante D'Aniello, a chi era presente già negli anni '50 e via via fino agli anni '80. Lisandra Biagini, Brunello Consorti, Giuseppe Balloni, Antonio Dalle Luche, Giovanni Merlini si sono susseguiti in un caldo raccontare, offrendoci il tesoro dei loro ricordi personali.
Poco lontano ci attendevano le due gradinate dei mattoni a bella vista che formano l'anfiteatro, attorno al quale si è svolta la parte teatrale e quella cantata. È stata la volta di una breve rappresentazione della vita di Don Sirio, ad opera di Riccardo Mazzoni e di Rebecca Palagi che ne scrivono il testo: Rebecca reciterà la parte di Don Sirio, Riccardo sarà la voce narrante. Se vi interessa leggere il testo, potete trovarlo nel sito di Riccardo, http://riccardomazzoni.splinder.com. Samanta Barontini ci ha regalato il piacere di ascoltare la sua splendida voce in due interventi cantati; Tiziana Baldassarri ha scelto e letto per noi delle poesie di Kahlil Gibran, un poeta cristiano maronita, libanese di nascita, che canta la pace, la speranza, l'amicizia.
Questi artisti fanno parte del gruppo versiliese <Il teatro della parola> che si è raccolto l'anno scorso intorno a Stefano Pasquinucci: sono giovani e per me raccontare loro la storia di Don Sirio, la mia - legata alla piccola Comunità del Porto - quella della Chiesetta, è stato un piacere perché il loro coinvolgimento, l'attenzione con la quale mi ascoltavano, mi hanno dato la sensazione di potere operare un passaggio di testimone fra generazioni, un valore sorgivo dal quale può nascere nuova vita per la cara Chiesetta.
Dopo i giovani, è venuta la volta dei vecchi: sono gli antichi teatranti, attori e coro, che Don Sirio aveva riunito negli anni '70 per portare sulle scene il suo teatro. Erano presenti numerosi, generosi come allora, il tempo sembrava non essere passato e i capelli bianchi quasi non si vedevano, mentre recitavano dei brani e cantavano alcune canzoni.
Era ormai l'ora di cena, in molti ci siamo accalcati intorno al peschereccio appena attraccato che aveva a bordo enormi pentoloni di fumante e profumato cacciucco. Quanto lavoro per quella zuppa e quanta ansia nei giorni precedenti, quando il mare brutto sembrava impedire la pesca... Insieme al pane e al vino ha costituito la cena conviviale che ci ha permesso di fare una sosta, di scambiare le prime impressioni, di salutare gli amici, di stringere mani e di accettare, grati, i tanti ringraziamenti per quanto avevamo organizzato.
Nel dopo cena ci siamo goduti il contributo di Elisabetta Salvatori, un'attrice di prosa versiliese che amo particolarmente: l'avevo contattata un paio di mesi prima, presentandomi e chiedendole di intervenire all'iniziativa. Lei non aveva conosciuto di persona Don Sirio, ma di fama sì, e disse con molta semplicità che sarebbe stato un onore. Quella sera recitò tre favole della tradizione toscana imperniate sulla solidarietà e l'amore, con quel suo stile tutto particolare. Nel buio della sera, accanto all'acqua del canale, ci siamo lasciati incantare dalla sua figuretta sottile e avremmo voluto che non smettesse più.
Poi sono continuati gli interventi, uno degli ultimi quello di Nicoletta, la presidente del Comitato Matteo Valenti. Li avevamo invitati perché Matteo è purtroppo morto sul lavoro, tragicamente, troppo, due anni fa. E il Comitato si è costituito per ricostruire la verità su quell'incidente e per far sì che non accadano altre morti. Ed era importante che la Chiesetta rendesse omaggio a tanto impegno, visto quanto Sirio era sensibile a quel problema, al quale aveva dedicato il suo primo lavoro teatrale. E Nicoletta è intervenuta, facendoci la sorpresa di leggere un lungo brano del teatro di Sirio, quello della moglie dell'operaio morto sul lavoro.
Era quasi mezzanotte quando alla fine ci siamo sciolti: tante ore passate insieme come in un sogno, lasciandoci trasportare dai ricordi, in un gioco di rispecchiamento come altre volte è accaduto. È il gioco dei cuori che amano e che si riconoscono, che parlano lo stesso linguaggio, che condividono un uguale sentire, uno spazio comune abitato da tutti. Abbiamo scoperto che il nostro spazio, la nostra terra di origine è la Chiesetta, il verde accanto, una distesa aperta eppure definita dal basso muretto di mattoni: un luogo umile, semplice e vero come chi vi ha abitato.
Maria Grazia Galimberti
in Lotta come Amore: LcA dicembre 2006, Dicembre 2006
Luigi Sonnenfeld
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