Sulla strada di Emmaus

Certamente una delle pagine più belle del Vangelo è quella che racconta l'avventura dei due discepoli di Gesù in viaggio per il piccolo paese di Emmaus. E' una storia piena di significati profondamente umani, carica di tutto il mistero della resurrezione di Gesù, della sua presenza nascosta nel destino della vita.
Quella strada che da Gerusalemme si snodava verso Emmaus, mi sembra tanto simile a quella sulla quale tanti uomini avanzano sotto il peso della fatica e della tristezza, della sfiducia che grava continuamente sul cuore. Perché le attese e le speranze, i sogni e la ricerca vissuta e affrontata con tutte le energie del proprio spirito uno se le vede mangiare e portar via - come i due discepoli di Emmaus - dalla tragicità della vicenda umana.
Poche ore, pochi avvenimenti e l'ombra della croce si alza a coprire di lutto le gioie più meravigliose. La speranza di qualcosa di nuovo, di giusto, di buono, di un mondo fraterno e umano ... e subito tutto in frantumi, come il lampo del cannone e il sibilo terribile del missile in picchiata. La pace... la pace desiderata, sognata, invocata per ogni angolo di terra, e subito gli occhi devono assistere allo spettacolo di morte che lacera il corpo dell'umanità, qua e là, in Vietnam, in Brasile, in Cile, nel Mozambico, in Palestina, all'Est e all'Ovest.
E' sempre la grande ombra della croce, il sangue che cola dai chiodi piantati dai soldati di tutti i tempi (servi obbedienti di ogni sistema oppressivo e atroce): è il grande giorno del Venerdì Santo del Corpo di Cristo che è l'umanità schiacciata ed oppressa. E non ci sono occhi capaci di vedere il Risorto, e non c'è cuore che abbia il coraggio e la forza di sognare un mattino di luce, un pezzo di pane mangiato in amicizia, un pezzo di terra (che sia tutta la terra) dove cresce sicura la libertà, la giustizia, l'amore.
E si cammina con il passo stanco, trattenendo quasi il respiro in fondo all'anima: si continua a camminare perché si deve, perché non ci si può fermare, perché bisogna andare. Ma Lui non lo vediamo, anche se insieme con noi, lungo il cammino, sulla stessa via qualcuno cammina a fianco e ci parla al cuore da uomo vero che conosce la verità delle cose. Vediamo il volto dell'uomo, ma il volto del Cristo risorto, vittorioso sulla morte (su tutto quello che è morte) non riusciamo a riconoscerlo.
Forse ne abbiamo dimenticato perfino la vera immagine, non sappiamo più come era veramente. E' come di coloro che abbiamo intensamente amato e che ci sono stati strappati con violenza dalla morte...
Ho pensato molto a Gesù in cammino sulla via di Emmaus; vi ho pensato nell'impegno quotidiano del lavoro nel cantiere, mescolato e perduto nella massa dei compagni operai: li ho sentiti molto vicini ai due antichi discepoli del Signore, delusi ed oppressi, sfiduciati ormai e quasi incapaci di credere che Lui sia davvero vivo, presente, realmente «compagno» di viaggio, diretto anche Lui allo stesso luogo.
Anch'io cammino con loro sulla stessa strada, raccogliendo nel cuore - con totale rispetto - le molte inquietudini e incertezze, .le nostalgie e le delusioni patite da tutta una storia, passata e presen-te di cristianesimo, di preti, di Chiesa ...
Sperare e avere fiducia che qualcosa rinasca: che la tristezza si cambi in gioia, l'incredulità si trasformi in fede la diffidenza e il disprezzo in stima sincera e profonda, tutto questo è doveroso e legittimo: ma la via è lunga - è una «lunga marcia» di liberazione - perché sono davvero tanti i discepoli di Emmaus che camminano portando sulle spalle il peso e l'ombra di una grande amarezza.
Il peso e l'ombra della passione e della morte, la delusione di un cristianesimo troppo spesso tradito da chi dovrebbe viverlo con coraggio e verità; la sfiducia in una Chiesa che troppe volte non è pronta a stare dalla parte del povero, dell'oppresso, dello sfruttato, di chi è come agnello sgozzato sull'altare della potenza e della ricchezza (ed è il Cristo stesso, divenuto a volte popoli interi, che continua la sua agonia).
Sono sicuro che l'unica cosa da fare è continuare a camminare su questa strada di Emmaus, strada degli sfiduciati e dei delusi, portando nel cuore il fuoco della fede, il calore e la luce dell'amore di Cristo, condividendo tutta la fatica del viaggio, senza difendersi da niente e da nessuno.
Nella certezza che solo «al momento di spezzare il pane» - come dice la parola del Vangelo -potrà avvenire la scoperta di Colui che ci cammina a fianco, ed ha il nostro stesso volto, le mani dure e callose del povero, il corpo ferito e piagato del perseguitato e dell'oppresso, e un cuore infinitamente più grande del nostro. Il cuore del «compagno Cristo», che fa la nostra stessa strada e la apre ad orizzonti nuovi, a libertà e a giustizia senza misura. Il nostro compagno Cristo: Lui che il Padre ha mandato nel mondo e che vi rimane per sempre, ogni giorno, a camminare vicino nella nostra notte.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA aprile 1974, Aprile 1974

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