Nel numero precedente del giugno scorso, avevamo avvertito della festa per il 50° anniversario della Chiesetta il 15 agosto. Pensavamo fosse giusto mantenere quel giorno; come un compleanno da festeggiare nella ricorrenza di quel lontano 15 agosto 1956. Poi, nel tempo in cui il giornalino veniva stampato e spedito, è maturata la convinzione di evitare che una data così immersa nel cuore di un periodo di viaggi e di vacanze potesse ostacolare la partecipazione e l'incontro dei più. Soprattutto volendo intrecciare intorno alla Chiesetta "una danza dei cuori" come scrive Maria Grazia, nell'articolo che segue, descrivendo la bella festa di sabato 2 settembre.
Abbiamo comunque mantenuto anche la ricorrenza del 15 agosto e quel giorno abbiamo celebrato messa e cenato insieme in un clima sereno e partecipato da tanti amici venuti anche da fuori. La Chiesetta non poteva raccogliere tutti, ma con l'aiuto di un microfono e di una cassa portati da Mario Bindi, la maggior parte dei convenuti ha potuto partecipare pur stando fuori della porta spalancata per l'occasione.
Erano anni che non passavo il 15 agosto alla Chiesetta, in quanto intorno a quel giorno si imperniano, ormai da tempi "immemorabili", i tre giorni di riflessione e di incontro alla Cascina G ad Ottiglio di Casale Monferrato. E sono anni che vi partecipo con Beppe Giordano nella fraterna e gioiosa amicizia con don Gino e gli altri che usano riunirsi con lui.
In comunione e in comunicazione con loro, mi è sembrato che "si aprissero i cieli" di un incontro, mai terminato, con Sirio, Beppino e le tante persone - uomini e donne -, con cui si sono intrecciate e si intrecciano i fili più intimi della vita.
Ho capito che la Chiesetta esprime davvero bene - nella sua essenziale semplicità e nella impossibilità fisica di ospitare anche solo la piccola folla che, nell'occasione, si è radunata intorno - la povertà di un segno che insieme indica, ma nello stesso tempo non si sovrappone né mette in ombra la realtà indicata: non le pietre, i marmi, i mattoni. Non l'organizzazione, le gerarchie, il potere. Non il rito, il merito, la buona opera. Ma le persone nel loro incontrarsi in una comunione che genera ancor più la sete e la fame di una misura piena, colma, traboccante della vita accolta come dono prezioso e sorprendente. E fede è intuire questa sorpresa e saperla dono d'amore e sentire che questo amore nasce nel cuore di Dio e non può non comunicarsi a tutte le creature. Oggi come sempre.
Per la prima volta, devo confessare, in tanti anni, ho fatto pace con la Chiesetta, scuotendomi di dosso quella sensazione di dover convivere comunque con un segno "ecclesiastico". Accogliendola come luogo di confluenza, di incontro, di passaggio. Piccolo tetto a custodire la speranza dell'umanità pur stanca e scoraggiata, la fiducia dell'umanità resistente, l'amore dell'umanità liberata dalla paura di se stessa. E chi, se non Gesù che "ha condiviso in tutto" la nostra condizione umana, poteva trovar riparo sotto quel tetto?
Così, nel mettere insieme queste paginette,
mi sono ricordato di uno scritto di don Beppe (Beppino) in cui descriveva la Chiesetta e la sua gioia nel ritornare fisicamente ad abitarvi, dopo gli anni trascorsi ad accudire i "suoi" quattro bambini: "Sono contento di essere riapprodato a questo angolo di terra che per me rappresenta un punto di riferimento interiore, uno spazio non solo materiale e geografico, ma anche uno spazio del cuore, dello spirito. Un'ansa del fiume dove ho avuto la grazia di scoprire il tesoro da tempo cercato, la perla preziosa, la terra intravista nel sogno: un angolo di mondo in cui, passo dopo passo, si è dipanato il filo della Fede, dell'Amore, della Speranza".
Anch'io, forse, sono riapprodato con lui.
E' poi arrivato l'atteso 2 settembre. La festa, preparata dall'amore, dall'energia, dalla cura e dalla attenzione di Maria Grazia, è stata una serata meravigliosa. La stessa Maria Grazia ne ha scritto un ampio resoconto che leggerete volentieri e che vi darà un'idea di quante persone hanno partecipato portando ognuna un contributo di affetto, di coinvolgimento, di fattività e creatività. Non ho timore di dire che sono rimasto letteralmente sommerso da tutta la situazione che si è andata man mano delineando con l'affluire della gente e gli ultimi ritocchi alla Chiesetta e al "campo della pace". Sommerso, incredulo e sorpreso insieme. Fortunato ad abitare quel luogo così abbondantemente abitato, amato, cercato.
In modo tutto particolare, è stato ricordato don Sirio. Riporto qui nel giornalino la sintesi della sua vita che hanno presentato a quattro mani Riccardo Mazzoni e Rebecca Palagi, in parallelo con la storia dell'edificio poi divenuto chiesetta e la storia del periodo in cui Sirio è vissuto. Credo che anche chi non l'ha conosciuto (son quasi vent'anni che è morto e a me sembra ancora ieri..) può avere un'idea del percorso di quest'uomo ancora molto amato a Viareggio e non solo.
Ho poi aggiunto, dopo l'articolo di don Beppe cui facevo cenno prima, anche uno stringato riassunto di una delle favole raccontate con magica maestria da Elisabetta Salvatori quasi al termine della serata.
Mi è parso il regalo più bello che Maria Grazia ha voluto fare alla Chiesetta e a me, questo voler tentare di intrecciare la memoria di una storia del recente passato, - storia di Sirio, di Beppe, della Chiesetta e della sua piccola comunità - con giovani che questa storia non conoscevano, ma che hanno risposto con tanto calore e partecipazione personale attraverso le cose belle che ciascuno di loro ha voluto fare. Con il rispetto e insieme il desiderio di entrare in contatto con l'energia che ancora oggi emana questa esperienza di vita e di fede. E che ha trovato il suo simbolo nell'espressione del cuore.
Così, alla fine della festa, ho voluto ringraziare:
"E' la Chiesetta che vi ringrazia tutti veramente. Questa piccola costruzione affogata tra gli alberi, nascosta anche a chi ci passa vicino. La Chiesetta è abituata al silenzio, all'ombra, ormai da anni. Ma non è un silenzio chiuso in sé. Non è un nascondimento dovuto a paura, a tentazione di isolamento. E' come un volere entrare ancora di più nel cuore della vita, della storia della gente. In modo sommesso e quieto, come di una compagnia che si affianca lungo la strada senza nulla pretendere. E vi dico che in questi anni, da quando con la morte di Beppe sono rimasto l'ultimo abitante di questa casa, tante storie i mattoni, le mura, ma anche le mie orecchie hanno ascoltato. Storie a volte molto pesanti, storie che ti levano la voglia di fare qualcosa perché quando i problemi ti appaiono così pesanti, non vien fuori neanche il coraggio di pensare a una soluzione.
E questo però non vuol dire che allora uno chiuda gli orecchi o che la Chiesetta si rinserri in se stessa, perché già ascoltare è condividere, perché già - e qui le favole che abbiamo ascoltato prima si sono intrecciate anche a quello che è stato detto lungo tutta la serata, - ascoltare è accogliere l'altro dentro di sé nella comunione del cuore. La piccola casa che è il cuore è veramente una grande cosa. E' questa la parola che vorrei dirvi stasera da parte di questa Chiesetta la cui porta rimane aperta dalla mattina presto fino a sera. Io la chiudo quando vado a dormire, ma se c'è qualcuno che ci dorme dentro accosto semplicemente il battente e lo ritrovo aperto la mattina dopo, senza che sia stato toccato nulla.
Quello che voglio dirvi, quello che vuole dirvi questa Chiesetta è di guardarvi, di guardarci. Siamo così tanto diversi tra noi. Diversi per età, diversi per genere, diversi per condizione economica, diversi per cultura.. e sono così tante le differenze. Eppure abbiamo avuto la capacità di stare insieme, di parlarci, di ascoltarci. Va bene, e allora cos'è questo? Un momento di distrazione? Un momento in cui ci immergiamo in un sogno che è solo astrazione? Oppure appartiene a quel "piccolo passo" cui accennava Mariella prima parlando di don Beppe e dei suoi consigli così "semplici" eppure sempre così essenziali per la vita? Piccolo passo eppure così decisivo. Cosa vuol dire ascoltare - la magia della parola cui accennava Stefano Pasquinucci -, se non che, se abbiamo pazienza - ma la pazienza forte, la pazienza non rassegnata, la pazienza di quelli che nel vangelo sono chiamati miti, cioè gente dal cuore infaticabile -, questo può far sì che al di là delle stanchezze, delle delusioni, riusciamo a trovare degli spazi, dei modi per convivere. Perché sarà la notte buia descritta nell'ultima favola da Elisabetta, del lupo e dell'agnello che non si riconoscono per via del buio e quindi fanno amicizia, ma noi abbiamo bisogno di riconoscerci al di là dei denti che uno si trova in bocca, delle appartenenze a una parte o l'altra, del rinchiudersi nelle nostre case, nelle nostre cose, del sentirci sempre in credito verso la fortuna, verso gli altri, verso la vita che ci deve dare di più, di più..
Questa è una traccia, una strada. La porta aperta della Chiesetta può essere un segnale, questo luogo minuscolo può essere uno spazio dove riacquistare forza e fiducia e insieme la capacità di incontrarci e di riconoscerci.
Grazie! E come diceva Sirio: "A gran cuore!".
Il 2 settembre non sarà l'ultimo appuntamento di questi anni, intorno alla Chiesetta. Come annunciato, durante la festa, è iniziato un concorso tra le scuole d'arte della provincia di Lucca (Istituto d'Arte Stagio Stagi a Pietrasanta, Istituto d'Arte A. Passaglia e Liceo Artistico di Lucca), per la decorazione in pannelli di ceramica della parete della Chiesetta lato mare. Agli studenti che decidono di partecipare, stiamo presentando la vita di Sirio e di Beppe in modo che loro illustrino quello che ritengono importante e particolarmente significativo. Il progetto premiato sarà realizzato e posto in opera nell'autunno del prossimo anno.
Nel 2008, a dieci anni dalla morte, vorremmo ricordare don Beppe con un "convegno" di forme "alternative" di solidarietà sociale, nell'intento di cercare di capire la sua ricetta per "mettere insieme" la gente come solo lui sapeva fare.
E, sempre in quell'anno, - sono venti dalla sua morte - con l'aiuto di una Fondazione diocesana sarà ristampato il primo libro di Sirio, "Una zolla di terra" con i contributi di Luisito Bianchi e di Arturo Paoli.
A proposito di Arturo, questa volta ci scuserà se abbiamo messo la sua "posta" in fondo al giornale. Ma anche lui si unisce alla danza dei cuori e propone un percorso decisivo: "Credo che per mettere pace nel cuore non basta perdonare come spesso viene consigliato. Bisogna elaborare, chiarire, sciogliere il nodo".
Luigi
in Lotta come Amore: LcA dicembre 2006, Dicembre 2006
Luigi Sonnenfeld
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