E' discorso vecchio, cioè già rimasticato molte volte, e non soltanto da noi, eppure ci sembra necessario riprenderlo e approfondirlo.
La ricerca di una sincerità cristiana è continua, anzi sempre più urgente e incalzante, e questa ricerca passa inevitabilmente per vie obbligate, fino al punto che l'onestà di questa ricerca e le sue possibilità di riuscita dipendono dalla misura di accessibilità e di viabilità di questi passaggi obbligati.
La sincerità cristiana nasce e cresce nell'individuo cristiano e nella famiglia.
Si matura e si allarga nel gruppo cristiano e nel quartiere.
Si impegna e lotta nella comunità parrocchiale. Si qualifica e accentua la lotta nella chiesa lo-cale o diocesi che dir si voglia
Si manifesta al mondo e si compromette nella storia attraverso la Chiesa a dimensioni di popolo di Dio.
Vorremmo semplicemente riproporre a noi e ai nostri amici la meditazione di questo cammino progressivo dal quale nessuno che abbia voglia di essere cristiano può smarrirsi o disorientarsi.
E' chiaro che non si può, assolutamente non si deve sezionare l'esser cristiano, considerandolo a settori o collocazioni separate, quasi a sé stanti, ma pensiamo anche che non si possa realizzare una pienezza, una autenticità cristiana unitaria e globale insieme, senza tentare una ricerca di sincerità su un piano personale, di gruppo, comunitaria, ecclesiale, ecc.
E' vero che in gran parte non siamo più ai tempi in cui la ricerca cristiana puntava e si concludeva nell'accaparrarsi una poltrona in paradiso. Possono essere anche considerati come passati i tempi in cui i sacramenti, le preghiere, le opere buone, ecc. erano come l'ammucchiare crediti e capitali nelle banche eterne.
Sono venuti però anche condizioni religiose e cristiane nelle quali la costruzione personale cristiana rischia di svuotarsi o di vanificarsi per una non saldezza di fondamento, e per una impossibilità di trovare un consolidamento all'intorno, e una impressionante difficoltà di comunione e di corresponsabilizzazione allargate fino alle misure universali.
Il cristiano che si ripiega su se stesso o si rinchiude a doppia mandata in casa o si rimugina nel gruppetto d'amici a ruminare pazientemente la Parola, è un assurdo.
Come è illusione un cristianesimo che si prospetta in pubblico ad agitare le acque con violenze messianiche e è pappafrolla interiormente, scelta e impegno cristiano non coerentemente pagato, quando addirittura non è strumentalizzazione intenzionata.
Non è problema da poco. E la virtù anche qui non sta assolutamente nel mezzo.
Sono necessarie pienezze, autenticità, sincerità assolute nella condizione personale e di rapporto. Diversamente il rischio è il falsificarsi e svuotare il cristianesimo della sua fondamentale validità in quanto progetto esistenziale di umanità, uscito del pensiero di Dio e indicato dalla vita e dalla parola di Cristo: dichiarazione cioè d'incapacità del Cristianesimo di incidenza nella costruzione della vita, della storia dell'umanità.
Una cristianità fatta e risultante dal numero dei cristiani non ha senso: la somma di individualità non realizzerà mai una presenza cristiana di regno di Dio nel mondo.
Ma è anche vero che una cristianità ecclesiale anche organizzata, ormai rivolta a problemi sociali, a rapporti umani, a sensibilizzazioni esaltanti, ecc. (come stanno esplodendo qua e là più o meno artificiosamente) lascia assai perplessi, per non dire sul chi va là, se non avvengono conversioni e trasformazioni personali, parrocchiali, ecclesiastiche, ecc. capaci di significare una scelta cristiana inequivocabile a livelli personali, di gruppo, di comunità, di Chiesa.
Il fervore «crociato» degli anni 50, con vuoti interiori nella cristianità semplicemente spaventosi, potrebbe ripetersi nel fermento «sociale» che sta animando di fervori «umanitari» questi nostri anni e a volte con l'impressione di una artificiosità, cioè di una esteriorità, sconcertante.
Forse potrebbero essere scosse telluriche del mondo ecclesiastico capaci di far rovinare in macerie impalcature ormai già cadenti o insostenibili e rassodare le muraglie maestre e i pilastri portanti.
JI giudizio dipende sempre da valori interiori all'uomo cristiano e determinanti i suoi rapporti all'intorno «fino agli ultimi confini della terra» conformi al Ministero di Cristo e obbedienti con fedeltà assoluta al Vangelo.
Abbiamo paura delle risonanze. Dalle imprese ad effetto. Delle conclamazioni pubblicitarie di riforme. Di giudizi e di interventismi sui mali che travagliano il mondo senza pagare lo scotto proporzionato della presa di coscienza delle proprie responsabilità storiche e attuali e peggio ancora senza riversarvi dentro, come di dovere cristianamente parlando, la serenità e il coraggio, ma specialmente la Fede e l'Amore di una vera e propria penitenza (cioè non essere assolutamente più quelli di prima, ma diversi, nuovi).
Si sta forse rischiando una terribile responsabilità: quella di esteriorizzare e quindi alienare una richiesta di sincerità cristiana che i tempi hanno maturato attraverso costruzioni provvidenziali e spietatezza adorabile di esigenze irrimandabili.
Non si può più sfuggire ad un mutamento, ad un cambiare molte cose: il pericolo sta nel tentare di realizzarlo forzando apparenze di trasformazione, limitandosi a superficialità di discorso nuovo (se ne potrebbe dare un vocabolario ormai corrente, insieme a frasari ufficiali) e a esteriorità di prassi diverse (e se ne potrebbe fare elenchi assai precisi raccogliendoli da «pastorali» cosi dette coraggiose della Chiesa istituzionale). Mentre invece la sincerità cristiana può accadere che stia altrove e richieda trasformazioni e conversioni che a definirle radicali è sempre estremamente poco: c'è semplicemente da concludere una storia di ricerca cristiana e di autenticità cristiana nel mondo da parte dei cristiani e della Chiesa e da iniziarne un'altra ritrovata nel pensiero e nel cuore di Gesù Cristo e raccontata dal Vangelo. E' proposta facile questa: aprire e leggere con disponibilità e innocenza totali le pagine del Vangelo e ci trova sicuramente tutti d'accordo: nella sua specificazione, nella sua interpretazione, non tanto esegetica quanto di Fede, può darsi invece che ci scontriamo da posizioni irriducibili.
Molto bene, vale sempre la pena impegnarci in una lotta provocata da Amore alla Verità e dalla ricerca di fedeltà a Gesù Cristo.
Ci sembra ovvio e quindi irrimandabile mettere in chiaro, quanto più è possibile, la necessità di una forte e onesta integrazione fra cristianesimo personale e universale, fra il particolare e l'ecumenico, fra il dentro la casa e gli ultimi confini della terra, fra l'uomo e la donna che mi camminano accanto e l'umanità, fra il se stessi e tutto l'umano.
Perché il Regno di Dio è nel di dentro di ciascuno, ma è come la luce accesa che non può rimanersene sotto il moggio, deve diventare città innascondibile perché sulla cima del monte, e nel frattempo non può non entrare profondamente nella storia e lievitarvi una potenza capace di scuotere il mondo.
Il progetto cristiano, perché pensato da Dio e proposto da Gesù Cristo, deve necessariamente impegnare e coinvolgere tutta l'esistenza in una globalità di tutti i valore l'importante di questo coinvolgimento è scoprirne il metodo, la linea fondamentale, la struttura portante perché è qui che si gioca la fedeltà a Cristo. Diversamente è inevitabile che si diventi scandalo (cioè l'opposto di quello che si dovrebbe essere): «non hai i sentimenti di Dio, ma quelli degli uomini» (Mt. 16, 23).
E' quindi da un motivo di Fede e da una constatazione attuale del nostro tempo nei confronti di una preoccupazione per il tipo di risposta che si sta delineando nella realtà ecclesiale e tanto più ecclesiastica, che pensiamo di riprendere fra noi e insieme ai nostri amici questa problematica di una completezza di cristianesimo per una onesta ricerca di fedeltà a Cristo e agli uomini.
La Redazione
in Lotta come Amore: LcA marzo 1974, Marzo 1974
Luigi Sonnenfeld
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