Cile amaro

Siamo cinquemila qui, in questa
piccola parte della cittā.
Siamo cinquemila, quanti saremo
in totale?
Solo qui,
diecimila braccia in meno a seminare
e a fare andare le fabbriche.
Quanta umanitā con fame, freddo,
panico, dolore, abbattimento, timore e pazzia.

Seimila dei nostri si sono persi
nello spazio delle stelle.
Uno morto, uno colpito come
mai avevo creduto si potesse colpire
un essere umano.
Altri quattro han voluto togliersi ogni timore.
Uno saltato nel vuoto,
un altro battendo la testa contro
il muro.
Ma tutti con lo sguardo fisso nella morte.

Com'č spaventoso il volto
del fascismo!
Portano avanti i loro piani con precisione
sistematica,
senza preoccuparsi di nulla.
Il sangue per loro sono medaglie,
l'assassinio č atto d'eroismo.

E' questo il mondo che avete creato,
Dio mio?
Per questo i sette giorni di meraviglia
e di lavoro?

In queste quattro muraglie c'č solo
un numero.
Che non aumenta,
ridotto lentamente dalla morte...

Canto, ma mi viene male
quando devo cantare la paura.
Paura ha cantato l'ultimo arrivato,
da farmi morire di paura.
Di vedermi fra tanti e tanti
momenti dell'infinito
in cui il silenzio e il grido sono le mete
di questo canto.

Quello che vedo, mai lo vidi
quello che ho sentito e quello che sento
farā sorgere il momento...


brano di una poesia di Vietar Jara,
poeta cileno ucciso nello stadio di Santiago.



in Lotta come Amore: LcA marzo 1974, Marzo 1974

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